Così i pit-stop a Singapore

Così i pit-stop a Singapore
Analizziamo le strategie di cambio-gomme nello scorso GP con l’aiuto delle infografiche Pirelli

24.09.2014 ( Aggiornata il 24.09.2014 12:55 )

Prima della gara di 61 giri (poi diventati 60 per limiti di tempo) sul circuito cittadino di Marina Bay, la Pirelli suggeriva di partire con una strategia improntata su tre pit-stop, cambiando le gomme al 20°, 36° e infine 51° giro impiegando sempre le supersoft a banda rossa tranne l’ultimo stint con le soft gialle, più dure ma anche più lente di qualcosa come un paio di secondi al giro. Questo anche perché tale strategia permetteva di adattarsi meglio a situazioni particolari, come l’ingresso della safety car. Che effettivamente si è verificato, confermando la statistica che vuole questo accadimento al 100% delle gare a Singapore. Ma non è stata l’unica “anomalia” in gara: infatti a causa delle temperature ambientali differenti (più basse) rispetto alle prove, i pneumatici hanno avuto un comportamento meno efficace, dimostrando di degradarsi più rapidamente del previsto, tanto che le prime soste per il cambio si sono avute già intorno al 10° giro (Sutil per primo all’8°). Bisogna anche considerare che la maggioranza dei piloti di vertice aveva a disposizione solo set di supersoft usate, in quanto le aveva sfruttate tutte nel corso delle qualifiche. Così qualcuno ha cominciato a variare la tattica, montando anticipatamente le gomme soft gialle, se non altro per verificare quanto effettivamente fosse il gap con le supersoft e soprattutto se non permettessero una tenuta molto migliore alla distanza. Parliamo di Vettel, Ricciardo, Massa e Bottas al loro secondo pit-stop, ma Perez, Magnussen, Kvyat e Button lo avevano già fatto al primo. Poi a scombinare ulteriormente le strategie è entrata appunto la safety car per il contatto fra Perez e Sutil, in un momento che è risultato “non ideale” un po’ per tutti, almeno se stiamo a sentire le dichiarazioni dopogara. Di fatto, molti ne hanno approfittato per il cambio gomme, visto che comunque si perde meno tempo rispetto alla sosta normale a gara non neutralizzata: sono stati Alonso, Perez, Raikkonen, Hulkenberg, Maldonado, Grosjean, Ericcson, Bianchi, Button e Sutil. Insomma, la metà dei piloti ancora in gara. A quel punto, anche perché “facilitati” dai ben 7 giri in regime di safety car, i piloti hanno provato se fosse possibile arrivare fino alla fine con il set di soft appena montato, lasciandosi ovviamente la facoltà di passare all’ultimo set di supersoft qualora le prestazioni fossero precipitate. Una tattica davvero giusta? Per rispondere a questa domanda dobbiamo lasciar perdere Hamilton, che ha vinto ma semplicemente viaggiava su un passo inarrivabile: ha tenuto le supersoft per ben 26 giri (nessun altro c’è riuscito, e a pari situazione Magnussen si è fermato a 20) e anche a gomme “finite” riusciva a girare praticamente 1 secondo al giro più veloce degli inseguitori. Se osserviamo la classifica finale, vediamo che i “secondi quattro” da Alonso 2° a Massa 5° si sono assicurati le posizioni di rincalzo proprio arrivando alla fine con le soft montate a circa metà gara. Addirittura Massa ha il record di percorrenza su questa mescola con ben 38 giri. Ma non si può nemmeno ignorare come Vergne e Perez siano stati autori di rimonte finite con ottimi risultati (6° e 7°) adottando strategie differenti. Il francese della Toro Rosso è quello che più si è avvicinato ai suggerimenti Pirelli, con tre soste al 11°, 24° e 44° giro, adottando anche un set di supersoft nuove (disponibile perché non era entrato in Q3 nelle qualifiche), effettuando la seconda sosta nello stesso momento di Alonso, montando le soft per ultime (16 giri con queste), ignorando la safety car e concludendo a una decina di secondi da Massa nonostante uno stop&go (il secondo gli è stato poi aggiunto sul tempo gara). Una gara maiuscola e stavolta non compromessa da strategie errate (come invece in Ungheria, per esempio). Molto strana l’alternanza gomme di Perez: partito con le supersoft, alla prima sosta ha montato subito le soft, tenendole per 14 giri e ripassando alle supersoft rosse appena prima di vedersi portar via l’ala davanti da Sutil. Nuovo pit-stop, in cui oltre a sostituire il muso gli hanno messo altre soft gialle, quindi ultimo cambio al 44° giro per concludere con le supersoft. Una tattica a quattro soste ovviamente condizionata dalle situazioni di gara, ma che gli ha pur sempre permesso di concludere 7° davanti a Raikkonen. Al finlandese è stata applicata una tattica del tutto simile a quella di Alonso, ma a limitarlo davvero è stato il fatto di essere finito dietro a Bottas che l’ha “contenuto” per tutta la seconda metà di gara, prima che gli cedesse una gomma posteriore all’ultimo giro. Il problema di Raikkonen era che non aveva la possibilità di attaccare realmente Bottas, a causa della nota tortuosità del tracciato che si sommava alla maggior velocità in rettilineo della Williams. Situazione simile in gara per Alonso: aveva i pneumatici leggermente meno usurati di Vettel e Ricciardo appena davanti al suo musetto, ma la scia offerta dal tedesco all’australiano gli permetteva di aprire l’ala mobile, e così anche in questo caso lo spagnolo non aveva la possibilità di attaccare alla fine dei rettilinei principali. Avrebbe fatto meglio a tenere le gomme supersoft (cambiate 7 giri prima) quando è entrata la safety car? Su questo si è molto disquisito. Saltando quel pit-stop, Alonso sarebbe rimasto 2° (posto guadagnato grazie al precedente tempestivo pit-stop) anziché passare 4° ma pochi metri più indietro in coda alla safety car e soprattutto alle Red Bull. Con i 7 giri poco influenti nel degrado gomme durante la neutralizzazione, è lecito pensare avrebbe potuto compiere altri 6-7 giri per poi montare le soft al 44°-45° giro, più o meno come ha fatto Vergne. Sarebbe servito? Ipotizzando che dopo il restart potesse guadagnare mediamente un secondo al giro o poco più sul duo Red Bull (sia nella fase con gomme supersoft contro soft, sia in quella in cui avrebbe avuto le soft anche lui ma molto più fresche) i 22 giri dopo la safety car gli avrebbero permesso giusto di riagganciarsi alle Red Bull a fine gara, nel più favorevole dei casi, visto che il passaggio ai box per il cambio gomma faceva perdere quasi 25 secondi qui a Marina Bay. Ora, con tutte le ipotesi e illazioni del caso, pensare che si potesse guadagnare molto più di 1” al giro sulle Red Bull equivale a dire che la Ferrari F14 T viaggiasse sugli stessi ritmi della Mercedes W05: e pare davvero poco verosimile. Sempre consci che stiamo sempre in pieno campo ipotetico, qualcuno ha obiettato che comunque, visto il risultato (ma già questo fa “senno di poi”), almeno si poteva azzardare una mossa coraggiosa che “forse” avrebbe portato ad un riscontro finale diverso. Però non dobbiamo dimenticare che a quel punto della gara anche decidere di passare alle soft era una scelta ardita, peraltro effettuata nel momento giusto per perdere il meno possibile, e soprattutto mirata addirittura a cercare di attaccare il primo posto di Hamilton, qualora avesse mostrato eventuali debolezze (sebbene poi non ci siano proprio state, anzi a quel punto si è visto realmente quanto margine avesse) nello sfruttamento dei pneumatici alla distanza. Insomma, per questa volta non sembra che quella di “non saper osare” sia una critica meritata per la Ferrari. Maurizio Voltini 2014-Formula-1-Singapore-Grand-Prix---Sezione03_1600px

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