Dall'acquisto del team in poi, Lawrence Stroll ha fatto investimenti pazzeschi sia nelle infrastrutture che nel personale: con Newey sulla carta il team è una corazzata. Serve l'ultimo passo, il più difficile: diventare squadra
Lasciare Mercedes significa doversi fare in proprio anche le parti che oggi la AMR24 eredita dalla W15, ed ecco perché rafforzare l'ufficio tecnico era fondamentale. Ai già arrivati Dan Fallows (gran pezzo da 90 in Red Bull) e Luca Furbatto (bravura ed esperienza parlano per l'italiano), si sono aggiunti quest'anno Enrico Cardile ed Adrian Newey, oltre che Andy Cowell, nuovo CEO nonché "padre" delle prime power unit Mercedes. Con lui, la squadra ma soprattutto il reparto motori potrà contare su un nome di primissimo piano. Ovviamente, in tutto ciò, non sono mancati i colpi nel mercato piloti: prima è arrivato Sebastian Vettel, dopodiché è stato Fernando Alonso il campione scelto per affiancare Lance Stroll. Diventare attrattivi anche per dei campioni del mondo è stato un altro passo verso la crescita, perché per creare una mentalità vincente servono anche persone vincenti in più ruoli. Ed oggi, Aston può sognare in grande per il futuro: il desiderio è niente meno che Max Verstappen, che oltre alla instabilità in Red Bull ha nella Honda ed in Adrian Newey due vecchie conoscenze e due buoni motivi per dare credito alla scuderia di Lawrence Stroll.
Marko, Red Bull e le occasioni mancate: Norris, Alonso e la PU Mercedes
Arrivati fin qui, con questo lungo elenco di investimenti e grandi nomi, direte voi: sì, ma perché allora Aston Martin in pista stenta? Beh, la risposta è piuttosto semplice: perché in F1 ci vuole tempo, niente si inventa dall'oggi al domani. Le scuderie hanno bisogno di amalgamarsi, di diventare squadra e di non essere solo un gruppo formato da individui, e sarà questa la grande, grandissima sfida della Aston Martin che verrà. Oltre alle qualità umane, serve poi organizzazione: perché le grandi squadre che sono rimaste solo un covo di grandi nomi ma senza collante tra loro poi non hanno mai vinto, in nessuno sport.
La prima Mercedes, ad esempio, fu protagonista di un mercato di tecnici straordinario, ma nel primo quadriennio raccolse poco o nulla in rapporto agli investimenti. La Toyota di inizio millennio, invece, spiegò a tutti perché non si vince con i soldi: spesero tanto e raccolsero pochissimo, ritrovandosi poi a dover chiudere i battenti. Spesa non significa resa, perché i soldi non basta averli, ma vanno saputi spendere. Ci sono, dunque, due grandi moniti per la Aston Martin nella storia più o meno recente della F1. Il processo di sviluppo del team finora è stato eccelso, così come le mosse sul mercato. Ora serve l'ultimo passo, quello più difficile: diventare squadra. E rispettare l'obiettivo di Lawrence Stroll: arrivare, al termine del quinquennio, sul tetto del mondo.
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