  Di solito queste sono pagine di nostalgia dinamica, che cerca, fruga, scova e fa risorgere campioni, uomini d&rsquo;ingegno, corse e i di loro sogni sfreccianti. In genere funziona, anche se &egrave; rarissimo accada il contrario. Cio&egrave; presenziare a una reunion, una rimpatriata a s&eacute; stante, fatta da gente che comunque si sarebbe incontrata e avrebbe rimpianto i bei tempi andati, indipendentemente da Cuore da Corsa. Gente in ogni caso lietissima di finirci, nelle pagine del Cuore, qui e ora, per condividere con voi appassionati il fascino di ci&ograve; che &egrave; stato, unito al dolce rimpianto di ci&ograve; che avrebbe potuto essere e non fu. Stiamo parlando di Lamborghini Engineering coniugata e declinata in modulazione Lambo 291, ossia l&rsquo;ultima monoposto completamente concepita dall&rsquo;ingegnere Mauro Forghieri e l&rsquo;unica ascrivibile alla Casa di Sant&rsquo;Agata Bolognese, seppur fatta correre nel 1991 a nome altrui e in circostanze particolari che non ne favorirono l&rsquo;affermazione. Generando comunque curiosit&agrave;, interesse e qualche picco promettente anche per quanto riguarda le prestazioni. Poi purtroppo non suffragate dall&rsquo;auspicata crescita, sino a un finale di stagione mai cos&igrave; malinconico e disagiato, che ne sanc&igrave; l&rsquo;addio, il patatrac economico della squadra indipendente che la gestiva e la dismissione definitiva. Ma andiamo con ordine. L&rsquo;anno 2017 volge al termine e ci ritroviamo alla trattoria La Busa, all&rsquo;uscita autostradale di Modena Sud, di propriet&agrave; di Luciano Guerri, gi&agrave; addetto come membro d&rsquo;equipe alla progettazione del motore Lamborghini F.1. Un uomo talmente coinvolto che ora, nel locale da lui gestito in quest&rsquo;altra stagione della sua vita, tiene in bella mostra un esemplare smobilitato del V12 che a fine 1993 venne pure saggiato e lodato da Ayrton Senna, su un telaio McLaren opportunamente adattato.  &nbsp;    La storia raccontata da Forghieri  Al ristorante Mauro Forghieri &egrave; tra i primi a arrivare, scortato dal tecnico Franco Antoniazzi, che con lui ha condiviso, oltre agli anni in Lamborghini, l&rsquo;esperienza all&rsquo;Oral. Forghieri racconta in modo fluente e naturale come nasce l&rsquo;idea Lambo: &laquo;L&rsquo;anima della macchina esisteva gi&agrave; da tempo ed era il motore LE3512 V12 che in gara aveva debuttato nel 1989 dapprima sulla Larrousse. Noi di Lamborghini Engineering avevamo una struttura molto valida e capace anche di provvedere alla realizzazione di una monoposto completa, cos&igrave; si ottenne l&rsquo;autorizzazione per realizzare una monoposto che potesse costituire non solo un esercizio di stile per noi, ma anche un&rsquo;occasione per fare avanguardia, riportando in auge l&rsquo;idea dei radiatori a scorrimento. La verit&agrave; &egrave; che la teoria fu senz&rsquo;altro pi&ugrave; affascinante della pratica, perch&eacute; poi i fornitori, per realizzare l&rsquo;impianto di raffreddamento secondo i dettami richiesti, ci chiesero una cifra astronomica. E cos&igrave; fummo costretti a ripiegare su pi&ugrave; miti consigli, cio&egrave; su radiatori convenzionali, di fatto snaturando l&rsquo;intuizione base. C&rsquo;erano inoltre problemi di trasferimento di carico tra anteriore e posteriore, a limitare il potenziale, che comunque non era mica male&raquo;. Che la Lambo 291 di base fosse pi&ugrave; che onesta, lo conferma arriva direttamente anche dal primo tester incaricato, Mauro Baldi: &laquo;Potei saggiare per una sgrossatura la 291 prima di chiunque altro, girando per due giorni a Imola, peraltro senza incontrare mezzo problema. Secondo me era materiale con un potenziale tale da meritare ben altro destino rispetto a quello che poi incontr&ograve;&raquo;.  &nbsp;    Una partenza strana e a singhiozzo  A fare da Virgilio in questo viaggio esclusivo, iniziatico e a ritroso nei meandri segreti e fascinosamente purgatoriali dell&rsquo;esperienza Lambo F.1 &egrave; Marco Giachi, toscano, ingegnere, classe 1959, che al tempo era l&rsquo;aerodinamico della fantomatica 291: &laquo;Con Larrousse la Lamborghini Engineering aveva trovato un bell&rsquo;ambiente per iniziare la sua storia in F.1 e da l&igrave; venne naturale, forti del 3&deg; posto di Suzuki nel Gp del Giappone 1990, di tentare il salto di qualit&agrave; con una monoposto tutta nostra, da far gestire a altri&raquo;. In particolare, il braccio engineering del Toro si appoggia come interfaccia agonistico alla neonata GLAS, che sta per Gonzalez Luna Associates, fondata dall&rsquo;uomo di affari messicano Fernando Gonzalez Luna. Costui assicura di partire in chiave 1991 con un budget iniziale di 20 milioni di dollari, giusto per dare la prima spinta propulsiva al progetto globale. Il gruppo messicano fa s&igrave; capo alla famiglia Luna, ben vicina al locale presidente in carica, e comprende anche nella cordata il pilota di F.3000 Giovanni Aloi, neo-gloria nazionale figlio di Fauro, rappresentante per il Messico della Nuovo Pignone e con interessi nel campo petrolifero. Vi &egrave; poi una joint-venture universitaria, rappresentata da un certo non meglio identificato Celorio. In poche parole, i messicani partono con un entusiasmo incredibile e in men che non si dica saldano tutti i conti con la Lamborghini Enginnering fornitrice del progetto, dell&rsquo;assistenza tecnica e responsabile dei test di sviluppo. Quindi la 291 s&rsquo;avvia alla grande, con una serie di prove che vedono alternarsi in macchina oltre a Baldi per lo shakedown, il belga van de Poele e gli italiani Larini e Apicella.  &nbsp;    I messicani si fanno di nebbia  Senonch&eacute; nel dicembre 1990, dopo una prova a Misano e il crash test passato con la Fia, il colpo di scena: in pratica i messicani spariscono. Come e perch&eacute;? Non &egrave; un mistero. Le elezioni presidenziali locali prendono una piega inattesa e Gonzalez Luna perde potere, appoggi influenti e garanzie. La GLAS in poche ora &egrave; liquefatta, le prospettive si azzerano e la Lambo 291 diventa improvvisamente un&rsquo;anima persa. Addirittura il pilota messicano Giovanni Aloi non riuscir&agrave; mai a percorrerci un metro e la leggenda narra che sia tornato a casa sua deluso tanto da iniziare, da l&igrave; a poi, la carriera di torero. &laquo;Una cosa &egrave; certa - puntualizza Forghieri, razionale e pratico -: con noi i messicani si rivelarono corretti, perch&eacute; sino a che furono coinvolti - cio&egrave; sino a fine 1990 - pagarono il loro impegno fino all&rsquo;ultimo dollaro.Quindi su di loro non ho nulla da eccepire&raquo;. Per capire quanto si sia rivelato improvviso lo stop con la GLAS, l&rsquo;ingegnere Marco Giachi racconta un aneddoto non da poco: &laquo;Avevamo in programma un test aerodinamico a Parigi, nella galleria del vento di Max Sardou, ma la notte prima della mia partenza mi chiam&ograve; Mirella, la responsabile del personale di Lamborghini Engineering, per dirmi che era tutto annullato e che il luned&igrave; non avrei dovuto prendere l&rsquo;aereo per la Francia, ma recarmi come sempre a lavoro in azienda&raquo;. Clamoroso. Aggiunge Forghieri: &laquo;Addirittura quando capimmo che con i messicani era finita, finimmo per richiamare indietro il camion con la 291 che andava a provare, credo a Magny-Cours. Fu un fulmine a ciel sereno e la svolta per il nostro progetto, col senno di poi non positiva, perch&eacute; fummo costretti a agire in emergenza, cercando alternative&raquo;.&nbsp;  &nbsp;    Arriva Patrucco col Modena Team  In poche parole, se si vuole far correre la 291 e non farla finire in una stanzetta museale a Sant&rsquo;Agata Bolognese, bisogna fare qualcosa in fretta. Con pochi giorni di tempo per improvvisare un team di F.1, cio&egrave; il braccio agonistico per far resuscitare l&rsquo;economicamente e logisticamente comatosa monoposto, bisogna far uscire un sorprendente coniglio dal magico cilindro. E con i buoni uffici di Forghieri e le sue amicizie nel mondo delle corse storiche, qualcosa esce fuori. Entra cio&egrave; precipitosamente in scena l&rsquo;imprenditore italiano Carlo Patrucco, al tempo Vice Presidente di Confindustria, che in quattro e quattr&rsquo;otto d&agrave; vita al Modena Team, prendendo varie maestranze provenienti dalla Scuderia Italia e l&rsquo;ingegner Mario Tollentino, ex Alfa Romeo e Euroracing.  Sveliamo le strutture  Attenzione, al tempo Lamborghini &egrave; sotto il controllo di Chrysler, imperante Lee Iacocca. In poche parole, un convolgimento in F.1 di una monoposto Lambo ben gestita non dispiace agli americani, a patto che le cose siano fatte bene. E in effetti il progetto vale. Resta da verificare il potenziale del braccio agonistico messo in piedi in fretta e furia, ma la buona volont&agrave; pare esserci da ambo le parti. Il Modena Team nasce non a caso e si situa proprio nella citt&agrave; emiliana, in via delle Nazioni, accanto alla Lamborghini Engineering, dove c&rsquo;&egrave; la sala prova e la sede, con un solo reticolato a separare le due entit&agrave;. E per capire nel dettaglio come funziona il tutto, bisogna mettere gli occhi sugli organigrammi del tempo. La monoposto e il suo motore V12 sono produzione di Lamborghini Engineering, con al sommo - a parte il manager Daniele Audetto -, in veste di direttore tecnico l&rsquo;ingegnere Mauro Forghieri, che ha sotto di s&eacute; alla progettazione il tecnico Luciano Guerri - futuro proprietario della trattoria sede della reunion - Andrea Bolletta ai calcoli, Gabriele Martini in sperimentazione e sala prove, quindi Franco Antoniazzi al montaggio, produzione e gestione in pista, pi&ugrave; Marco Gestri all&rsquo;elettronica. Lambo invece &egrave; una struttura parallela e cliente, quindi diversa, che vede Forghieri al vertice quale coordinatore di Bolletta, il quale gestisce sotto di s&eacute; Guerri, responsabile del motore, Giachi, addetto all&rsquo;aerodinamica, e lo stesso Bolletta - originalmente controllore di se stesso - addetto alla tecnica del veicolo. &Egrave; da questo complesso gioco di scatole cinesi, con la gestione finale del Modena Team, che nasce l&rsquo;avventura della Lambo 291 nel mondiale di F.1. E, a titolo di curiosit&agrave;, va ricordato che Bolletta e Guerri erano stati portati da Forghieri, che li aveva presi con s&eacute; dalla Ferrari.  &nbsp;    La tagliola delle prequalifiche  Occhio, perch&eacute; la Lambo del Team Modena nel 1991 debutta nel mondiale in un momento in cui &egrave; in vigore il terrificante regime delle prequalifiche. In poche parole, otto concorrenti di team non blasonati devono giocarsi quattro posti d&rsquo;accesso alle qualifiche vere e proprie, in una breve sessione showdown del venerd&igrave; mattina. E, purtroppo per la Lambo, tra le rivali ci sono due Dallara Bmw e due Jordan: gente forte, rispettivamente con Pirro, Lehto, Gachot e De Cesaris. L&rsquo;aerodinamico Giachi ricorda e narra il debutto della Lambo, che a Phoenix si rivela pi&ugrave; che ottimo: &laquo;C&rsquo;erano dei particolari ancora da rifinire. Per esempio van de Poele, altissimo, col casco se ne stava fuori dal roll-bar ma non c&rsquo;era mica tempo per fare la modifica e il belga fu subito eliminato. Per&ograve; Larini in prequalifica fece faville, pass&ograve; il turno e a restar fuori incredibilmente fu De Cesaris. Quindi in qualifica Nicola fu 17esimo su trenta in pista e in gara giunse stupefacente settimo. Per certi versi fu un grandissimo inizio&raquo;. Continua il tema l&rsquo;ingegner Bolletta: &laquo;E va tenuto conto del fatto che la 291 non aveva il muso alto, secondo la moda imperante inaugurata dalla Tyrrell di Migeot: in poche parole, non c&rsquo;era stato il tempo e da l&igrave; in poi non ci sarebbero stati i fondi, per aggiornarla e questo fu il vero problema del progetto. Finanziamenti sufficienti solo per partire, zero sviluppo, nessuna crescita, potenzialit&agrave; buone e possibilit&agrave; reali nulle&raquo;.  &nbsp;    Il giallo di Imola 1991  La storia della Lambo 291 ha un punto di svolta che nessuno dimenticher&agrave;: il Gp di San Marino a Imola. Terza gara del mondiale 1991, dopo Phoenix e Interlagos. In Brasile entrambe le Lambo sono fuori gioco, ma a Imola accade l&rsquo;inatteso. Larini manca la prequalifica, mentre van de Poele la centra. A ricordare quel momento descrivendolo dal di dentro &egrave; l&rsquo;ingegner Giachi: &laquo;La squadra denunciava le prime crepe e spaccature. Da una parte c&rsquo;era chi stava con Larini, dall&rsquo;altra chi era con van de Poele. Come due entit&agrave; in una, con il Modena Team che era scontento di Lamborghini Engineering e la Lamborghini Engineering che non era contenta del Modena Team. L&rsquo;atmosfera era pesante e a renderla esplosiva contribu&igrave; il passaggio alle qualifiche di van de Poele che lasci&ograve; senza parole l&rsquo;entourage di Larini, eliminato, che pure non aveva colpa ma rest&ograve; molto amareggiato&raquo;. E questo &egrave; niente, visto che nel finale della gara si verifica il pi&ugrave; grande giallo nella storia della Lambo 291. Perch&eacute; mentre van de Poele &egrave; comodamen te in zona punti, praticamente e clamorosamente quinto, quando a una curva dalla fine &egrave; fermo alla Variante Bassa, col motore muto perch&eacute; senza benzina. Quei due punti o magari uno a passo d&rsquo;uomo, fate voi, avrebbero cambiato la vita a macchina, squadra, pilota e Lambo, invece nada. Una delusione atroce, terribile e terminale, dalla quale nessuno dei coinvolti si riprender&agrave; mai pi&ugrave;. Per chiarire il giallo, l&rsquo;inspiegabile ritiro senza benzina in una gara a basso consumo perch&eacute; partita con la pioggia, la parola al grande Carluccio Facetti. Sentiamolo: &laquo;Ero in Lamborghini Engineering chiamato da Audetto come responsabile del montaggio motori, poi passai al Modena Team, ma sempre con la fiducia di Forghieri. Non sono uscito contento, da quella storia. La squadra non ha mantenuto le direttive dell&rsquo;inizio e le cose non sono andate per niente bene, fino al finale non proprio bello. Quanto a quello che lei chiama il giallo di Imola, ho una mia idea molto precisa e francamente non vedo nessun giallo. Molto semplicemente, l&rsquo;addetto al rifornimento non ha fatto il pieno come doveva e van de Poele non &egrave; andato a prendersi la gloria che si meritava. Il clima non era facile e l&agrave;, dentro al Modena Team, avevo a che fare con un po&rsquo; di gente che non sapeva molto di corse. Facile, no?&raquo;.  &nbsp;    Un declino immediato e senza appello  Il dramma di Imola lascia l&rsquo;ambiente interno annichilito e i rapporti tra Modena Team e Lamborghini Engineering in forte tensione. Ormai non c&rsquo;&egrave; pi&ugrave; fiducia reciproca, i soldi son quasi finiti, si comincia a andare avanti a debito e lo sviluppo della macchina non esiste. Spiega Giachi: &laquo;Era pronta un&rsquo;evo aerodinamica sostanziale della 291 studiata nella galleria di Max Sardou, che &egrave; rimasta sulla carta perch&eacute; non c&rsquo;erano pi&ugrave; soldi&raquo;. Chiosa Bolletta: &laquo;Diciamola tutta. In pi&ugrave;, il telaio non &egrave; mai stato sviluppato. C&rsquo;erano guai di raffreddamento alle pance, bastava metterci le mani ma la macchina com&rsquo;era, rimase. Peccato. In realt&agrave; la squadra poteva e doveva ritirarsi dal mondiale poco dopo Imola, ma sarebbe incorsa nella salatissima penalit&agrave; Fia per non aver finito la stagione, cos&igrave; si prov&ograve; a resistere ma senza speranze reali in pista&raquo;.  Epilogo terribile  In poche parole, dopo Imola van de Poele non riuscir&agrave; mai pi&ugrave; a qualificare la Lambo. Larini, invece, prender&agrave; la partenza in Ungheria, Italia e nella gara finale in Australia, con due 16esimi posti all&rsquo;Hungaroring e a Monza quali migliori risultati. Con la beffa di disputare la seconda parte della stagione con la promozione d&rsquo;ufficio alle qualifiche, grazie al settimo posto iniziale di Phoenix. Ma ormai la squadra era alla bancarotta e a attenderla c&rsquo;era solo la fine. Ma non l&rsquo;oblio definitivo, se stiamo qui a ricordarla.Ci&ograve; che resta di una impresa coraggiosa  Perch&eacute;, malgrado siano passati quasi tre decenni dall&rsquo;inizio di quell&rsquo;avventura, ben cinque tavolate di Lamborghini Engineering ancora oggi si riuniscono ogni fine anno per ritrovarsi e narrare anche dei bei tempi in cui una Lamborghini sfrecciava in F.1 e un motore del Toro, due anni dopo, si godeva l&rsquo;applauso entusiasta di Ayrton Senna. Addirittura Ermes Casalgrandi, gi&agrave; responsabile di stabilimento, ha realizzato un libro artigianale a uso interno, affinch&eacute; nessuno dei protagonisti d&rsquo;allora resti senza base narativa di quella che fu, complessivamente, una storia importante e coraggiosa, che ebbe i suoi bei momenti e che avrebbe meritato miglior fortuna. Alla prossima reunion Lambo, dunque, e, intanto, buona digestione. 

<p>Ogni fine&nbsp;anno in trattoria a Modena Sud si riuniscono le ex maestranze di Lamborghini Engineering. Stavolta al centro della rievocazione &egrave; stata la sfortunata ma intensa avventura dell&#39;ultima monoposto Formula 1 concepita da Forghieri. Con tante stuzzianti rivelazioni.&nbsp;</p> 

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Formula 1 - Lambo 291: polvere di stelle