Horner si stufa: "Fateci domande sulle corse!"

Horner si stufa: "Fateci domande sulle corse!"
Alla conferenza stampa dei team principal, quello Red Bull reagisce esacerbato alle insistenti domande su questioni politiche e altri aspetti negativi

26.07.2014 ( Aggiornata il 26.07.2014 00:43 )

Nella classica conferenza stampa del venerdì sera con i team principal, a Budapest è accaduto un fatto inconsueto: in una F1 che pubblicamente lima tutti gli spigoli e tace piuttosto che dire scomode verità, si è arrivati a momenti quasi d’attrito fra i personaggi coinvolti. Che, ricordiamo, erano i team manager da una parte e i giornalisti dall’altra. Perché se è vero che è pur sempre lecito porre domande anche scomode o “disallineate”, né accontentarsi troppo di risposte “di comodo”, probabilmente l’insistenza deve avere un limite, soprattutto quando si richiedono risposte che non competono agli intervistati. Così dopo una serie di domande provocatorie sul calo di spettatori in Germania, dopo che tutti i rappresentanti dei team rispondono che si è trattato di un fatto ancora isolato e successivo ai “sold-out” di Austria e Gran Bretagna, dopo che si insiste sulla domanda mettendo addirittura in bocca agli intervistati che sarebbero loro a lamentarsene, e dopo che Chris Horner comincia già a dare segni d’insofferenza ribadendo che “forse” ci sarebbe da interrogarsi anche sui prezzi dei biglietti e sulla “promozione fatta o non fatta” (cit.) dagli organizzatori - riportiamo ciò anche per inquadrare meglio la situazione in quel momento - si arriva a un argomento differente ma trattato sempre in modo piuttosto aggressivo. Questo quando un giornalista di Sport Bild interviene in questo modo: «Ora apprendiamo che andremo a correre in Azerbaijan. Siamo già stati in Bahrain, tutti sanno che il Bahrain sta uccidendo il proprio popolo. Andiamo in Russia e non c’è nessun commento. Abbiamo corso in Cina, che mi pare non essere molto famosa per la democrazia. Quindi la mia domanda è: tutti voi parlate di F1, di piloti e di esempi da seguire per i giovani. Pensate sia un buon esempio andare dietro a Mr. Ecclestone ovunque lui voglia? E se volesse andare a correre in Corea del Nord, continuereste a seguirlo?». A questo punto tutti voltano lo sguardo verso Vijay Mallya (Force India), che già in precedenza aveva risposto alle questioni più scottanti, e lui replica: «Penso che noi siamo tutti persone appassionate di corse, quelli che potremmo chiamare “petrolheads” (insomma, fanatici dei motori, ndr). Siamo venuti qui per correre, per cercare di vincere, per divertirci. A governarci è un’organizzazione internazionale chiamata FIA: spetta alla FIA decidere dove portare il nostro sport. Non credo che spetti alle squadre, che sono singoli concorrenti di questo sport, portare avanti le loro posizioni personali nel merito delle questioni politiche sociali che avete sollevato. La FIA è perfettamente competente nel determinare dove la Formula Uno possa essere messa in scena e dove no». Allora il giornalista tedesco riprende: «Non c’è altro da aggiungere? Siete tutti d’accordo? Nessun altro ha da dire qualcosa? Allora resta la domanda: si dovrebbe seguire Ecclestone in Corea del Nord oppure no?». «Ma sai, non è questione di seguire Bernie - risponde ancora Mallya - penso che la domanda sia mal posta. È il detentore dei vari diritti, è la FIA che decide. E noi corriamo dove vengono organizzati gli eventi. È semplicemente così». A questo punto interviene allora il giornalista di Frankfurter Allgemeine Zeitung: «Mettiamo la questione in modo diverso: pensate che, nel senso di promuovere il miglior prodotto possibile, faccia molto bene al vostro (la F1, ndr) andare a Baku, data la loro situazione in tema di diritti umani, e in considerazione che là sono messi - mi pare - al 160° posto nella lista di Reporter Senza Frontiere?». A questo punto prende subito la parola Chris Horner (Red Bull), che sbotta: «Questa sta diventando una conferenza stampa molto deprimente, ci stiamo concentrando solo sulle cose negative. Sappiate che c’è un calendario che esce a ottobre-novembre, e tutti noi possiamo scegliere se partecipare al campionato del mondo oppure no. Tutte le persone sedute qui sono concorrenti (“racers” è il termine usato, ndr) e sono qui perché sono appassionati di questo sport e vogliono correre. Quando firmiamo per quel campionato, mettiamo la nostra fede e la nostra fiducia nel promotore e nella FIA, e saremo presenti a quelle gare a meno che loro non ritengano che non sia necessario per noi essere lì. E tutti voi, o la maggior parte di voi, sarete a quelle gare, o perché siete appassionati di questo sport o perché vi fa guadagnare da vivere. E penso che sia sbagliato rendere la Formula Uno un soggetto politico o un manifesto quando invece siamo uno sport». «In queste conferenze - continua Horner - dovremmo parlare di piloti, dovremmo parlare della corsa spettacolare che c’è stata fra i miei piloti e il suo (accenna a Marco Mattiacci mentre dice questo, ndr) nello scorso Gran Premio. Dovremmo parlare di quale gran gara sia stata per Lewis Hamilton, nel risalire quasi tutto lo schieramento. Invece tutto quello che si fa è concentrarsi sulle cose negative e, devo dire, è diventato piuttosto fastidioso per noi stare qui e fronteggiare queste domande. Per cui che ne direste di chiederci qualcosa su cosa potrebbe succedere nella gara di domenica, oppure nelle qualifiche di domani? Perché se invece avete ancora di queste altre domande, sarebbe meglio le poneste direttamente a Mr. Todt o a Mr. Ecclestone, piuttosto che alle squadre». Inutile dire che la domanda successiva, fatta da un giornalista di sport motoristici, ha virato di argomento - il degrado delle gomme Pirelli, per la cronaca - e che la conferenza è terminata dopo non molto. Voi che ne pensate, sul coinvolgimento politico o nei riguardi di questioni sociali, che la F1 dovrebbe o non dovrebbe avere? Maurizio Voltini

  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi