La Formula 1 alla conquista del West (digitale)

Al GP di Singapore il nuovo presidente della F1, Chase Carey, ha anticipato il futuro del Circus: digitale e globale

Francesco Colla

19.09.2016 14:53

Durante il weekend di Singapore, nello sfavillante paddock di Marina Bay giravano due baffoni che sembravano appena usciti da un western. Il proprietario dei suddetti mustacchi è Chase Carey, nuovo presidente della Formula 1, nominato dagli acquirenti entranti di Liberty Media.

Tanto si è già detto sui dettagli dell’accordo e sul perché il colosso della comunicazione statunitense abbia acquisito da CVC il Circus, ma a Singapore il nuovo capo di Ecclestone (anche se per certi versi sarà anche il suo apprendista), ha approfondito le strategie che porteranno il Circus a crescere, modernizzarsi e ampliare i propri orizzonti.

Sul perché una società americana abbia comprato un carrozzone globale sì, ma fortemente radicato in Europa, Carey ha commentato: “Liberty ha radici americane ma il suo business è globale. E la F1 è uno sport globale. I tempi in cui si pensava in termini di regioni e continenti è finito. Gli Stati Uniti sono un’area di opportunità per lo sport, come lo è tutta l’America e anche l’Asia: noi crediamo che queste siano aree importanti di crescita e negli USA c’è un grande mercato non ancora coperto; forse non è stato coinvolto nel modo giusto in passato quindi noi cercheremo di farlo crescere. Questo è un obiettivo a lungo termine, ma molto importante”.

Ciò non significa per forza un maggior numero di gare in America (vedi il servizio su Autosprint n. 37) o in Asia, dal momento che non è nemmeno possibile allungare all’infinito un calendario che in questa stagione conta già 21 gare. Anche se la tentazione di portare il Circus sui grandi palcoscenici statunitensi sembra solleticare Carey: “E’ troppo presto per avere un piano preciso, tuttavia abbiamo un piano di sviluppo per l’America. Non voglio criticare gli sforzi fatti in passato ma la Formula 1 è un grande brand e ciò significa che devi essere presente in location come Los Angeles, New York o Miami e idealmente in tutte le grandi città del mondo!”

Resta da capire se i punti di forza della Formula 1 siano compatibili con la concezione di motorsport del pubblico a stelle e strisce. Tanto che lo stesso Ecclestone alla vigilia dell’acquisizione aveva commentato: Per sfondare nel mercato americano dovremmo correre là dieci gare, vendere i biglietti a poco e avere un sacco di stand di hamburger nei circuiti. Ma non sarebbe più Formula 1. Ma se rileveranno la baracca faranno quello che vorranno”.

Il baffuto manager (che in curriculum vanta anche un Mba ad Harvard) ha comunque le idee chiare: “La F1 ha tre punti di forza: le macchine e la tecnologia, i grandi campioni (“stars” nell’originale, Ndr) e i grandi eventi. Che insieme diventano una grande esperienza dal vivo”.

La prima sfida sarà trasferire questa esperienza ai milioni di persone che non sono mai andate a un circuito (anche per questione di cosi) con un approccio innovativo e al passo coi tempi di un’epoca digitale: “Porteremo la F1 a un nuovo livello e vedo l’opportunità di fare un passo in avanti, investendo in tutte le aree: rendendo i tracciati più emozionanti, investendo nel marketing creando la giusta connessione tra lo sport e i fan, investendo in nuove piattaforme, piattaforme digitali, realmente in grado di dare ai fan le informazioni che vogliono e traendo vantaggio da tutto ciò che questo sport è in grado di offrire”.

Questo passaggio è importante perché la comunicazione (prima telefonica, poi televisiva e infine digitale) è sempre stata il core business di Liberty Media. E se Carey, per sua stessa ammissione, non ha certo la competenza di Bernie in fatto di motori, è un guru dei media. E’ dunque lecito attendersi, anche  tempi brevi, una Formula 1 sempre più social ma non certo “free”. Because business is business.


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