F1, Marko: piloti strapagati

F1, Marko: piloti strapagati
Macchine troppo semplici da guidare, anche i migliori giovani riescono ad andar forte. Lauda non è d’accordo

11.02.2016 ( Aggiornata il 11.02.2016 10:19 )

Quanto dovrebbe guadagnare un pilota di Formula 1? Secondo Helmut Marko, molto meno degli ingaggi attuali. Va detto che, per quanto i top driver raggiungano cifre da considerare faraoniche per i comuni mortali, le cose cambiano se rapportate con altri sportivi. Confrontando l’ingaggio annuo stimato di Alonso e quello di Floyd Mayweather, non c’è partita: 36 a 275, ovviamente in milioni di euro. «In linea di massima i piloti di oggi sono strapagati, per due ragioni. La prima è che esiste solo un piccolo rischio di incidente grave o fatale; la seconda, riguarda i giovani talenti come Verstappen o Wehrlein, che riescono facilmente a guidare senza sforzi queste macchine per 100 giri», spiega Marko a Sport Bild. Il fattore-rischio a ben vedere è solo una piccola parte da considerare nel determinare l’ingaggio. F1, Hamilton il pilota più pagato Piuttosto, in un libero mercato nel quale tutti vogliono accaparrarsi i servizi dei migliori, la partita si gioca sul piano economico e delle garanzie tecniche. Scandalizzarsi perché cinque piloti su 20 guadagnano dai 10 milioni di euro (Button) fino ai quasi 40 di Alonso, è esagerato. «In passato, anche Vettel aveva bisogno di prendersi delle pause, perché non era abituato alle grandi forze generate dalla macchina. Questo significa che sono più semplici da guidare oggi e i piloti fanno di meno», aggiunge il consulente Red Bull. Detto che non si può certo legare la retribuzione ai regolamenti tecnici che rendono più o meno veloci le monoposto, l’ingaggio dei piloti dovrebbe essere commisurato a “quante” attività devono compiere in macchina? Opposta è la visione di Niki Lauda, che ristabilisce un po’ l’equilibrio delle cose: «I piloti non guadagnano troppo. Non dobbiamo dimenticarci i proventi generati dalla Formula 1 ogni anno e quanto gli stessi piloti contribuiscano a ciò». Fabiano Polimeni

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