A Jabouille mancò la fortuna, non il valore

A Jabouille mancò la fortuna, non il valore

Il francese, scomparso giovedì, era veloce ma poco baciato dalla buonasorte

03.02.2023 17:59

Se n’è andato a ottant’anni, dopo una lunga malattia, Jean-Pierre Jabouille, meglio noto per essere stato il primo pilota a portare al successo in F.1 il motore turbo. Noto, ma fino a un certo punto. Perché quel giorno, il 1° luglio 1979, il mondo, già pronto a festeggiare la Renault nel dominatissimo Gp di Francia a Digione, improvvisamente e inaspettatamente si trovò di fronte a ben altro spettacolo naturale, altro che la cometa di Halley, ovvero il duello tra Gilles Villeneuve e René Arnoux su Ferrari. E fu così che, per una delle rare volte nella storia del Motorsport, il secondo e il terzo al traguardo oscurarono e impallarono implacabilmente il primo, ovvero il povero Jean-Pierre, che non poteva ricevere danno peggiore da quell’epica concomitanza. Ovviamente, come si diceva nel film “L’uomo che uccise Liberty Valance”, tra la cronaca e la leggenda, si stampa e si ricorda solo la leggenda. E l’impresa di Jabouille rimase, per quel giorno e negli anni a venire, quasi totalmente oscurata dal duello più bello nella storia delle corse moderne.

Pazienza, non fu la prima volta. Da lì in poi il motore V6 della sua Renault era assai cresciuto e per un anno e mezzo Jabouille finì al comando nella maggior parte delle corse disputate, ma, puntualmente, sul più bello, qualcosa si rompeva e andava storto, tanto che lui, alla fine, era più ricordato come perdente che non quale pervicace e meritevole battistrada.

Un destino cinico e immeritato, visto che Jean-Pierre Jabouille era un fior di pilota, velocissimo in prova, consistente in gara e in genere privo di errori o sbavature e avrebbe meritato dieci volte di più nel computo finale delle vittorie. Le quali in F.1 restano solo, due, visto che a Digione 1979 si aggiunge solo Austria 1980, successo ottenuto con un’eroica resistenza, visto che le sue gomme stavano andando in pappa. Ma quella volta JPJ riuscì a tenere duro al comando e a vincere ancora, stavolta di un soffio.

Era stato uno che aveva fatto tanta gavetta, debuttando in F.2 nel 1968 con la Matra e arrivando al titolo solo nel 1976 con l’Elf 2J che aveva praticamente sviluppato e realizzato lui. Quindi sul più bello, a fine 1980, il crash il Canada nel quale riporta gravi fratture agli arti inferiori, tali da minare per sempre le sue capacità di guida. Infatti il ritorno nei Gp l’anno dopo, al fianco del cognato Jacques Laffite, alla Talbot, fu deludente e di breve durata. Da lì l’addio alla F.1 e il ritorno in auge a fine Anni ’80 in seno alla Peugeot, prima come tester e pilota endurance e infine Turismo, per prendere il posto al timone, al momento della partenza in direzione Ferrari, di Jean Todt.

Complessivamente, al di là dei due Gp vinti e del titolo Europeo F.2 1976, JPJ avrebbe meritato molto di più, da pilota valido e tester sopraffino che era.

Salut, Jean-Pierre.


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