Rosberg, lo stratega dalla faccia pulita ha battuto i pregiudizi

Il campione del mondo Formula 1 2016 non ha vinto il titolo per caso. E la vittoria forse si scrollerà di dosso l'etichetta di eterno secondo

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Alberto Sabbatini

27.11.2016 19:06

È il secondo campione del mondo F1 figlio d’arte: Nico Rosberg. Diventato iridato di F1, guarda la coincidenza, vent’anni esatti dopo Damon Hill. Sono entrambi figli di campioni del mondo, Nico di Keke e Damon di Graham. Entrambi accomunati dall’immagine di “bravi ragazzi” troppo educati per essere cattivi e spietati in gara come si vuole da un campione di Formula 1. Rosberg è il campione dalla faccia “pulita”: gentile, educato, tutto casa e famiglia. Che non si atteggia a superstar come Hamilton; che non gira il mondo col jet personale ma viaggia per i GP europei con il “volo di gruppo” spartendolo con i colleghi piloti che vivono a Montecarlo: Coulthard, Ricciardo, Massa, Wehrlein, Hulkenberg. Sempre la comodità di un aereo privato è, ma noleggiato in gruppo per risparmiare. 

Per questo suo essere “troppo” normale, Nico Rosberg era sempre stato inviso a Ecclestone che preferiva come testimonial della F1 nel mondo una superstar come Hamilton, capace di risultare più magnetico e attraente per il mondo dorato internazionale della moda, del lusso, dello spettacolo; più adatto Hamilton di Rosberg (ma anche di Vettel) per far conoscere la F1 in altre realtà un po’ snob. Poi Ecclestone si è rappacificato con Rosberg nelle settimane scorse, auspicando la sua vittoria, tanto che Nico nel retropodio, preso dalla gioia incontenibile, ha sollevato in braccio il fragile 86enne Ecclestone abbracciandolo e strapazzandolo come un fuscello; dimenticandosi forse dell’età e della delicatezza fisica del boss della F1, l’ha stretto tra le braccia muscolose talmente con foga che ha quasi rischiato di spezzargli le fragili ossa.

Nico ci ha messo 11 anni e ben 206 GP - più di qualsiasi altro campione del passato! - a vincere il suo primo titolo mondiale. Quindi non dite che non sia meritato o sofferto. Ha debuttato in F1 a 21 anni ma solo ora, a 31 anni, è diventato un campione completo. Un ragazzo dalla faccia pulita, educato, che è cittadino del mondo e parla sei lingue: tedesco, inglese, italiano francese, spagnolo e finlandese. È capace di esprimersi nella lingua del luogo davanti ai fan sotto al podio di metà dei circuiti mondiali, da Monza al Messico, agli Usa, al Belgio. E questo gli ha facilitato le simpatie del pubblico. Se vogliamo, non possiamo nemmeno attribuirgli una nazionalità unica. Papà finlandese, mamma tedesca, lui è nato in Germania ma è cresciuto a Montecarlo e ha frequentato molto l’Italia. Un vero europeo piuttosto che un solo tedesco. Meno “latino” di Vettel, ma molto vicino agli italiani per cultura ed educazione. È uno di noi

I seguaci di F1 dell’ultimora vedono Rosberg come il compagno meno brillante di Hamilton o poco più. In realtà Nico è uno che i successi se li è sudati fin da ragazzo. Ha compiuto il primo test in F1 a soli 17 anni, uno dei più giovani di sempre; con la Williams F1 di Montoya. Certo, è stato privilegiato dal cognome perché guarda caso a quel test parteciparono lui e Piquet jr, due figli di campioni del mondo (con la Williams) e non si può non pensare che non sia stata una mossa promozionale del marketing Williams. 

Ma Nico Rosberg quattro anni dopo non si è trovato la strada per la F1 spianata per merito del cognome che porta, ma perché ha vinto sul campo il campionato di GP2, che è la palestra per i futuri piloti F1. Finché sulla sua strada non ha trovato Hamilton in Mercedes, Nico aveva sempre battuto tutti i compagni di squadra in F1 che ha avuto, dal 2007 al 2012: Wurz, Nakajima e un certo Michael Schumacher. Nei primi tre anni di Mercedes, dal 2010 al 2012, Nico è stato regolarmente più veloce di Schumi a pari macchina. Tanto che quando gli addetti ai lavori volevano giudicare il valore di Rosberg, si prendeva proprio a paragone il fatto che si era messo regolarmente alle spalle Schumacher. Uno Schumacher ormai anziano, ma sempre determinato, veloce e consistente. Eppure battuto senza difficoltà dal giovane compagno di squadra. 

Il rapporto con Hamilton è il più discusso e complicato. Nico fin dalle prime corse in kart ha diviso la vita e la carriera da adolescente proprio con Hamilton. I due sono sempre stati amici inseparabili, sulle piste e nella vita, finché non sono diventati compagni di squadra in F1 nel 2013. Allora la rivalità è esplosa e la gelosia sportiva ha cancellato tanti anni di fraterna amicizia. Nico ha aperto le porte di casa sua a Hamilton, racconta che lo ospitava spesso a dormire da lui. Ma solo Hamilton può sapere quanto abbia sofferto l’agiatezza e macerato invidia per quel ragazzo più ricco e fortunato di lui. Un ragazzo con un padre ex pilota cui veniva facile trovare contatti e stringere rapporti nel mondo delle corse per garantirsi un sedile nelle categorie minori; mentre Lewis, che era di famiglia umile, lo stesso rispetto e le stesse opportunità per correre doveva conquistarsele da solo sul campo.

Hamilton però ha avuto l’opportunità (grazie a Ron Dennis) di finire subito in F1 in una squadra vincente come la McLaren che gli ha permesso di lottare per il mondiale al debutto. Mentre Rosberg ha dovuto farsi la gavetta in F1 con una Williams che non era certo un’auto da podio. Però oggi tanti dimenticano che Rosberg, nel primo anno con Lewis come compagno di squadra in Mercedes, nel 2013, aveva battuto l’inglese per numero di vittorie a fine stagione: due contro una. La supremazia di Hamilton è arrivata solo dal 2014 quando c’è stato il passaggio al motore turbo ibrido.

Qualcuno dirà che il titolo più che vincerlo Rosberg, l’ha perso Hamilton. Ma non è vero. Perché Nico ha lottato con tutte le sue forze, usando la proprie capacità nel modo perfetto. Certo, le sue doti non sono le stesse di Hamilton. Lewis è certamente un pizzico più veloce di Rosberg sul giro secco. Lo pensano tutti. E lo dicono anche i numeri: è stato dimostrato dalle 12 pole che Lewis ha fatto quest’anno contro le 8 di Rosberg. Ma la forza di Nico non la velocità pura, è un’altra. È l’eccezionale consistenza. La determinazione; l’autocontrollo, la forza di volontà, la capacità di trasformare una sconfitta in forza positiva per risorgere più forte l’indomani. Mentre Hamilton rispetto a lui è un umorale spaventoso; è uno capace di crolli di concentrazione e di insicurezze leggendarie. Un esempio per tutti: a Montecarlo due anni fa, mentre era in testa e aveva la vittoria nelle mani, si fece condizionare dal vedere nel monitor in gara un pit stop imprevisto di Rosberg e volle andare anche lui ai box buttando via la vittoria. 

Toto Wolff, che i due li conosce a fondo, e che li ha definiti così: “Lewis è talento puro, Rosberg è dedizione e lavoro 24 ore su 24, sette giorni su sette”. È vero che Hamilton ha vinto 10 gare contro le 9 di Rosberg, ma come insegna la storia della F1 i mondiali non si vincono soltanto con le vittorie, ma con i punti “pesanti”. Come insegnava il “professore” Alain Prost che infatti di mondiali ne ha vinti quattro. Il padre di Nico, Keke Rosberg, vinse il suo unico titolo mondiale vincendo la bellezza di un solo gran premio quell’anno, nel 1982; Nico invece nella sua stagione iridata ne ha conquistati ben nove. Eppure nessuno sminuì mai quel successo “ai punti” di Keke Rosberg: perché non riconoscerlo ora con Nico?

È indubbio che in fatto di tattica Rosberg quest’anno è stato più maestro di Hamilton. Sapendo di non poter competere alla pari con Lewis sulla velocità, è stato abile a girare la sfida sul proprio campo: quello della regolarità di piazzamenti. Rosberg nel 2016 ha finito una gara in più di Lewis. Questo ha fatto la differenza. Hamilton si lamenta di aver perso il titolo solo per un guasto meccanico, quando in Malesia gli esplose il motore. Ma chi può dire con esattezza se non ci sia un po’ di sua responsabilità per aver stressato il propulsore nelle gare precedenti utilizzando a sproposito in corsa per difendersi da Rosberg il bottone magico da qualifica che varia la mappatura del motore? 

E non tiriamo in ballo eventuali complotti di team. Certo, alla Mercedes interessava anche vincere con un pilota diverso da Hamilton. Magari tedesco come il costruttore dell’auto. Ma da lì a dire che abbiano favorito Rosberg ce ne corre. Al contrario, la Mercedes ha cercato di ogni modo di metterli in identiche condizioni stabilendo strategie uguali; strategie che qualche volta sono andate a danno di Rosberg perché dei due Nico è sempre stato quello che aveva una migliore visione d’insieme della gara e poteva trarre più vantaggio da tattiche alternative.

Purtroppo Rosberg dovrà sempre fronteggiarsi con il luogo comune che porta molti a pensare che quando Lewis vince, è un fatto normale perché è più forte; mentre se è Nico a vincere, si dice che avviene perché Lewis non era in giornata. Perché non riconoscere a Nico il merito? Ora forse il titolo mondiale cancellerà tutti questi pregiudizi e magari riequilibrerà i rapporti tra i due ex amici del tempo dei kart. 


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