Haas: piloti USA? Non a tutti i costi

Haas: piloti USA? Non a tutti i costi
Almeno uno dei due “candidati ideali” dovrà essere esperto, una guida per il team. In autunno l’annuncio

06.05.2015 ( Aggiornata il 06.05.2015 12:46 )

Yankee a tutti i costi? Ma anche no. Il team Haas ha ancora diversi mesi davanti prima di iniziare a intavolare le trattative giuste che porteranno alla coppia di piloti al volante il prossimo anno, con due punti cardine ben precisi: il primo è stato anticipato da Steiner nei giorni scorsi ed è legato all’”indipendenza” dalla Ferrari, partner tecnico importante, ma senza imposizioni nelle scelte del team; il secondo, riguarda quel campanilismo da non sbandierare a prescindere. Se il pilota statunitense avrà un potenziale interessante, allora potrebbe avere un sedile, altrimenti amen e avanti un altro. «Il piano è di avere colloqui chiari da agosto-settembre e in seguito annunciare i piloti. Tanta gente sta entrando in contatto con noi in questo momento, ma non abbiamo fretta, perché prima vogliamo capire chi è sul mercato, chi sta facendo bene e chi vorrà spostarsi», spiega ad Autosport Gunther Steiner. Per un team nuovo che si affaccia in F1, questa Formula 1 delle power unit, non basta ritrovarsi con un buon pacchetto, che sembra esserci, guardando i risultati Ferrari, servono anche interpreti che sappiano indirizzare lo sviluppo ed essere guida del team al di là delle prestazioni tra i cordoli. Almeno un nome “di peso”, con tanta esperienza, è essenziale. «I piloti vogliono vedere chi siamo al momento, si accorgono sempre più che stiamo facendo le cose giuste. Cerchiamo piloti americani, ma essere americano non darà automaticamente un volante: se sei bravo, bene. Altrimenti non sarebbe positivo per lo stesso pilota essere scelto solo per la nazionalità, non lo sarebbe per il team e il programma in generale, così come per il paese, perché sarebbe come dire: “Non ce l’hanno fatta”». Il profilo ideale è di fatto inesistente, diretta conseguenza di due mondi che non si sono mai parlati davvero, quello USA e la Formula 1, eccezion fatta per la scommessa vinta del Gran Premio di Austin. Ci sarebbe Alexander Rossi, ma ha il bagaglio di esperienza richiesto? No. «Quel che ci serve è qualcuno che ci guidi un po’, per capire dove siamo. Il team è nuovo, come tutto il resto, per cui se lanciamo nuovi piloti, in caso di problemi non sapremmo dov’è l’errore. Abbiamo bisogno di un punto fermo». Vuoi vedere che in Ferrari hanno qualcuno che fa al caso loro al simulatore e disposto a rispondere “Oui” a una chiamata? Fabiano Polimeni

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