Formula 1 Malesia, stavolta al box Ferrari non è riuscito il miracolo

Formula 1 Malesia, stavolta al box Ferrari non è riuscito il miracolo©  sutton-images.com

Per sostituire il motore di una monoposto 2017 servirebbero quattro ore: prima delle qualifiche di Sepang i meccanici di Maranello hanno ripetuto sulla macchina di Vettel il miracolo di Barcellona. Ma ha ceduto il collettore tra motore e turbo

Alberto Sabbatini

30.09.2017 14:46

Quel maledetto terzo motore, verrebbe da dire. Non è la prima volta che la Ferrari viene lasciata a piedi fra prove libere del sabato mattina e qualifica da un guasto al motore oppure ad uno dei suoi componenti. Era già successo al GP di Spagna a Barcellona. Ma quella volta - era il 13 maggio - i meccanici del Cavallino fecero un mezzo miracolo riuscendo a sostituire il propulsore sulla Gina di Vettel in meno di due ore, fra le 12 e le 14 del sabato. Più o meno quello che hanno dovuto fare anche in Malesia oggi dopo la panne elettrica delle libere-3. Ma stavolta il lavoro di montaggio del propulsore 062H non è andato a termine nel modo migliore. E sempre del terzo motore, guarda la coincidenza, si tratta. 

In Spagna il motore delle prove libere, il n.2 accusò una perdita d’acqua e si preferì montare il n.3 per le qualifiche. In Malesia è stato il n.3 che durante le prove del sabato mattina ha accusato difetti elettrici e ha spinto la squadra a sostituirlo con il 4, il cui turbo però ha smesso di funzionare appena uscito dai box per le qualifiche. Dopo aver di nuovo smontato la monoposto, in serata, si è scoperto che a cedere stato un collettore di collegamento fra compressore e motore. E pressione extra generata dal turbo non arrivava quindi al propulsore. 

Purtroppo all’origine del problema c’è sempre il fattore-tempo. Per sostituire un motore F1 completo di accessori su una monoposto servono quasi quattro ore lavorando con calma e tranquillità. È la complessità intrinseca del fissaggio di tutti gli accessori del propulsore che richiede così tanto tempo. I meccanici Ferrari, sia in Spagna che in Malesia, hanno dovuto farlo in meno di due ore; e benché i ragazzi di Maranello sappiano lavorare con una velocità e sincronia disarmante, si tratta sempre tempi tecnici che non si possono accorciare a piacere. Nella fretta, magari, basta una vite avvitata male, un connettore mal fissato a provocare un guaio. Oppure, come probabilmente è capitato in questo caso, è colpa di un pezzo difettoso che ha deciso di smettere di funzionare dopo pochissimi chilometri. 

La colpa è della complessità delle power unit ibride moderne. Che sono più problematiche dei vecchi V8 o V10 aspirati di tanti anni fa. Un motore aspirato come quello degli Anni Duemila pur grosso e pesante, era però molto più semplice dal punto di vista costruttivo dei turbo ibridi attuali. Ed era più facile da assemblare al telaio. Ci volevano 45 minuti, al massimo un’ora contro le due o tre ore di oggi. Si trattava di un pezzo unico, formato da basamento più cilindri e testate, cui dovevano essere attaccati soltanto i tubi di scarico e i condotti dell’acqua per il radiatore. Una power unit turbo ibrida attuale invece è composta da quattro pezzi ben differenti, ingombranti e complicati da amalgamare tra loro. Che la Fia identifica con diverse sigle perché la cui sostituzione non è libera ma vincolata a un numero massimo di volte. C’è il motore termico vero e proprio, ovvero il blocco del V6 con i suoi cilindri e i suoi pistoni, chiamato ICE (Internal Combustion Engine); c’è il gruppo del turbocompressore formato dalle due giranti (compressore e turbina); c’è il sistema di recupero di energia dalla girante del turbo, chiamata MGU-H (generatore di energia dal calore); poi c’è il motore elettrico che recupera l’energia cinetica nelle frenate (MGU-K); quindi c’è una complessa centralina elettronica e le batterie dove viene immagazzinata l’energia elettrica. E decine di chilometri di cavi di ogni genere, dimensioni e colore per distinguerli tra loro, che collegano tutti i sistemi. 

Montare un nuovo motore da zero sul telaio richiede veramente quattro ore di lavoro da zero per collegare ogni cavo e connettore; perciò per essere pronti a ogni evenienza nel week end del GP, le squadre di solito tengono pronto un motore di scorta già pre-assemblato con vari componenti (turbocompressore, MGU-H eccetera) per montarlo più in fretta sul telaio in caso di imprevisti tra un turno di prove e l’altro visto che il tempo scarseggia. È quello che ha fatto la Ferrari tra le 12 e le 14 di sabato in Malesia. Accusata la panne elettrica sul motore n.3, si è cominciato in fretta a smontarlo per montare sulla Rossa il motore n.4 con già alcuni accessori montati.

Ma in questa strategia esiste un punto debole: siccome ogni pezzo (ICE, MGU-H, MGU-K, batteria, turbo) ha una vita propria e può durare un numero differente di GP, i team incrociano i vari componenti durante l’anno. E non sempre ci sono tutti pezzi “freschi” a disposizione. Così sul motore n.3 con cui Vettel ha iniziato le prove libere in Malesia - che è quello che ha accusato problemi elettrici - era stato montato il turbo n.4 più fresco; perciò sul motore di scorta nuovo, il n.4 che era stato portato solo in misura precauzionale, era stato collegato un turbo usato, il n.2. Tanto non ne era pianificato l’uso. Quando si è reso necessario, i meccanici di Vettel, sono riusciti ad eseguire il miracolo di sostituire il motore sulla monoposto di Seb fra le FP3 e le qualifiche e l’hanno rispedito in pista in tempo. Purtroppo dopo due km si è manifestato il calo di potenza che ha costretto Vettel a rientrare ai box. Un guaio dovuto non certo al motore che era nuovo di zecca, ma al turbo che ha smesso di funzionare. Un collegamento difettoso o più probabilmente un’avaria alla turbina/compressore che era usata. 

Vettel dice di non credere a fortuna o sfortuna. “Le corse sono fatte così”, spiega. Nel senso che ci può essere sempre un imprevisto in agguato e a volte non ci si può far niente. O meglio, una cosa in questo caso ci sarebbe: bisognerebbe cambiare il regolamento che prevede due sole ore di intervallo fra prove libere e qualifiche al sabato. Uno spazio di tempo che è uguale da venticinque anni, quando le F1 correvano con i motori aspirati che si potevano sostituire anche in 45 minuti. La maggior complessità delle unità turbo ibride richiederebbe invece di portare l’intervallo fra libere e qualifiche ad almeno 3 ore. In assenza di questo, bisogna confidare soltanto sui miracoli dei meccanici. Ma nelle corse a volte tutto “gira” bene, a volte invece qualcosa va storto. La Malesia già nel 2016 aveva rovinato il mondiale ad Hamilton azzoppato in gara da un guasto al motore; speriamo che lo stesso difetto al motore non abbia completamente compromesso la potenziale rimonta di Vettel in campionato. 


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