La Ferrari sprofonda in un weekend da tempesta perfetta, mentre Verstappen si conferma valore aggiunto per una Red Bull costretta a vedersela con Mercedes e soprattutto McLaren, ormai in gran forma da 4 GP
Bisogna tenere presente una cosa: né Monaco né Montréal sono state un’allucinazione collettiva. Sono state, entrambe, la faccia opposta di una squadra capace di passare in due settimane dalla più grande euforia ad un doloroso risveglio, ma sono comunque facce appartenenti alla stessa medaglia. La Ferrari non aveva il titolo in pugno dopo Montecarlo, non è una squadra allo sbando dopo il Canada. È, semplicemente, una squadra che sta lavorando per essere al top, nella consapevolezza di non esserci ancora.
È inutile infierire con le parole sul peggior weekend che si potesse immaginare. Il GP del Canada per la Ferrari è stato un disastro ferroviario, inatteso e per certi versi inspiegabile tanto è stato brutto. Le spiegazioni arriveranno, devono arrivare, partendo dalla cognizione che è stata una serie di cause negative (rigorosamente da non definire sfortunate, e sottolineiamo il “non”) a provocare la tempesta perfetta.
Di sicuro qualcosa è mancato nella lettura della pista, perché dopo venerdì McLaren e Ferrari erano molto contente delle prime prove, ma mentre la McLaren è rimasta al vertice la Rossa è poi scomparsa nei due giorni successivi. La qualifica è stata pessima ed è stato il momento di svolta in negativo del weekend: la SF-24, tornata a competere su un tracciato dalle basse temperature, si è ricordata di non tollerare le basse temperature e non è mai riuscita ad “accendere” la gomma, condizione che ha dato a Leclerc e Sainz una macchina con poca aderenza. I due piloti hanno avuto tante difficoltà a centro curva, dunque dove l’aderenza si sente di più, senza avere fiducia né in frenata né in accelerazione: c’è inoltre da ricordare che la SF-24 è stata formidabile in trazione solo a Monaco, dove si gira con assetti molto particolari, mentre nelle prime gare dell’anno non era mai stata la prima della classe in uscita dalle curve lente. Non è un controsenso con Monaco: basta solo ricordare che la tappa del Principato è particolare e priva di un vero “doppione” nel corso dell’anno, per cui ciò che si vede in Costa Azzurra non sempre si rivede da altre parti, e la trazione a fionda che la SF-24 aveva avuto due settimane fa a casa di Leclerc per il momento è più un’eccezione legata a Montecarlo piuttosto che una regola.
Nella giornata di domenica, invece, i problemi sono stati altri. In primis, quelli legati all’affidabilità: è così che Leclerc è rimasto invischiato nel traffico. Nelle prime fasi di gara, con il Drs non attivabile, Charles perdeva una media di 8 decimi al giro (parole di Vasseur) per il guaio al motore ed in quelle condizioni era letteralmente impossibile passare. Il team sperava in una bandiera rossa, perché in quel caso avrebbe potuto effettuare il “power recycle” necessario per riportare la Pu a piena potenza; non avendo questa occasione, la squadra ha poi dovuto farlo ai box, e lo ha fatto non nella sosta del giro 25 ma quella del giro 28 (resta un piccolo mistero sul perché non sia stato fatto subito), in regime di safety car, quando si è deciso, dal momento che con il power recycle Charles sarebbe finito comunque in fondo, di azzardare la gomma slick, la hard: la mescola più dura, anche se ben più difficile da mandare in temperatura, era l’unica che in quel momento in caso di asciutto avrebbe dato la possibilità di arrivare fino in fondo. Di lì a poco invece ha ripreso a piovere, Leclerc è stato costretto ad una nuova sosta ed a quel punto aveva oltre un minuto di distacco dal penultimo in gara, Zhou, ed era già doppiato. Il ritiro è stata l’unica soluzione per un pilota che, proprio per il guasto al motore, nella prima parte di gara era stato costretto ad un super lavoro sul volante per aggiustare i manettini in modo che il problema non peggiorasse.
Una brutta notizia per la Ferrari è stata però quella di un Sainz che, seppur senza problemi al motore, non riusciva neanche lui ad emergere nella prima fase di gara, quando senza l’ausilio del Drs era complicatissimo sorpassare. Questo a conferma di una SF-24 comunque non all’altezza, che poi è sprofondata anche con Sainz: dopo essere rimasto bloccato nel gruppo, Carlos ha tamponato Bottas ed ha rimediato un danno ad ala anteriore e fondo, con una perdita stimata da Vasseur in 20 punti di carico (tra i 6 e gli 8 decimi a giro, sempre secondo il francese). Con l’asciutto lo spagnolo ha provato ad andare oltre i limiti della monoposto danneggiata, ma ha chiesto troppo: è finito in testacoda ed Albon, impossibilitato a schivarlo, ha fatto il resto.
Mettendo da parte qualche sbavatura dei piloti, sovrastati dalle difficoltà della vettura, in Canada la Rossa ha avuto la certezza di avere qualche problema di troppo. A livello di prestazione sabato è mancata la macchina, e pure nel corso della gara non ha fatto faville, vivendo una giornata lontana dalle ambizioni di rimonta che comunque c’erano dopo le qualifiche; tuttavia il GP ha aperto un grosso dubbio anche riguardo un altro aspetto, quello legato all’affidabilità. Leclerc, dopo la corsa, lo ha ammesso: non è ideale ruotare così tanto i motori, significa che qualche preoccupazione c’è. Le analisi di Maranello chiariranno tutto quanto, ma di sicuro il Cavallino Rampante lascia il Canada con più dubbi che certezze.
Adesso a Maranello non serve assolutamente buttare tutto quanto fatto di buono quest’anno, perché sarebbe sbagliato. Serve sempre equilibrio e lucidità nei giudizi, sia dopo le grandi vittorie sia dopo le grandi sconfitte. La Red Bull con Verstappen è fortissima, la McLaren in questo momento è più completa: gli avversari sono questi, e per batterli servirà essere perfetti. Per far progredire le classifiche, invece, serve minimizzare i danni nelle domeniche più difficili: in Canada la Ferrari non lo ha fatto, per il bilancio finale più rosso che potesse esserci.
Vasseur analizza la domenica nera della Ferrari
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