Analisi post-Spa: una pista rivelatrice

Analisi post-Spa: una pista rivelatrice
La gara in Belgio ha fatto emergere parecchi fattori, dalla guida alla psicologia

25.08.2014 ( Aggiornata il 25.08.2014 14:45 )

La pista di Spa-Francorchamps ha dimostrato davvero parecchie cose, nell’ultimo GP belga. In primis di essere un tracciato sempreverde, che già non è cosa da poco, e di poter offrire gare emozionanti anche senza pioggia, safety car e/o griglie di partenza stravolte dalle penalità. Beh, magari la safety car ci poteva stare, ad un certo punto, con tutti quei detriti in pista, ma avete notato che in questa occasione sono tutti partiti nella precisa posizione come da tempi in qualifica (senza arretramenti né penalizzazioni, cioè)? Giusto per segnalare un fatto statistico ormai inusuale.
Ma soprattutto Spa ha dimostrato che i piloti sono ancora “merce preziosa” da tutti i punti di vista. Intanto ha permesso di ritrovare il “disperso” Kimi Raikkonen - “complice” una macchina senza problemi - e ha mostrato svariate lezioni di pilotaggio. Innumerevoli le occasioni in tal senso: perfino un pilota neofita (giusto per la F1) ma “solido” come André Lotterer l’ha fatto vedere, scattando male ma interpretando a meraviglia la prima curva issandosi poi quart’ultimo (con una Caterham, eh) in poche curve. Peccato sia durato solo 2 giri… E se vogliamo pure Kevin Magnussen - al netto dell’esagerazione da panico difensivo a Kemmel - ha dato un bell’esempio di come si possano fare bene le spalle larghe anche quando hai dietro un “samurai” armato di tutto punto.

Meno ali, più spettacolo

Certo la McLaren è stata aiutata da una velocità massima superiore a quella della Ferrari, e questo porta ad un’altra dimostrazione di Spa: che offrendo elevate velocità, porta ad adottare ali scariche e quindi valorizza gli altri elementi di set-up (oltre ai piloti). Oltretutto, con i suoi lunghi rettilinei che però non vanno a detrimento delle curve tecniche, dimostra che nelle condizioni giuste certi elementi artificiosi come il drs diventano un sovrappiù. Dopotutto, quando Alonso è andato ad affiancarsi a Magnussen prima di venir accompagnato per prati, era stato esclusivamente per una buona scia (escluderemmo che fosse per maggior numero di cavalli…) perché entrambi avevano l’ala aperta. In più, con profili così scarichi, anche stare dietro a qualcun altro in curva è meno penalizzante, e proprio una “sequenza sacra” come quella di Eau Rouge più Raidillon l’ha mostrato più volte. Proprio il tempio del pilotaggio ha inoltre dimostrato che a contare non è solo la guida chirurgica, ma anche il cervello e di conseguenza la psicologia. Fin troppo facile parlare del sangue freddo e dell'esperienza necessari per sfruttare al meglio gomme e meccanica anche quando fra le Ardenne viene a piovere a rate. Aggiungiamo piuttosto che qui nessuno accetta di essere catalogato mediocre, e in questo senso ci può stare perfino la prova di muscoli di Rosberg, quando è stato all’esterno all’ingresso di Les Combes: tutto per “farsi vedere” da Hamilton, fargli capire che un buono scatto al via non era sufficiente per ritenersi il più veloce. Poi tutto è sfociato nel contatto che attribuiremmo proprio ad un eccesso di adrenalina, pur sapendo benissimo che, a seconda di come la si voglia vedere, rappresenta una manovra “furba” in tutte le varianti che questo aggettivo può prendere nell’occasione. La più soft delle quali è che Nico abbia mandato a Lewis un messaggio del tipo: “Non puoi pensare di fare sempre quello che vuoi, in pista”. Di quelle più hard, meglio non parlarne nemmeno.

Le crepe di uno squadrone

Il divertente è che ora, dopo il risultato finale compromesso a favore di Ricciardo, si parla tanto del “bene della squadra”. Ma quando mai in precedenza Hamilton ha dimostrato di dar peso a sofisticherie del genere? E non parliamo solo dell’Ungheria con le strategie ignorate (quelle che potevano portare alla vittoria della squadra, ops, pardon, di Rosberg) o la traiettoria egoista alla curva 2 nell’ultimo giro. Infine, con le reazioni “poco diplomatiche” indotte in Toto Wolff e Niki Lauda nei commenti a caldo, Spa ha dimostrato che probabilmente certe congetture su Rosberg “protetto della squadra” erano poco più di scuse. E che al cospetto di piste “vere” che non perdonano, anche squadre corazzate come le macchine da guerra tedesche possono mostrare le loro crepe. Perché, se vogliamo, in Mercedes stanno raccogliendo quello che hanno seminato: permettendo a uno dei due “monelli” di correre da egoista, non si possono lamentare se poi anche l’altro, il “bravo ragazzino”, arriva a fare lo stesso… Maurizio Voltini

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