F1 Canada, analisi gara: il ritorno di Hamilton "classico"

Lewis più duro che mai su Nico, le belle gare di Bottas e Sainz, i problemi di Rosberg, Raikkonen e Ricciardo: i fatti più o meno evidenti di Montreal

Maurizio Voltini

13.06.2016 ( Aggiornata il 13.06.2016 00:14 )

Soli 9 punti in campionato dal "caro competitor", il leader Nico Rosberg: è questo ciò che conta veramente per Lewis Hamilton al termine del GP del Canada, vinto con una gara impeccabile dalla terza curva in poi. Non un errore né un minimo bloccaggio di ruote, anzi la possibilità di controllare il distacco su Vettel nella seconda metà di gara. Tanto da poter portare a conclusione vincente 46 giri sulle gomme soft e una strategia su una sola sosta che, guarda caso, è stata adottata efficacemente anche da Valtteri Bottas, ottimo terzo finale. Anche per il finlandese un risultato che deriva dall'abbinamento fra una guida eccellente ed una Williams dimostratasi molto efficiente sulle gomme soft; anche con Felipe Massa prima del malaugurato ritiro per surriscaldamento.

Verrebbe da parlare anche della strategia suicida adottata dalla Ferrari, ma a parte la fastidiosa sensazione di "sparare sulla Croce Rossa", l'analizziamo meglio a parte e a sé stante. Tuttavia, chi ci legge sa che ammettiamo sempre quando "è troppo facile fare gli strateghi a fine gara", ma in questo caso risulta davvero difficile ignorare come l'alternanza ultrasoft-supersoft-soft sarebbe stata sbagliata in ogni caso (già ragionandoci prima della gara) e come una volta di più si registri la scarsa flessibilità nell'adattarsi alle diverse situazioni di gara, specie in questa stagione. Vanificando così l'ottimo scatto al via di Sebastian Vettel e i suoi primi giri da leader.



Tornando al vincitore "reale", dicevamo "dopo la terza curva": anche stavolta infatti Hamilton ha fatto una partenza lenta, poi è stato "vittima" per la 300esima volta (a memoria…) di un sottosterzo alla prima curva che "casualmente" ha mandato fuori a ruotate Rosberg. Va bene le gomme fredde, però il sottosterzo è stato esclusivamente perché ha frenato tardi pensando solo a non farsi passare da Nico, fregandosene delle conseguenze. In questo non è diverso dal "solito Hamilton" che ha conquistato i titoli 2014 e 2015, e quel che conta per lui è che in questo modo ha scagliato il "caro competitor" (non me ne voglia Rosberg se sfrutto questa sua citazione) da un possibile 2° al 10° posto, al primo giro.

Da quel momento la gara di Nico Rosberg è stata un calvario: impelagato nel traffico, con le temperature alle stelle e il volante che sembrava un flipper luminoso, poi vittima di una foratura, con problemi di consumo e infine bloccato da un Verstappen in stato di grazia nel difendere con i denti il 4° posto finale, tanto da venir portato al testacoda alla fine del penultimo giro in un disperato attacco all'esterno. Dopo tutto questo, anche il pur non esaltante 5° posto finale ha un che di miracoloso.

E arriviamo a Max Verstappen, che sembra davvero aver recuperato l'equilibrio (e l'indubbia abilità) dopo la caotica gara monegasca. Qui si è dimostrato molto efficace fin dal via (anche nell'evitare il rientro di Rosberg alla seconda curva), abile nell'ottenere il massimo dalla macchina ma anche nel capire quando era il momento più adatto per rischiare. Perché se non aveva molto senso esagerare nel contenere Vettel a un terzo di gara, l'aveva ben di più la difesa decisa del 4° posto dagli attacchi nei giri finali di Rosberg. Difesa che peraltro è stata esemplare e mai davvero sopra le righe: ha tenuto spesso l'interno completamente nei rettilinei e in staccata, alla chicane e alla prima curva, senza però deviazioni isteriche e quindi in pieno ambito regolamentare.

Dietro a Verstappen troviamo quelli che apparentemente sono i "grandi sconfitti", almeno a confronto con i compagni di squadra. Cioè, oltre a Rosberg, anche Raikkonen e Ricciardo. Nel caso di Kimi però sarebbe ingeneroso non quantificare come la tattica Ferrari sia stata ancor più fallimentare nel suo caso, visto che il primo pit-stop l'ha fatto precipitare da 5° a 15° addirittura, con tutti i problemi del caso e a giustificare pienamente il distacco finale da Vettel (rientrato invece 4°). Per cui aver recuperato fino a 6° non è poi malaccio, e va considerato anche che si è trovato a dover difendere per diversi giri la posizione da un non certo accomodante Daniel Ricciardo. Il quale a sua volta è stato penalizzato da una spiattellata in frenata: è stato così costretto a sostituire le soft nuove del secondo stint con altre usate, con cui ha percorso 32 giri (49 totali su quel set). Crediamo ciò possa far capire meglio la sua gara meno brillante del solito, quando invece Verstappen ha potuto adottare una strategia più efficace (U-S-U).

Oltre a Bottas, fra quanti hanno condotto una gara consistente anche se lontano dai riflettori se non sporadicamente, mettiamo infine Nico Hulkenberg, Carlos Sainz e Sergio Perez, vale a dire i piloti che completano la top ten della gara anche se da doppiati. Soprattutto lo spagnolo è stato notevolissimo nel risalire dalla ventesima posizione in griglia, sfruttando peraltro bene la strategia U-S-U con le gomme. Quando invece la Force India stavolta non sembra aver brillato da questo punto di vista, e ciò con entrambi i piloti, nonostante la diversificazione di far partire Perez con le soft.

In ogni caso anche stavolta la gara di Montreal è risultata meno banale di quanto possa far pensare la vittoria del poleman, mostrando inoltre come sia facile sbagliare in queste "staccatone" quando ci cerca di dare qualcosa di più, e senza che sia entrata la safety car (solo una breve "virtuale" per la fermata in pista di Button) a scombinare le situazioni, né incidenti particolari, a parte quando Magnussen ha mandato in testacoda Nasr. Lo spettacolo sportivo non deve essere per forza cruento o artificioso, spesso basta la realtà delle corse.


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