Briatore: "Alla Ferrari serve un po' d'Inghilterra"

Secondo il manager, la scuderia dovrebbe dotarsi di una struttura in Inghilterra, per essere appetibile per i tecnici britannici. A Marchionne suggerisce: «Meno proclami, forse si vince di più»

Fabiano Polimeni

21.06.2016 12:55

E' un Flavio Briatore diretto, quello che analizza la situazione Ferrari dopo 8 gare. Dal clima di entusiasmo sul potenziale della SF16-H in inverno a una realtà dei fatti che vede Vettel terzo nel mondiale a 45 punti da Rosberg. Il manager cuneese, tra gli artefici dello sbarco della Formula 1 in Azerbaijan, suggerisce di percorrere una strada che a fasi storiche alterne si ripropone: «La Ferrari per vincere deve cambiare, ma non cambiare manager, perché di cambi ne hanno fatti tanti, deve internazionalizzarsi, avere della gente, è difficile che ci sia qualcuno che vada a Maranello. Non è dove qualcuno sogna di vivere, magari deve fare un'antenna tecnologica in Inghilterra».

A ben vedere non mancano i tecnici di talento e le strutture a Maranello, così come parlare di internazionalizzazione appare fuoriluogo nell'accezione classica del termine; è una visione da approfondire, quella di Briatore: «Sono stato 20 anni in F1 e le cose non succedono con i miracoli, ci vuole creatività, inventiva e materiale umano. In Inghilterra ci sono 10 team in un raggio di 60 km, Maranello è logisticamente lontana e paga dazio nel convincere qualcuno, i tecnici inglesi:  bisogna cercare di capire che la F1 purtroppo è in Inghilterra», rilancia in un'intervista radiofonica a La politica nel pallone.

«In questo momento c'è stata un'evoluzione tecnica molto forte, ma la vediamo dalle squadre inglesi: la Mercedes è tedesca ma dove fa la Formula 1 è in Inghilterra. Come Benetton e come Renault eravamo in Inghilterra, ho sempre detto che se fai champange è meglio trasferirti in Francia, se fai prosciutto va bene Parma, ma se fai la F1 almeno un'antenna tecnologica in Inghiterra la devi avere».

Vettel ringrazia Kimi e avverte le Mercedes

Baku ha sottolineato un divario molto ampio tra Vettel e Rosberg, in qualifica come in gara, limitato nella portata finale solo dal fatto che Nico ha gestito ancor prima che si arrivasse a metà gran premio e nell'economia di un mondiale non sarà quest'anno che si avrà un capovolgimento dei ruoli, tra favoriti e inseguitori: «Il distacco è enorme, ieri (domenica; ndr) c'era un problema di motore e di telaio. Su un circuito come Baku c'è più di 1" e non credo che Rosberg spingeresse completamente: quando hai 16-17 secondi di vantaggio devi solo guidare e portare la macchina nel garage, perché non ci siano problemi tecnici. Non è cambiata dall'anno scorso, quest'anno sarà uguale e con Mercedes ancor più forte, l'ho detto a inizio anno». Previsioni forse un po' troppo pessimistiche, perché su diverse piste la Ferrari ha risposto presente ed è stata in partita sulla prestazione pura, senza tralasciare il dettaglio di aver messo sotto pressione la Mercedes, situazione manifesta con i numerosi problemi di affidabilità che hanno afflitto quest'anno Hamilton e Rosberg, sconosciuti nelle ultime due stagioni.

Previsioni fosche accompagnate da un "suggerimento" a Sergio Marchionne, stimato per l'approccio con un mondo, quello della Formula 1, nuovo, ma nel quale sarebbe meglio fare qualche proclama in meno e lavorare per far parlare i risultati: «Marchionne ha un grande entusiasmo, ci ha messo la faccia, è molto difficile che un presidente di un gruppo importante come la Fiat metta la faccia. Lui pensa che mettendoci la faccia tutti dovrebbero fare meglio il lavoro, non credo che faccia mancare alcun supporto finanziario, ma il team ha la parte tecnica che è quella di quattro-cinque anni fa (in realtà numerosi si sono contati parecchi avvicendamenti negli ultimi due anni, a cominciare dall'addio di Tombazis e Fry; ndr). Marchionne è arrivato in F1 adesso, da due anni, il prossimo credo che magari si faranno meno proclami e magari si vince»

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Ferrari a parte, Briatore si è soffermato anche su quello che ritiene un evento di successo, il debutto della Formula 1 in Azerbaijan. Parla dell'evento nel suo complesso, al di là dello spettacolo sportivo in pista (minimo). Sottolinea il fattore chiave che dovrebbe essere al centro anche di altri appuntamenti e, con l'inaugurazione di un nuovo Billionaire a Baku lo scorso week end, inevitabilmente pone l'accento sul glamour: «Questo GP l'ho voluto io contro tutti, parlavano di diritti umani, poi però andiamo in Cina. C'era tutto un movimento molto positivo (richiama anche gli eventi a contorno, i concerti di Pharrell, Iglesias, Brown; ndr) che quando normalmente vai nei GP è tutto molto sgonfiato, belle ragazze e bei ragazzi in griglia». E il futuro oltre Baku? Quali nuove mete deve puntare la F1?  

«Adesso digeriamo Baku, non è stata così semplice negli ultimi 2 anni. Con calma ci saranno da sostituire certi gran premi che non hanno il glamour, ci sono 5-6 GP che non hanno nessun senso, poi bisogna avere gran premi vintage, Monza, tornare a Magny Cours»

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