Ecco tutti i caschi speciali sfoggiati dai piloti per la gara di Suzuka, quarto appuntamento della stagione 2024 della Formula 1

Leclerc, Alonso, Tsunoda e Norris: i caschi speciali del GP del Giappone

In occasione del nuovo gran premio nel Nevada, quasi tutti i team di F1 hanno deciso di sfoggiare una livrea speciale. Eccole, da Ferrari a Red Bull, passando per Alfa Romeo, Williams e altre ancora

Ferrari, Red Bull e le altre: le livree speciali per il GP di Las Vegas

In occasione della prima gara sul nuovo circuito a Las Vegas, la Scuderia di Maranello ha svelato una nuova livrea speciale dopo quella di Monza: al tradizionale rosso si affiancano alcuni elementi bianchi

Ferrari SF-23, la livrea speciale per il GP di Las Vegas

Da Fernando Alonso a Lewis Hamilton, passando per Max Verstappen e l'idolo di casa Yuki Tsunoda: ecco i caschi speciali dei piloti per il gran premio del Giappone

GP Giappone, i caschi speciali per la gara di Suzuka

Dal padrone di casa Charles Leclerc ai piloti McLaren, passando per Perez e gli altri: ecco tutti i caschi speciali dei piloti F1 per il week end di Monaco

GP Monaco, i caschi speciali dei piloti per la gara di Montecarlo

Supereroi, sceriffi e cow-boy: ad Austin i piloti si sono presentati con caschi dalle grafiche speciali, ispirate alle tradizioni americane. Da Verstappen a Mick Schumacher, ecco chi ha portate grafiche speciali in questo GP 

GP USA, i caschi speciali dei piloti per la gara in Texas

I piloti omaggiano il Giappone e la sua cultura con una serie di grafiche speciali per i loro caschi. Ecco chi, dall'idolo di casa Tsunoda fino a Vettel e Perez, ha portato un casco speciale a Suzuka.

GP Giappone, tutti i caschi speciali dei piloti a Suzuka

Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI, insieme al direttore di Autosprint Cordovani consegnano a Jean Todt il premio Casco d’oro Speciale

Caschi d'Oro 2020, Sticchi Damiani e Cordovani premiano Jean Todt

Il pilota francese dell&#39;AlphaTauri per tutto il weekend user&agrave; un casco speciale, fatto appositamente per correre sul circuito di Spa ad un anno dall&#39;anniversario della morte dell&#39;amico di sempre Anthoine Hubert. Su tutta la superficie c&#39;&egrave; una striscia di foto in bianco e nero che immortalano i momenti pi&ugrave; felici vissuti insieme dalle corse nei kart a 7 anni, fino allo scorso anno. Inoltre &egrave; stata disegnata anche la stella con il logo deciso dalla Fia in memoria di Anthoine. Ecco il video postato su Instagram da Pierre

Gp Belgio, Gasly: casco speciale in ricordo di Hubert VIDEO

Non perdete l&#39;appuntamento con il prossimo numero di Autosprint che uscir&agrave; in edicola da marted&igrave; 28 maggio. Allegato al settimanale da corsa ci sar&agrave;,&nbsp;infatti, uno straordinario numero speciale interamente dedicato a Niki&nbsp;Lauda. A pochi giorni dalla scomparsa dello straordinario austriaco che&nbsp;per tre volte &egrave; stato campione del mondo, ecco un tributo davvero speciale&nbsp;da parte della nostra redazione a un personaggio che per 50 anni ha fatto&nbsp;compagnia ai nostri lettori sulle pagine di Autosprint.    Un pilota, un campione, un uomo che ha sempre diviso ma unanimamente ritenuto davvero unico. Speciale. Testimonianze esclusive e immagini inedite&nbsp;impreziosiscono i tanti capitoli di una storia emozionante con al centro&nbsp;della scena, sul palcoscenico dei grandi, lui: Niki Lauda.  Un gran bel racconto che si sviluppa lungo 64 pagine di ricordi speciali, interviste a cuore aperto e straordinari ritratti del leggendario campione austriaco. Una meravigliosa, emozionante, appassionata rivisitazione&nbsp;dentro la vita e la carriera di un uomo che ha affrontato la vita in modo&nbsp;diretto.    No, non &egrave; solo l&rsquo;uomo che ha vissuto due volte Niki Lauda, la&nbsp;faccia segnata da un terribile incidente che ha cambiato il suo volto e&nbsp;quello della F.1. In realt&agrave; ha vissuto molte pi&ugrave; vite e tutte in piena&nbsp;velocit&agrave; osando molto e dosando poco. &Egrave; quanto emerge dal numero speciale&nbsp;di Autosprint in edicola da marted&igrave; 28 maggio. 

In edicola da marted&igrave; prossimo, allegato ad Autosprint, un numero speciale interamente dedicato al tre volte campione del Mondo di F1

Niki Lauda, una storia unica

Proprio cos&igrave;: amore di Gruppo. Dove per Gruppo s&rsquo;intende quello di Torino, la grande madre sabauda, il terribile squadrone una volta Lancia e l&rsquo;altra Fiat che tremare il mondo dei rally faceva. Una grande epopea tricolore che in controsterzo ha macinato km e soprattutto conquistato una valanga di titoli. Un meraviglioso affresco biancorossoverde, il colore della nostra bandiera che in questo caso ha sventolato spesso sul pennone pi&ugrave; alto, l&rsquo;orgoglio per il made in Italy da esibire anche negli angoli pi&ugrave; nascosti del pianeta. Dall&rsquo;inizio degli Anni&nbsp;70&nbsp;all&rsquo;inizio degli Anni&nbsp;90&nbsp;un&rsquo;irripetibile parabola ascendente che ha segnato un&rsquo;epoca, costruito una mitica epopea, fatto innamorare intere generazioni di appassionati.&nbsp;  Sulla bilancia della gloria &egrave; depositato un tesoro composto da ben 21 titoli. Dal 1972 al 1992, quattro lustri di dominio. Pi&ugrave; o meno assoluto. E una miriade di trionfi che vale la pena di riguardare perch&eacute; fanno parte di un vissuto che rivisto a posteriori rappresenta un cammino che racconta la grande bellezza del genio italiano. L&rsquo;elenco &egrave; lunghissimo ma &egrave; dolce affogare in questo mare di stagioni di successo. C&rsquo;&egrave; un Campionato Internazionale Marche artigliato dalla Lancia con la Fulvia nel 1972. E poi tre Mondiali Marche infilzati dalla Lancia Stratos (dal 1974 al 1976) e altri tre dalla Fiat 131 Abarth (1977, 1978, 1980); a seguire un Mondiale Marche messo in bacheca con la Lancia Rally 037 (anno di grazia 1983). Infine chiudono questo magico cerchio 6 titoli costruttori arpionati con la Lancia Delta nelle sue varie versioni e declinazioni tutte vincenti che dal 1987 al 1992 scavano un solco con le rivali e conquistano titoli iridati a ripetizione. A tutto questo vanno poi aggiunti i titoli conquistati dai piloti con vetture italiane: 2 Coppe Fia (Munari 1977, Alen 1978) e cinque campionati del mondo piloti firmati da Rohrl (1980), Kankkunen (1987-1991) e Biasion (1988-1989).&nbsp;Un patrimonio inestimabile, una porzione importante della storia dei rally scritta con inchiostro tricolore indelebile.&nbsp;  La scelta di uscire nei primi giorni di ottobre con questo nuovo numero di Autosprint Collection non &egrave; certo casuale: questo per tanti anni &egrave; stato il mese in cui la passione italiana si sublimava ai bordi delle strade del Rally di Sanremo che dal Ponente Ligure si allungava fino agli sterrati di Toscana, Umbria, Marche arrivando ad accarezzare la Repubblica di San Marino. Strade ingolfate di traffico e passione. Una folla incredibile, strabocchevole, si ammassava dietro a ogni curva mentre in basso la sfida si accendeva a colpi di controsterzo col cuore che batteva a mille perch&eacute; le vetture del Gruppo erano l&igrave; a giocarsela sempre e a vincere spesso.&nbsp;  Polvere di gloria tricolore si alzava sopra al cielo di una specialit&agrave; nella quale l&rsquo;Italia era il punto di riferimento. Lo racconta con orgoglio&nbsp;Cesare&nbsp;Fiorio, il Grande Condottiero di quelle armate sempre vincenti. Un Capo assoluto e un mito per tanti, soprattutto il personaggio indispensabile per la rilettura di quei giorni di gloria e di storia di quei rally di un altro mondo. Dal nostro incredibile archivio sono saltate fuori vere chicche che vanno a impreziosire un racconto che ancora oggi continua a far battere il cuore. Anche perch&eacute; sono stati i migliori anni della nostra vita da italiani nei rally. 

Dal 1972 al 1992 il mondo dei rally ha parlato soprattutto italiano, con&nbsp;21 titoli iridati e una raffica di vittorie a ogni latitudine:&nbsp;132 pagine interamente dedicate all&rsquo;epopea Fiat-Lancia.&nbsp;Lo speciale Autosprint Collection oggi &egrave; in edicola

Rally Show, Autosprint porta in edicola&nbsp;l&#39;epopea Fiat-Lancia

Sono passati trent&rsquo;anni da quel 1988, la prima volta iridata di Ayrton Senna in Formula Uno. Un anniversario troppo tondo e importante per poter passare inosservato, uno snodo epocale difronte al quale era impossibile rimanere indifferenti. Non ci si stanca mai di raccontare e leggere storie di leggende.&nbsp; Quella di Magic viene narrata, sotto una luce diversa, e tanti retroscena, con un Autosprint Collection in edicola da marted&igrave; 7 agosto. TrentAyrton. 132 pagine di emozione pura. Con immagini inedite e un racconto che avvolge, testimonianze che fanno riflettere, storie che si rincorrono attorno a un mito, aneddoti di vita vissuta accanto a un uomo e a un pilota diverso da tutti gli altri. Ha una concezione della vita profondamente spiritualizzata ma la estrinseca in un solo modo: andando pi&ugrave; veloce degli altri, coniugando stilisticamente quello che fino a un millisecondo prima della sua apparizione in F.1 sembrava incongelabile: l&rsquo;aggressivit&agrave; di guida alla pulizia assoluta; che l&rsquo;asfalto sia asciutto o bagnato per lui non fa alcuna differenza&hellip; Ayrton Senna &egrave; poi un&rsquo;icona che non &egrave; mai andata via da Autosprint. &Egrave; qualcosa che ha continuato a vivere nella redazione dell&rsquo;unico settimanale da corsa italiano anche dopo la sua scomparsa, &egrave; stata vissuta dalle vecchie e tramandata alle nuove generazioni, con un diffuso senso di appartenenza pure nei momenti pi&ugrave; scomodi quando c&rsquo;era da mettere le mani nel verminaio dell&rsquo;inchiesta giudiziaria e l&rsquo;aria era pesante. Un campione da difendere sulle nostre pagine e anche nelle parole di chi aveva vissuto Senna come un fratello. TrentAyrton nasce cos&igrave; dalla nostra voglia di raccontarlo ancora, sfruttando il pretesto della cifra tonda dalla conquista del suo primo titolo iridato, l&rsquo;inizio della sua leggenda, un buon motivo per rivivere una storia calda, unica, intensa. Il trionfo di trenta anni fa &egrave; il grimaldello per penetrare di nuovo nella cassaforte di ricordi indimenticabili. Pretesti idealmente aggreganti per riprovare la sensazione unica di avere un debito emotivo ed esistenziale con lui in grado di suscitare come allora un magnetismo che ci attira al suo vissuto, invitandoci a dedicargli ancora tempo, in un reincontrarsi amico che non finir&agrave; mai.&nbsp; E per tornare al rapporto speciale tra Ayrton ed Autosprint: dal nostro meraviglioso archivio sono spuntate fuori immagini che fanno battere il cuore. Sono le foto con Senna ritratto nella vecchia redazione di via del Lavoro 7 a San Lazzaro di Savena. Era l&rsquo;inizio di maggio del 1985. Si era da poco corso a Imola in Gp di San Marino e il Circus stava viaggiando verso il Gp di Monaco. Di buon&rsquo;ora al mattino il paulista si present&ograve; alla Conti Editore. Ed ecco che cosa scriveva il vostro settimanale da corsa sull&rsquo;improvvisa visita di Senna ad As, sotto al titolo di Salve, sono Ayrton. &ldquo;Chi &egrave; un pilota di F.1? Un personaggio pubblico un poco presuntuoso, sicuro di se stesso al punto di essere scortese verso gli altri, oppure una persona come tante che si trova sotto il fuoco dei riflettori solamente perch&eacute; svolge un&rsquo;attivit&agrave; invidiata, rischiosa, popolare? Ci domandavamo queste cose, quando, all&rsquo;improvviso, la porta si &egrave; aperta e Ayrton Senna si &egrave; presentato ad Autosprint vestito con un paio di jeans e con una valigetta ventiquattro ore in mano. Una visita che non poteva non farci piacere anche perch&eacute; il venticinquenne pilota brasiliano della Lotus-Renault si &egrave; mostrato ben diverso da come, generalmente, viene definito un campione della massima formula. Cos&igrave; Ayrton &egrave; rimasto per qualche ora in compagnia di tutto lo staff di Autosprint, scambiando opinioni con i redattori della rivista, e interessandosi attivamente su come si costruisce il giornale&rdquo;.&nbsp; Un giornale, Autosprint, che ha amato e soprattutto difeso il campionissimo brasiliano e che non smetter&agrave; mai di raccontare le sue gesta per continuare a trasmettere i valori di un pilota che non &egrave; mai stato come tutti gli altri. 

La storia del&nbsp;titolo del 1988 viene narrata sotto una luce diversa e tanti retroscena, con un Autosprint Collection da 132 pagine in edicola da marted&igrave; 7 agosto &nbsp;

TrentAyrton: in edicola lo speciale sul primo mondiale di Senna

Anche se molte volte davvero maledetta, la poesia di certe grandi corse mai dimenticate esonda in un nuovo numero di Autosprint Collection e tracima di una passione dura e pura che guarda al passato con la speranza che anche il futuro possa essere cos&igrave; travolgente. Potente. Come le pagine di questo volume speciale, 132 pagine, foto e storie davvero inedite uscite come una pozione magica dalla tastiera prolifica di Mario Donnini e dai ricordi di Arturo Merzario. Quasi due gemelli del gol con le emozioni. Ogni gara, una storia da raccontare e soprattutto da rileggere con gli occhi di chi adesso guarda al mondo delle corse e sa da dove proviene.  Le Grandi Corse mai dimenticate &egrave; da leggere tutte d&rsquo;un fiato spaziando dalla Formula Uno, al Mondiale Rally attraversando a tavoletta anche Mondiale Marche e Grandi Salite. C&rsquo;&egrave; l&rsquo;inferno dei rail di Watkins Glen. L&rsquo;Ostkurve della vecchia Hockenheim. La sicurezza precaria e il tifo alle stelle di Kyalami. Gli eroi della Nordschleife. I ricordi tristi di Zolder e&nbsp; le dune di Zandvoort. In totale sono 15 le piste ex F.1 prese in considerazione, due corse icona come Targa Florio e Mugello Stradale e una sui generis come il Giro d&rsquo;Italia.  Il&nbsp; punto di partenza di questo speciale - davvero specialissimo - &egrave; piuttosto semplice. Anzi, sono due. Punto uno. Il panorama dei tracciati attualmente utilizzati&nbsp; nelle corse non &egrave; che sia molto entusiasmante. Perch&eacute; sicurezza, razionalizzazione e tendenza alla semplificazione gestionale hanno creato un ampio ventaglio a livello mondiale di location prive di personalit&agrave;, che fanno rimpiangere l&rsquo;epica dei circuitoni di un tempo. Pericolosissimi ma leggendari. Sorta di lavagne su cui i piloti scrivevano trame pi&ugrave; da favola che da corsa. E allora perch&eacute; non coinvolgere il pi&ugrave; prestigioso, amato e blasonato tra i nostri testimoni del tempo, per una descrizione evocativa, magicamente palpitante e magnetica, ma allo stesso tempo puntuale, precisa e autorevole, delle pistone che furono?  Ecco il punto due, che vanta un nome e un cognome: Merzario Arturo di anni 75. La sua partecipazione diretta, attiva e calda, a questa iniziativa editoriale &egrave; un segno d&rsquo;immenso rispetto verso di lui e anche un regalo ai lettori di Autosprint, che considerano il comasco, oltre che ultimo degli stradisti veri, uno tra i campioni pi&ugrave; celebrati e amati quanto a classe, estro, testa, cuore, capacit&agrave; di pilotaggio e brutale sincerit&agrave;. Il tutto non necessariamente in quest&rsquo;ordine. Pilota, costruttore, maestro e vincitore al vecchio Nurburgring, alla Targa Florio, nelle due ultime edizioni del Mugello stradale e veterano della F.1, gi&agrave; uomo squadra amatissimo da Enzo Ferrari e del Mondiale Marche, al top in Ferrari e Alfa, con 11 trionfi iridati all&rsquo;attivo, pi&ugrave; il titolo del prestigiosissimo Euro 2000, Arturo Merzario rappresenta un immenso patrimonio umano e agonistico.  Un volume completo nel quale si parla anche di salite (con la Bologna-Raticosa) e ovviamente di rally con Safari e Sanremo, due tappe uniche che adesso brillano per la loro assenza nel giro iridato, dove i ricordi sono quelli di Miki Biasion che in queste due sfide ha corso e vinto. Insomma ce n&rsquo;&egrave; per tutti i gusti. 

Gli eroismi del vecchio Nurburgring, i ricordi tristi di Zolder, l&#39;inferno di Watkins Glen: dal 6 marzo in edicola 132 pagine di pura passione dedicata ai circuiti e alle gare che hanno fatto la storia del motorsport

Ogni maledetta domenica: speciale Autosprint sulle gare memorabili

Da Hong Kong a Marrakech. Altro giro, altra corsa. Il Luna Park della Formula E sbarcher&agrave; in Marocco il prossimo 13 gennaio per il secondo round della stagione 4 portandosi dietro tante storie da raccontare. Con uno speciale di 64 pagine Autosprint-E (in uscita in edicola il prossimo 9 gennaio), la nuova declinazione elettrica del settimanale da corsa svela tanti retroscena che hanno accompagnato la serie dalla sfida inaugurale al secondo atto. C&rsquo;&egrave; grande attesa per vedere di nuovo all&rsquo;opera i protagonisti della serie elettrica adesso che il Mondiale di F.1 &egrave; in vacanza alla luce di un primo appuntamento che ha lasciato diversi conti in sospeso.  Diverse le interviste esclusive. Abbiamo chiesto ai vincitori delle prime due gare della serie Sam Bird e Felix Rosenqvist di raccontare ai nostri lettori che cosa si aspettano dalla loro stagione scattata subito col piede giusto. E sulla crescita esponenziale della serie full electris abbiamo chiamato ad esprimersi anche Vito Liuzzi, ex F.1 e che ha gi&agrave; avuto esperienze nel passato in F.E e anche Giancarlo Minardi personaggio che non ha bisogno di presentazioni e che offre sempre giudizi franchi e mai di comodo.  Autosprint-E sveler&agrave; anche alcune proiezioni in chiave futura. Gi&agrave; perch&eacute; il giorno dopo la gara, domenica 14 gennaio, scender&agrave; in pista nei rookie test anche Antonio Giovinazzi, il terzo pilota della Ferrari che dar&agrave; una scossa al suo inverno nei test collettivi della serie che vedr&agrave; tanti debuttanti vedere l&rsquo;effetto che fa guidare quella che per molti rappresenta una vera e propria Formula Futuro. Il test del pilota italiano (con una monoposto della Virgin-DS) si dice che rimarr&agrave; fine a se stesso ma &egrave; inutile negare che rimanda anche all&rsquo;impegno che in futuro dovrebbe vedere l&rsquo;impegno nella serie del marchio FCA, presumibilmente con Maserati. &laquo;Il gruppo FCA in qualche maniera giocher&agrave; in Formula E. Ma &egrave; da capire come quando&raquo;, ha dichiarato il presidente Sergio Marchionne rilanciando le voci di un&rsquo;operazione attesa ma ancora tutta in fase embroniale.  Un ulteriore motivo di interesse in una serie utilizzata dalle Case come laboratorio per sviluppare tecnologie da destinare alla produzione di serie e che in futuro vedr&agrave; confluire nella serie ideata dal Ceo Alejandro Agag tanti marchi prestigiosi. La riprova che la Formula E, al di l&agrave; di ogni considerazione, sta percorrendo la strada giusta e compiendo un&rsquo;incredibile parabola ascendente. Una serie, insomma, che gode di ottima salute e che in futuro potrebbe avere anche problemi di abbondanza visti i posti in griglia a disposizione dei team.  Tra tante notizie positive l&rsquo;unica nota stonata &egrave; rappresentata dal forfait dell E-Prix di Montreal che avrebbe dovuto ospitare le ultime due gare del 2017-2018. La neo sindaca di Montr&egrave;al ha per&ograve; annunciato di voler rinunciare all&rsquo;organizzazione. La sfida in Canada potrebbe essere rimpiazzata ma ancora non ci sono stati riscontri. Se non si dovesse trovare una soluzione, l&rsquo;appuntamento conclusivo della stagione sar&agrave; il doppio Prix che andr&agrave; in scena a New York il 16 e 17 luglio 2018. 

In vista della seconda tappa di Marrakech, vi raccontiamo protagonisti e retroscena del Campionato Formula E, con interviste esclusive a Sam Bird e Felix Rosenqvist

Speciale Autosprint-E, sar&agrave; un 2018 elettrizzante

&Egrave; da marted&igrave; 29 dicembre in edicola "Campioni per sempre", un nuovo numero speciale di Autosprint da collezionare. Ricordate il nostro precedente "Le interviste ritrovate"? In quello speciale pubblicavamo - riprese dagli Autosprint del passato - le prime dichiarazioni di piloti che campioni ancora non erano, ma da l&igrave; a poco avrebbero dimostrato la loro grandezza. Un numero che ha riscosso successo e apprezzamento presso gli appassionati pi&ugrave; profondi della Formula Uno.  Cos&igrave; con questo altro Autosprint speciale completiamo il discorso sul versante opposto: le interviste di quando questi piloti avevano gi&agrave; conquistato quei titoli mondiali che li hanno consacrati "nero su bianco" alla storia. Interviste che riescono a riassumere in poche pagine - anche stavolta rigorosamente riprese dall'originale - intere carriere dei piloti che hanno marchiato indelebilmente la storia dell'automobilismo. Raccolte nel momento in cui questi assi hanno potuto guardare indietro verso la strada percorsa, ricca di momenti gloriosi ma anche meno fortunati, comunque piena di aneddoti e di vita vissuta.  Una serie di dichiarazioni a cuore aperto che partono dal primo dei pluri-iridati, Manuel Fangio, per proseguire con Jack Brabham, Graham e Damon Hill, Jackie Stewart, Jochen Rindt, Emerson Fittipaldi, Niki Lauda, Nigel Mansell, James Hunt, Mario Andretti, Nelson Piquet, Keke Rosberg, Alain Prost, Ayrton Senna, Mika Hakkinen e Kimi Raikkonen. Quest'ultimo ancora in attivit&agrave;, ma ripreso alla fine del suo "intervallo rallistico", quando si allontan&ograve; dalla F1 per un paio d'anni prima del suo ritorno. Nomi tutti "pesanti" e che ci permettono anche stavolta di riprendere momenti salienti della storia dell'automobilismo. Buona lettura!  Maurizio Voltini

In edicola da marted&igrave; 29 dicembre il nostro speciale "Campioni per sempre" con le interviste ai pi&ugrave; grandi piloti del passato che rileggono la propria carriera

Autosprint speciale: i Campioni

Con la dichiarazione Ferrari del rinnovo contrattuale per il 2016, Kimi Raikkonen ha dilazionato il suo ingresso nel cosiddetto viale del tramonto. O, quantomeno, nel suo caso questo viale appare piuttosto lungo e ben illuminato&hellip; Questo quando ormai, con l'attuale, sono 15 le stagioni corse in Formula Uno per il finlandese: debutt&ograve; nel 2001 con la Sauber e ha passato abbondantemente i 200 GP disputati.  Una carriera che raggiunse il vertice nel 2007 con il titolo vinto alla prima stagione in Ferrari e sulla quale lui potrebbe raccontare parecchio, guardandosi un attimo indietro, se non fosse che il finlandese a certi "romanticismi" non &egrave; avvezzo. Lo facciamo noi per lui, andando a riprendere una "intervista ritrovata" - fra quelle presenti nel nostro Speciale Autosprint in edicola - pubblicata a inizio 2004, quando si apprestava a partire una stagione in cui con la McLaren MP4-19 c'erano diversi dubbi legati alla motorizzazione rinnovata: in quel caso era Mercedes, ma &egrave; facile trovare assonanze con l'attualit&agrave;, vero?  In ogni caso, i problemi di affidabilit&agrave; in quel periodo furono decisivi, ma quel che conta parlando del pilota &egrave; che, a prescindere se la situazione fosse positiva o negativa, aveva gi&agrave; ben marcati certi tratti di carattere e rapporti con gli altri che gli hanno guadagnato il soprannome di Iceman. In poche parole, avevi sempre bisogno di un cavatappi per estrargli dichiarazioni pi&ugrave; corpose di qualche monosillabo. E comunque non sempre si trattava di affermazioni che potevano scatenare entusiasmo, come possiamo rileggere proprio da quella intervista.  Come per esempio quando gli si chiede come valutasse la stagione dell'anno prima, in cui aveva conteso il titolo a Michael Schumacher. &laquo;Sono arrivato secondo e Michael ha vinto. Non c'&egrave; molto altro da dire - dichiara appunto Kimi, che tuttavia prosegue - Magari sono rimasto un po' deluso, perch&eacute; eravamo sempre in condizione di farcela&hellip; O magari non proprio sempre, perch&eacute; a met&agrave; stagione abbiamo avuto qualche momento difficile, ma ci siamo ripresi molto bene. No, tutto sommato &egrave; stata una stagione buona, non un anno deludente&raquo;.  Certo la sua "impermeabilit&agrave;" gli permette di affrontare con una certa ineluttabilit&agrave; i momenti meno favorevoli, come quando gli si chiede se rimpiangesse la gara del N&uuml;rburgring, in cui si ritir&ograve; col motore in fumo mentre dominava. &laquo;S&igrave;, ma che vuoi farci? Le corse sono cos&igrave;, queste cose succedono&raquo;. Anche in situazioni di pericolo Raikkonen non si scompone pi&ugrave; di tanto, come quando gli si ricorda la perdita dell'ala posteriore, un paio d'anni prima a Barcellona. Paura? &laquo;Boh, pi&ugrave; che altro ero scocciato perch&eacute; la gara era iniziata bene, e finirla cos&igrave; dopo quattro giri mi seccava&raquo;.  Ma &egrave; parlando degli altri piloti, che con Raikkonen sembra di incocciare in un muro. Come sul rapporto con Juan-Pablo Montoja fuori pista: &laquo;Niente, davvero. Gli ho parlato qualche volta, ma come con tutti gli altri piloti&raquo;. E quali sono i colleghi che rispetti di pi&ugrave;? &laquo;Io rispetto tutti allo stesso modo. Magari un pilota va pi&ugrave; forte perch&eacute; ha una vettura migliore. Ci sono quelli che &egrave; pi&ugrave; difficile sorpassare, questo s&igrave;. Michael &egrave; uno di questi&hellip;&raquo;. Ecco, avresti una soddisfazione particolare a battere Schumacher? &laquo;Sarebbe bello, ma non pi&ugrave; bello che con qualsiasi altro pilota. La cosa importante &egrave; cercare di vincere il titolo mondiale, non far s&igrave; che la gente pensi che sei migliore solo perch&eacute; hai battuto qualcuno&raquo;.  Dove Kimi si sbottona di pi&ugrave;, &egrave; quando gli si chiede se accetterebbe un ruolo da "secondo pilota designato" come era in quel momento per Rubens Barrichello: &laquo;Non penso proprio. Cio&egrave;, se hai avuto una stagione veramente cattiva, se ti trovi cinquanta punti indietro rispetto al tuo compagno di squadra, allora pu&ograve; anche andare bene che il team ti chieda di aiutarlo. Per&ograve; quelle situazioni in cui, anno dopo anno, sei un numero due designato, che deve aiutare l'altro e basta, che sia alla prima gara o all'ultima, quelle no, non mi vanno bene. Non ha senso nemmeno provarci, se sai che tanto non sei autorizzato a vincere&raquo;.  Queste e numerose altre dichiarazioni di Kimi Raikkonen nel 2004 le potete leggere sullo Speciale Autosprint, in edicola per l'ultimo giorno con le "interviste ritrovate" come quelle di Gilles Villeneuve, Nigel Mansell, James Hunt, Niki Lauda e Clay Regazzoni.             

"Freddo" come sempre, ecco come il finlandese rispondeva a inizio stagione 2004, quella successiva al titolo perso su Schumacher

Interviste ritrovate: Kimi Raikkonen

Quella di fine 1977 fu una "campagna piloti" piuttosto turbolenta, per la Ferrari. Si trattava di sostituire "al volo" nientepopodimenoche Niki Lauda: conquistato matematicamente il titolo di quell'anno, ma arrivato alla rottura con Maranello, l'austriaco prefer&igrave; saltare gli ultimi due GP della stagione. Per sostituirlo "in corso d'opera" si contattarono parecchi piloti anche fra i migliori - da Mario Andretti a Jody Scheckter, da John Watson a Eddie Cheever - ma i problemi non erano pochi, soprattutto di tipo legale. Chi invece aveva maggior libert&agrave; da questo punto di vista, ed era piaciuto molto al "Commendatore" nell'unica gara che aveva corso con una McLaren di terz'ordine, era un giovane canadese semisconosciuto: Gilles Villeneuve.  Cominci&ograve; cos&igrave;, con i due Gran Premi conclusivi della stagione '77, la carriera in Ferrari di quello che venne soprannominato "l'Aviatore" per la sua guida controversa perch&eacute; irruente e sempre generosa, contrapposta a quella misurata e precisa di uno come Lauda. Tanto che gi&agrave; in Giappone fu protagonista di un incidente grave. Ma questo non gli imped&igrave; di avere i favori del "Drake" e di continuare a correre per la Scuderia modenese. Ma facciamo un passo indietro, e vediamo come reag&igrave; Villeneuve alla convocazione, peraltro non ancora confermata al 100 per cento, in un'intervista "ritrovata" rilasciata ad Autosprint nel settembre del 1977.  &laquo;Quello che mi domando sempre &egrave; perch&eacute;, con tanti piloti italiani cos&igrave; in auge in questo momento, alla Ferrari pensino proprio a me che sono canadese&raquo;: cos&igrave; esordisce Gilles dimostrando tutta la sua ingenuit&agrave; di giovane pilota, venticinquenne e poco pi&ugrave; che debuttante in Formula Uno. &laquo;&Egrave; bello pensare di correre per la Ferrari, e lo &egrave; soprattutto dopo aver conosciuto l'ingegnere&raquo;, dichiara comunque subito dopo.  Non filtra molto le sensazioni e le emozioni, il giovane Villeneuve: &laquo;A Silverstone (la gara del debutto con la McLaren, ndr) mi sono guardato attorno: il "circo" &egrave; un ambiente nel quale non &egrave; facile entrare ed in fondo mi parlavano solo i miei compagni di squadra alla McLaren&raquo;. Uno dei quali era James Hunt, che poi anche da commentatore televisivo fu sempre molto favorevole al canadese e alla sua guida. &laquo;Poi - prosegue Gilles - ottenuto il tempo in prova che mi ha permesso di essere fra i primi, tutti sono diventati miei amici&raquo;. Infatti in quell'occasione Villeneuve ottenne il miglior crono nelle prequalifiche davanti a Patrick Tambay, ma soprattutto un 9&deg; tempo generale su 30 piloti nelle qualifiche vere e proprie.  Proseguendo sempre senza troppe remore, da pilota ancora poco "catechizzato", Villeneuve commenta anche la decisione di Lauda che gli ha aperto le porte alla Scuderia: &laquo;Credo che tutto sommato non abbia fatto male a lasciare la Ferrari. Dopo 4 anni, con due mondiali vinti, non aveva pi&ugrave; niente da dire. Alla Brabham sar&agrave; pi&ugrave; dura avere risultati e Lauda non sar&agrave; pi&ugrave; quello di prima, anche perch&eacute; non avr&agrave; pi&ugrave; Fiorano a disposizione. Questo per&ograve; non significa che non sia e non resti un grande pilota. Sar&agrave; sempre fra i primi cinque o sei, come in fondo &egrave; adesso&raquo;.  Altre considerazioni di Gilles Villeneuve, come la sua ammirazione per Ronnie Peterson oppure quelle che pensava fossero le sue possibilit&agrave; future in quel momento, sono presenti nella "intervista ritrovata" pubblicata sullo Speciale Autosprint in edicola in questa settimana, al pari di quelle su Nigel Mansell, James Hunt, Niki Lauda e Clay Regazzoni di cui abbiamo gi&agrave; parlato in precedenza.  Lo Speciale Autosprint in edicola.     

Ecco come il canadese inizi&ograve; con Ferrari la sua leggendaria carriera da "Aviatore", dall'intervista sul nostro Speciale Autosprint

Interviste ritrovate: Gilles Villeneuve

&Egrave; l'anno "di grazia" 1986 quando Nigel Mansell rilascia ad Autosprint l'intervista che abbiamo ripreso nello Speciale con le "interviste ritrovate". Non &egrave; quella di un debutto, ma piuttosto di una rinascita modello Fenice: perch&eacute; se l'inglese &egrave; in F1 dall'80, &egrave; tuttavia solo quest'anno quello che lo vede "esplodere", anzi rinascere. Perch&eacute; &egrave; proprio questa stagione in Williams che lo far&agrave; ribattezzare da "Mansueto" a "Leone", grazie all'incredibile grinta che mostrer&agrave; in gara una volta presa piena coscienza di s&eacute; e delle proprie capacit&agrave;, misurate al fianco di grandi campioni come Keke Rosberg e Nelson Piquet.  Del resto i risultati e quindi la carriera di un pilota non dipendono sempre solamente da lui, e Mansell non manca di evidenziarlo nell'intervista quando gli si chiede delle differenze fra Lotus (dove ha corso per 4 anni) e Williams come team. &laquo;La prima grande differenza fra le due squadre - "spara" subito Nigel senza tanti giri di parole - &egrave; la percentuale minima di stupidaggini che alla Williams fanno. Vogliono sapere tutte le cause delle rotture, o le spiegazioni degli errori; non hanno mai sprecato tempo per urlare o per piangersi addosso. Il mio rapporto &egrave; stato quindi perfetto fin dall'inizio. Quando ho provato per la prima volta con il team di Frank, mi era sembrato di essere tornato indietro nel tempo: perch&eacute; si lavora come alla Lotus nell'epoca di Chapman&raquo;.  Mansell era infatti un pupillo di Colin Chapman, che appunto lo volle alla Lotus prima della scomparsa nel 1982. Una perdita che il pilota inglese sent&igrave; sia a livello personale - &laquo;Per sostituirlo, alla Lotus sarebbero servite almeno tre persone di altissimo livello&raquo;, dichiar&ograve; Mansell in proposito - sia da quello sportivo per le prestazioni seguenti del team e della monoposto. Infatti lui ricorda cos&igrave; i mesi successivi: &laquo;Fu un periodo terribile. La Lotus 93T era una monoposto tremenda, forse la peggiore F1 mai costruita. Se ne rese conto anche la squadra intera. Quando arriv&ograve; Gerard Ducarouge, a met&agrave; stagione '83, le cose iniziarono a migliorare nuovamente, ma ormai i rapporti in seno al team si erano deteriorati&raquo;.  Dopo aver parlato anche del modo di gestire in gara le macchine di quel periodo, che gi&agrave; dovevano fare i conti con la gestione di motore, gomme e consumi, cos&igrave; risponde Mansell alla domanda di come vorrebbe fossero le monoposto e i regolamenti della F1: &laquo;La situazione ideale sarebbe che le vetture avessero una potenza pi&ugrave; o meno identica, con una differenza massima di 10 cavalli tra l'una e l'altra, senza restrizioni di carburante in modo da poter viaggiare pi&ugrave; velocemente con meno potenza. Mi piace immaginare una Formula 1 con una dose di cavalli pari a 750-800&raquo;. Viene facilmente da pensare che anche ai giorni nostri un pilota come il "Leone" non avrebbe modificato pi&ugrave; di tanto le sue opinioni, vero?  In ogni caso, trovate sullo Speciale Autosprint attualmente in edicola tutto quello che pensava Mansell sui suoi rapporti non solo con i team Lotus e Williams, ma anche con la Honda e con gli altri piloti come Keke Rosberg, Alain Prost, Nelson Piquet e Ayrton Senna (piuttosto tesi, per inciso, quelli con i piloti brasiliani&hellip;) in quella stagione che, lo ricordiamo, fin&igrave; con Mansell e Piquet a giocarsi il titolo fino all'ultima gara di Adelaide, dove per&ograve; lo conquist&ograve; Prost&hellip;         

Ecco come l'inglese si raccontava ad Autosprint nell'anno in cui esplose diventando il "Leone"

Interviste ritrovate: Nigel Mansell

Se &egrave; stato possibile farci un film - quello di Ron Howard - sugli anni '70 della Formula Uno, &egrave; anche per il grande e contrastante dualismo di personaggi (pi&ugrave; ancora che piloti) come Niki Lauda e James Hunt. Perch&eacute; se il primo era il prototipo del "pilota analista" che si fondeva con la macchina per ottenerne il massimo gi&agrave; a partire dalla messa a punto, il secondo era invece l'impersonificazione di un modo di intendere l'automobilismo che definire romantico o avventuroso &egrave; perfino riduttivo.  Ribelle e smodato, caratteriale e istintivo, James Simon Wallis Hunt arriv&ograve; in F1 non tanto perch&eacute; massima espressione tecnologica automobilistica, piuttosto perch&eacute; trattavasi di quanto pi&ugrave; simile a uno dei vecchi tornei cavallereschi di epica memoria. E finch&eacute; le corse lo appagarono, bene, per poi ritirarsi a met&agrave; stagione 1979 perch&eacute; il feeling era finito e quindi non era motivato nemmeno a finire la stagione, non fosse altro per "onore di contratto".  Insomma, un personaggio istintivo e "verace" come gi&agrave; allora pochi potevano permettersi di essere. Per questo ebbe un senso profondo l'intervista con lui scritta nel 1981, vale a dire a due anni dall'abbandono del volante. Quando comunque da commentatore TV per la BBC aveva ancora modo di vedere cosa succedeva in pista e cosa facevano i suoi ex colleghi. Potendoli cos&igrave; valutare con cognizione di causa e con la sua abituale schiettezza "al vetriolo". Ecco dunque alcuni stralci dal nostro Speciale Autosprint con le "interviste ritrovate" che si trova in edicola in questi giorni.  Per cominciare, l'equazione pilota-macchina sbilanciata verso il secondo elemento non &egrave; mai andata a genio all'inglese, che infatti commenta cos&igrave; la stagione in corso in quel momento: &laquo;Trovo tutto piuttosto deprimente, onestamente, perch&eacute; avevo sperato che uno degli effetti del cambiamento dei regolamenti sarebbe stato quello di scuotere un po' l'ambiente, rendendo le macchine pi&ugrave; simili come prestazioni e ripristinando l'importanza del ruolo del pilota. Invece &egrave; stato terribilmente triste vedere un pilota della classe di Carlos Reutemann impossibilitato a difendere la sua posizione contro uno come Hector Rebaque, in Argentina&raquo;.  Ma Alan Jones pensa che l'importanza della macchina non sia cambiata rispetto alle altre stagioni&hellip; &laquo;Non sono d'accordo, ma chiunque nella sua posizione (l'australiano aveva appena vinto il mondiale F1, nell'80, ndr) direbbe lo stesso. &Egrave; naturale ed anche piuttosto facile ingannare s&eacute; stessi. Quando si ha una delle migliori macchine e si &egrave; a lungo protagonisti, si &egrave; molto fiduciosi, si crede di guidare meglio degli altri&raquo;. Quindi Jones come pilota? &laquo;Mai stato uno di quelli che dispongono di un grandissimo talento naturale. La sua grande forza &egrave; che ha una grande capacit&agrave; di capire le corse, &egrave; un tattico eccellente; inoltre &egrave; fisicamente resistente e ha una grande capacit&agrave; di sopportazione, che gli fa commettere pochi errori. Non direi sia il pi&ugrave; veloce in assoluto, ma globalmente &egrave; forte, un lavoratore di estrema professionalit&agrave;&raquo;. Fattori, questi ultimi, che forse al contrario mancavano al Hunt pilota, dedito al fumo e alle donne pi&ugrave; che alla forma fisica&hellip;  Ben diversa la valutazione su Carlos Reutemann: &laquo;Immagino abbia tratto un enorme beneficio dal fatto di essere al volante di una vettura vincente. Nel passato ha sofferto di depressioni che hanno decisamente avuto influenza sulla sua guida. Ma quando &egrave; a posto con la mente, come ora, Carlos &egrave; un pilota fantastico&raquo;. E Nelson Piquet? &laquo;Penso che sia veramente molto bravo. &Egrave; un po' presto per giudicare, ma immagino che emerger&agrave; come l'uomo migliore di questo periodo (vincer&agrave; il mondiale F1 a fine anno, ndr). Tuttavia in una cosa mi ha deluso, e mi riferisco a quella decisione di partire con le slick a Rio: &egrave; stato semplicemente folle, ha buttato via la corsa. Non importa che il suo direttore sportivo fosse favorevole: se si vogliono vincere le corse, possono esserci situazioni in cui si pu&ograve; disobbedire al team&raquo;.  Parlando invece di Gilles Villeneuve, va innanzitutto ricordato che Hunt lo aiut&ograve; all'inizio della sua carriera F1 in McLaren. &laquo;Penso sia un brillante talento naturale. Ho sempre pensato in maniera estremamente positiva della sua guida, del fatto che sia estremamente veloce, del suo controllo di macchina, del suo modo di affrontare le corse, del suo entusiasmo. Gilles vive per le corse automobilistiche e questo potrebbe essere il suo maggiore problema. Guida con enormi grinta e fiuto. Le sue ultime vittorie confermano che &egrave; anche molto maturato, ma qualche volta mi preoccupo per lui, perch&eacute; fa delle cose in pista che non sono in armonia con la sua professionalit&agrave; fuori pista&raquo;.  Queste e tante altre opinioni, non solo sugli altri piloti - da Pironi a Laffite, da Rosberg (Keke) a Prost - ma anche su come i progettisti dovrebbero limitarsi a fare macchine affidabili all'interno di un progetto ben codificato dai regolamenti, oppure sugli alti e bassi di un pilota che ha gi&agrave; vinto un campionato, li potete trovare sullo Speciale Autosprint attualmente in edicola con le "interviste ritrovate": un numero da collezione anche per il suo formato in linea con quello di Autosprint degli anni passati.  

Uno stralcio dal nostro Speciale Autosprint dei commenti di uno dei pi&ugrave; acclamati personaggi della F1 anni '70

Interviste ritrovate: James Hunt

Ora &egrave; uno degli artifici televisivi per rendere pi&ugrave; frizzante un'intervista, quello di fare le stesse domande a due piloti, magari con l'assillo del cronometro che scorre, per vedere direttamente nel successivo montaggio video le diverse maniere di affrontare la stessa questione. Ma non era la normalit&agrave; quando Marcello Sabbatini, nel 1974, varc&ograve; i cancelli di Fiorano per incontrare contemporaneamente Niki Lauda e Clay Regazzoni, all'epoca alfieri della Ferrari F1, e intervistarli "in parallelo" prima della partenza per la gara di Digione. Il tutto con Luca di Montezemolo a fare da "ospitante-controllore".  Una doppia intervista che abbiamo ripreso sullo Speciale Autosprint in edicola in questi giorni, e dalla quale vi proponiamo alcuni significativi stralci, alcuni dei quali utili a far capire come le problematiche dei piloti non siano cambiate poi tantissimo, da quarant'anni a questa parte&hellip;  Quanto del successo lo si deve alla Ferrari o alla macchina e quanto invece a loro o comunque ai piloti, &egrave; il succo di una delle prime domande, alla quale i due rispondono davvero coerentemente con il loro modo di intendere le corse. Niki Lauda: &laquo;Un elemento completa l'altro. Pi&ugrave; questa comunione &egrave; totale, pi&ugrave; sono possibili i risultati. Io non so cosa accadeva prima alla Ferrari, so che adesso i risultati ci sono, perci&ograve; la Ferrari mi piace&raquo;. Clay Regazzoni: &laquo;Oggi conta la macchina. Anche un superman, un superpilota col 20-30% di capacit&agrave; di pi&ugrave; degli altri, non riesce a dimostrare nulla se non ha una macchina valida&raquo;.  Una domanda successiva e forse cattivella verte sul fatto se Niki, alla prima stagione in Ferrari, fosse gi&agrave; alla pari con Clay&hellip; &laquo;Certo - risponde l'austriaco - sono alla pari con Regazzoni&raquo;. Che invece nega: &laquo;No, non si sta ripetendo quello che &egrave; successo a fine stagione con la BRM (quando cio&egrave; secondo lo svizzero diedero la macchina migliore a Lauda, ndr). Almeno non credo. Le macchine sono completamente eguali. Penso piuttosto che lui abbia un vantaggio su di me perch&eacute; collabora in una maniera pi&ugrave; diretta, continua e totale con quelli delle gomme (Goodyear, ndr), cosa che io non riesco a fare, per natura&raquo;. Effettivamente a fine stagione Regazzoni arriv&ograve; davanti a Lauda, per&ograve; 2&deg; in campionato dietro a Emerson Fittipaldi. Questo anche per presunti favoritismi della squadra nei confronti dell'austriaco che compromisero il rush finale.  Sempre utile da confrontare e misurare con il passare del tempo, pure la domanda su come avrebbe reagito Lauda qualora la Ferrari fosse stata austriaca e avesse assunto un pilota italiano in sua vece. &laquo;Non avrei avuto niente da dire. Perch&eacute; &egrave; un problema professionale e non credo ormai conti pi&ugrave; la nazionalit&agrave; nel nostro sport&raquo;, &egrave; la risposta di Niki. Mentre Clay aggiunge: &laquo;Che vuoi? Ormai sono solo i giornalisti italiani, argentini o brasiliani che fanno di queste storie&hellip;&raquo;.  Molto interessante la risposta di Lauda su chi l'avesse aiutato per cominciare e quanto ci fosse di vero su un prestito chiesto ad una banca austriaca, come un normale investimento d'affari sulla sua professione. &laquo;&Egrave; un po' differente. Fu nel '69, quando dovevo cominciare a correre con la March in Formula 2. Avevo bisogno di 16 milioni. La mia banca me li avrebbe dati, mi dissero. Ma improvvisamente, al ritorno da Londra a contratto firmato, salt&ograve; fuori che tutto era cambiato, che i miei genitori avevano messo il veto. E allora andai in un'altra banca, quella che ho attualmente, e chiesi un prestito al 6%, cos&igrave; come si fa per un investimento di una casa&raquo;. Insomma, un mutuo, anche se certe cifre oggi faranno sorridere (amaramente): altri tempi, altre situazioni e altre nazioni, come sottolinea Regazzoni: &laquo;Ah, certo in Svizzera non &egrave; mai successo nulla del genere, figurati in Italia&raquo;.  Queste e altre domande con le relative repliche di Niki Lauda e Clay Regazzoni, per un totale di 30 "botta e risposta", li trovate sullo Speciale con le "interviste ritrovate" attualmente in edicola, che ripropone le migliori "interviste giovanili" di Autosprint a vari campioni, da Gilles Villeneuve passando per Ayrton Senna fino a Sebastian Vettel.    Maurizio Voltini

Uno stralcio dallo Speciale Autosprint in edicola con le risposte parallele dei due alfieri Ferrari nel 1974

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