Ricordate? Dopo i test precampionato (e anche dopo) erano tanti che
davano già per spacciata e ridimensionata la Red Bull, per via degli scarsi risultati, nonostante anche noi mettessimo in guardia sulle prestazioni buone nonostante la penuria di giri in pista. Quello che è successo dopo è storia, verrebbe da dire, con un
recupero che, una volta superati i problemi delle avarie, è stato anche più rapido di quanto pure i più ottimisti potessero immaginare. Recupero che però si è visto soprattutto con
Daniel Ricciardo, e non con l’alfiere storico del team, il quadrititolato
Seb Vettel.
Così sul tedesco sono stati traslati gli stessi “apprezzamenti”:
ormai “cotto” e ridimensionato, dicevano. Certamente si vedevano dei reali problemi specifici:
Vettel non riusciva ancora ad assoggettarsi adeguatamente alla guida delle monoposto “era 2014”, lui che era diventato l’interprete più brillante del pilotaggio con gli “
scarichi soffiati” e l’uso del gas che permetteva di sfruttare al meglio la deportanza “motorizzata” del
diffusore posteriore. Una guida maturata dopo tanta applicazione, un po’ di ispirazione ma anche
ore ed ore di simulatore. Che però ha reso più difficile per lui tornare alla guida di vetture più tradizionali e per di più con un carico aerodinamico fortemente limitato.
Lo si vedeva spesso nei momenti in cui emergeva
l’istinto del pilota, quello che viene da doti naturali ma anche da anni di esperienza o, meglio ancora, di abitudini. Parliamo delle
qualifiche, quando ti “butti” senza pensare a troppe cose (senza ragionare, verrebbe da dire...). In questi frangenti si vedeva spesso che
Vettel non si “trovava” più con la macchina: le reazioni non erano quelle che lui si aspettava, e d’altra parte anche lui andava spesso a cercare istintivamente e automaticamente
traiettorie non più possibili. Quelle strette che ti fanno guadagnare metri, ma che se la macchina non sta (più) giù, ti fanno solo perdere la giusta linea. E ti alzano i crono.
Ebbene, lo “schiaffo multiplo” di prove libere
passate a guardare gli altri, di una qualifica con la macchina che ti
abbandona nel “momento bello” e infine gli ufficiali di gara che ti calciano indietro
a metà schieramento per colpe non tue, forse ha sbloccato la situazione. Fatto sta che in questa gara di
Barcellona, seppur iniziata pessimamente, tutte quelle cose evidenziate finora non si sono viste. Anzi! Siamo tornati a vedere
un Vettel determinato, irriducibile, perfino arrogante in certi sorpassi inventati e forzati per l’impossibilità di passare “normalmente” in rettilineo a favore di drs. Ma soprattutto
un Vettel in sintonia con la sua RB10.
Non sappiamo se il nuovo feeling sia in qualche modo legato alla
scocca sostituita, fatto sta che oggi pilota e macchina erano davvero integrati, un corpo unico, e
Vettel faceva quello che voleva col volante (e tutto il resto). L’affiatamento è stato perfetto e anche lo stesso
Vettel ha rimarcato come la cosa importante - quasi più di essere risalito dalla 15ª (anzi 16ª dopo la partenza) alla 4ª posizione - fosse come ora si sentisse “
la macchina in mano”. La confidenza
fra Sebastian e la RB è tornata. Certo, ora è “solo” quarto (in realtà secondo dei “non Mercedes”) e non è arrivato al punto da poter tornare ad “agitare il ditino” sul podio, ma...
Vogliamo dare una
morale a tutto questo? Forse che non bisogna
mai giudicare troppo presto; che i problemi sono qualcosa di reale e ti rallentano, ma prima o poi possono anche essere superati; che si può sempre avere fiducia in
persone così speciali come
Newey da una parte e
Vettel dall’altra. E, per estensione, questo lo si potrebbe (dovrebbe?) applicare anche in altri casi - sempre stando in F1 - in cui tanti
sottostimano pesantemente (per non dire che disprezzano) il lavoro di altri valenti tecnici e piloti, parlando di
mondiale compromesso già dopo le prime gare (ora siamo alla quinta, ma non è da adesso...) e di “carriole”, che però ti portano al terzo posto nel mondiale. Chi ha orecchio...
PS: Ovviamente se però fino a fine stagione non cambia nulla, diventa un altro discorso, vero?
Maurizio Voltini