GP Bahrain: i 5 temi del fine settimana

GP Bahrain: i 5 temi del fine settimana© Getty Images

Un inizio duro per la Ferrari, impotente di fronte ad una Red Bull apparsa perfetta; gode Alonso con una Aston rivoluzionata e scappata da un midfield mai così compatto

06.03.2023 ( Aggiornata il 06.03.2023 12:10 )

Red Bulli

Qualcuno si aggrappa alle statistiche, altri invece si sono già rassegnati. Questi ultimi vengono chiamati disfattisti, anche se loro amano definirsi realisti o quantomeno ci tengono a non passare per illusi. Quelli invece che dicono che siamo solo alla prima gara, sembrano essere già molto pochi. Eppure è così: un GP è andato, ne restano 22 in questa stagione più lunga di sempre che tanto margine di recupero offrirebbe a chi parte inseguendo. Il problema però non è il tempo, quanto il divario: e questa Red Bull pare averne pure troppo. Almeno in determinate condizioni e almeno in determinate piste come quella del Bahrain. Sulla quale non c'è solo il degrado a spiegare un ritmo inavvicinabile per chiunque sul passo gara, quello che resta il vero terreno di caccia di una RB19 che dalla RB18 ha ereditato la sua dote migliore: quella di essere formidabile in gara. Con la paura che questa superiorità, netta nel Golfo Persico, possa ripresentarsi in tanti circuiti.

Certi timori li affronteremo più avanti, inutile fasciarsi adesso la testa. Ora, occorre solo prendere atto della prima fotografia della stagione, quella che mette la Red Bull un pezzo grosso così davanti a tutti. Se ci pensate, erano poche le squadre più che contente nella notte di Manama: Red Bull, Aston Martin e tutto sommato pure Alfa Romeo. Toh, mettiamoci pure la Williams. Per le altre, in primis Ferrari e Mercedes, l'umore era più nero della notte di Sakhir. Perché non ce n'è, al momento: ed anche se Jeddah e Melbourne sono piste diverse, sono troppo vicine in calendario per pensare ad un ribaltamento dei valori così rapido. In Arabia Saudita si corre tra due settimane, in Australia tra quattro: qualcuno già sussurra di portare pazienza almeno fino a Baku, in calendario per fine aprile.

Il Red Bullismo di Max Verstappen (ma anche di Sergio Perez, a ben vedere) è andato in scena soprattutto alla domenica. In qualifica, è stata pure una bella lotta: e Leclerc avrebbe avuto anche un'occasione per prendersi la pole, se avesse effettuato il secondo tentativo. Ma era una Ferrari già preoccupata per la domenica e di questo parleremo più avanti. Intanto, questa Red Bull: umana al sabato, aliena alla domenica. “In gara hanno trovato qualcosa, sicuro”, ha sparato ai microfoni Leclerc mentre gli altri completavano gli ultimi giri di un GP che per lui era già finito. Ma non lo diceva per alimentare il fuoco dei sospetti, no: sembrava più incredulità per una macchina che sul passo gara si trasforma. E quindi la domanda arriva naturale: che cos'ha, di speciale, questa RB19?

Partiamo dal presupposto che è un'evoluzione (raffinata, ma neanche tanto estrema) di una vettura capace di cogliere 17 vittorie in 22 gare l'anno scorso. Per cui, un'evoluzione di una base già eccezionale. Però siccome a Milton Keynes sono bravi a lavorare soprattutto sui dettagli, la RB19 pare un passo avanti sotto qualunque punto di vista: nessuna macro-area rivista, solo piccoli passi avanti in ogni direzione. Una su tutti, quella che non si vede: quella del peso. La RB18 del 2022 era partita ad handicap da quel punto di vista e pur “dimagrendo” non era mai riuscita ad avvicinarsi, secondo chi l'aveva sviluppata, al limite minimo, pur togliendo parecchi chili in corso d'opera. Quest'anno la RB19 invece è partita in forma smagliante da quel punto di vista, ricordando che un nuovo telaio a Milton Keynes lo aveva già pronto ad inizio autunno 2022, prima di decidere di tenerselo in magazzino per la questione budget cap (e tra poco arriviamo pure lì). La RB18 aveva poi una tendenza sottosterzante che un po' il lavoro del team, un po' le nuove gomme Pirelli hanno aiutato a risolvere (ma il miglioramento delle Pirelli esiste per tutti, mica solo per la Red Bull). L'aspetto in cui la RB19 sembra fare più la differenza, comunque, è quello delle altezze da terra: la RB18 girava più “alta”, sacrificando prestazione per avere altri benefici, come quello di avere sospensioni più morbide. Quest'anno, la RB19 gira più bassa trovando più prestazione aerodinamica, ma è un qualcosa che non sarebbe possibile senza una dinamica del veicolo adeguata: la loro forza dunque, in ultima analisi, potremmo definirla come una perfetta combinazione tra aerodinamica e meccanica, soprattutto sul versante della sospensione anteriore. Davanti, la Red Bull è l'unica, insieme alla McLaren (che però ha ben altri problemi), a disporre di una sospensione a tirante, o pull-rod che dir si voglia. L'elevata inclinazione dei bracci del triangolo superiore incrementa l'effetto anti-affondamento all'avantreno e permette di gestire al meglio le altezze da terra, con benefici anche al posteriore, dove si trova più trazione. Più una macchina è “bassa”, più produce carica e meno resistenza all'avanzamento avrà: in pratica, trovare qualcosa che permetta di girare con altezze da terra molto basse è il graal per un ingegnere in F1. Girare bassi ovviamente comporta dei rischi, perché è più facile incappare in impatti molto forti con il suolo che possono danneggiare la vettura (soprattutto nei punti più importanti, come telaio e serbatoio). In questo momento, Red Bull è l'unica che può girare così bassa (insieme all'Aston Martin) proprio perché ha trovato dei cinematismi alle sospensioni (perfettamente sposati con l'aerodinamica della sua macchina) che le permettono di avere un'altezza costante sull'asfalto ad ogni livello di carico grazie al lavoro combinato tra dinamica del veicolo e aerodinamica. Detta in parole povere, il sospetto è che la Red Bull abbia trovato un sistema, perfettamente legale, in grado di replicare in modo piuttosto fedele le funzioni delle sospensioni attive. Le sospensioni attive sono vietate, un sistema con effetti simili no: e questo potrebbe essere un guaio per gli altri. Questo bilanciamento pressoché perfetto dà ovviamente benefici oltre che prestazionali anche sulle gomme, che infatti si preservano molto bene nei long run. Rivelatore è stato lo stint centrale di gara: Verstappen e Perez, sulla soft, avevano meno degrado di tutto il resto della concorrenza che invece girava sulla hard.

Questa RB19 insomma è figlia di una RB18 che oltre che vittorie ha saputo portare insegnamenti. E a chi parla di budget cap, giusto sottolineare due cose: non sappiamo quante risorse Red Bull abbia già sfruttato a questo punto della stagione, ma sull'attuale modello tanti studi erano già partiti quando ormai era chiaro che i titoli del 2022 sarebbero finiti a Milton Keynes. Per cui, anche per loro, il lavoro sul 2023 è partito con un buon margine di anticipo sul finale del mondiale 2022. E per dare un'idea, la Red Bull nelle sue precedenti 18 stagioni in F1 mai era partita così forte, con una doppietta alla prima gara. Adrian Newey invece una cosa simile l'aveva vissuta solo tre volte nella sua lunghissima carriera: nel 1992 e 1996 con la Williams e nel 1998 con la McLaren. Nei primi due casi fu dominio incontrastato, e lo sarebbe stato pure nel terzo se solo alla Ferrari non ci fosse stato un certo Michael Schumacher. Comunque, alla fine di ciascuna di quelle tre annate, arrivarono due titoli: Piloti e Costruttori. Occorre affidarsi alle statistiche, sì: ma non a quelle di Newey, bensì a quelle che dicono che è dal 2016 che chi vince la prima gara poi non vince il mondiale. E in questo momento le statistiche sembrano le uniche avversarie di una Red Bull troppo forte.

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