F1, Ericsson e il coaching con Formula Medicine

F1, Ericsson e il coaching con Formula Medicine
La struttura del dottor Ceccarelli l’ha aiutato a lavorare sul profilo mentale e migliorare le proprie prestazioni
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10.09.2015 ( Aggiornata il 10.09.2015 14:55 )

Incassata la conferma in Sauber, Marcus Ericsson si racconta e spiega l’evoluzione che l’ha visto crescere nel corso della stagione. Una partenza non all’altezza dei risultati di Felipe Nasr, subito protagonista dell’exploit di Melbourne, poi un graduale processo di rivisitazione del metodo di lavoro e non solo, per l’ex Caterham. C’è anche l’aiuto di Formula Medicine, la struttura del dottor Riccardo Ceccarelli, alla base dei progressi dell’Ericsson pilota. A Monza ha conquistato l’ottava posizione e solo all’ultimo giro ha dovuto cedere la settima a un Ricciardo di rimonta, punti buoni comunque per accorciare le distanze nel mondiale dai 16 punti di Nasr, per lui che ne ha 9. «E’ stato un inizio di campionato molto difficile per me. La macchina era veloce, io non altrettanto. Essenzialmente ho modificato il modo di guardare all’intero week end e ho fatto affidamento sull’aiuto di professionisti, frequentando la clinica di Formula Medicine e lavorando su diverse aree», le parole del pilota svedese a O Globo Esporte. Oltre al lavoro fatto con l’ingegnere di pista al box, ha rivisto anche il profilo mentale, «adesso lavoro sul lato personale, resto concentrato su un obiettivo specifico. Le mie prestazioni non erano al livello che volevo e, soprattutto, di cui ero capace». E il dottor Ceccarelli spiega il cambiamento visto in Ericsson, andando però oltre, raccontando le difficoltà e le pressioni davanti alle quali si trovano i giovani piloti in particolare. «Adesso Marcus è più maturo mentalmente. I piloti si prendono responsabilità enormi e oggi sono molto giovani. All’improvviso realizzano che non solo il loro futuro ma quello dell’intera scuderia è nelle loro mani e, ripeto, sono molto giovani». Un programma, il Mental Economy Training, che Ceccarelli spiega come sia strutturato per consentire al pilota di tirare fuori tutte le risorse disponibili, sottolineando come non si tratti di trasformare un pilota lento in un campione, bensì di metterlo nelle condizioni di esprimersi al proprio meglio. Fabiano Polimeni

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