Binotto e quello sfiancante far finta di niente

Binotto e quello sfiancante far finta di niente

Ha perso anche questo modo surreale e pervicace di negare problemi, lacune ed errori

28.11.2022 11:50

Premetto che non amo vedere chi spranga chi non può più difendersi e, tantomeno, chi infierisce su un uomo fino a poco prima potente e invidiato. In generale, è roba da vigliacchi e Mattia Binotto non lo merita affatto, non fosse altro perché incarnava apicalmente tutto ciò che restava a Maranello della gloriosa era Schumi e poiché senz’altro ha fatto tutto quanto poteva e pensava fosse utile realizzare per ottenere i migliori risultati possibili. Di più. Oltre che un bravissimo ingegnere, in più di un’occasione Binotto ha dimostrato d’essere una bella persona. L’ultima volta il 4 novembre a Maranello, quando s’è presentato ai funerali di Mauro Forghieri a titolo personale, senza griffe Ferrari addosso. Cosa che gli fa pieno onore. Però da qui a diventare buonisti, olianti, carezzevoli e fumiganti ce ne corre, visto che non è il caso neanche di tacere il rovescio della medaglia. E cioè risultati e comportamento di Binotto nell’esercizio delle sue funzioni.

Mattia Binotto, c'è l'addio alla Ferrari: non sarà più il team principal del Cavallino

Da un quarto di secolo a oggi, quindi dalla rifondazione Montezemoliana, Binotto è l’unico responsabile Ges a durare quattro anni di seguito in F.1 senza mai essere in lizza per il mondiale sino a fine del campionato. Quest’anno di fatto nella seconda metà dell’anno Leclerc è sparito dal radar iridato, con una serqua di piazzamenti, mentre Verstappen era sempre più dominatore e il viceiridato sembrava più Perez dello stesso Charles, con una F1-75 calante. A proposito di mondiali giocati sin quasi alla fine, Maurizio Arrivabene con Seb Vettel aveva senz’altro saputo far di meglio, prima che quest’ultimo, specie nel 2018, mandasse tutto a ramengo con errori mai visti prima a un ferrarista aspirante iridato. Ma torniamo a oggi. Binotto resta responsabile Ges da inizio 2019 a fine 2022, per un totale di 82 GP, dei quali la sua gestione ne riesce a vincere solo sette in quattro anni, con neanche due vittorie a stagione, di media. In confronto Stefano Domenicali, al timone dal 2008 al 2014, sembra Alfred Neubauer, con un mondiale Costruttori vinto nel 2008 e ben tre titoli Piloti sfiorati all’ultimo tuffo. E ben otto vittorie, cioè una in più di tutte quelle Binotto, già nella prima annata di Stefano al timone. Lo stesso Arrivabene aveva chiuso con 13 centri in quattro stagioni, quasi il doppio di Binotto. Ma nelle corse e nella vita mica si spiega tutto col pallottoliere. Anzi. Il guaio è un altro. Nel primo anno binottiano, il 2019, la Ferrari ha risultati stupendi con Leclerc, vincendo a Spa e a Monza, quindi con Vettel a Singapore: gare favolose. Ma c’è un problema. La Rossa entra nel mirino di più penetranti verifiche e da lì sulla vicenda cala un’imbarazzante silenzio, per niente chiarito dal verdetto finale. Il quale si limita  a riportare che tra Fia e Ferrari c’è stato un accordo con clausola di reciproca riservatezza.

Roba priva di precedenti, nella storia F.1, con le parti in causa che ritengono di non dovere dire e dare spiegazioni a nessuno, appassionati e tifosi compresi. Della serie, quando c’è da pagare biglietti e merchandising, devi stare pronto a versare bastimenti di denaro, ma tu, caro fan, non hai mica diritto di sapere cosa ha fatto la tua squadra di riferimento o come si è comportato il suo (e sportivamente tuo) responsabile della Ges. Silenzio e pedalare. E qui si inaugura il tratto distintivo più caratterizzante, inquietante e inaccettabile della gestione Binotto. L’essere al timone di una Casa di rilevanza sportiva (e commerciale, ovvio) planetaria, ma di non sentire alcun dovere di spiegazione, chiarezza e trasparenza dialogica nei confronti dell’opinione pubblica. Dall’affaire 2019, quindi dopo neanche una stagione, nasce questo stranissimo modo di gestire non solo il team ma anche il riflesso mediatico delle azioni portate avanti in pista e non solo. Come? In un modo incredibile. Ottenendo poco, sbagliando molto e facendo inesorabilmente finta di niente. "Dobbiamo capire", butta là Binotto la prima volta che le cose non si mettono bene, "Dobbiamo capire", ripete la seconda e al terzo “Dobbiamo Capire” il potentissimo responsabile Ges diventa per la prima volta nella storia ultrasettantennale della Ferrari oggetto regolare della satira di Maurizio Crozza, peraltro carina, sorvegliata e sottotraccia, che certe volte è Binotto, con le sue dichiarazioni del dopo corsa, a diventare il feroce inserto satirico di se stesso. Nel 2020 e nel 2021 Ferrari corre spompata da decreto e senza possibilità di combinare niente, quale punizione per quell’oscura porzione di 2019 vincente ma di dubbia regolarità? Binotto continua a fare finta di niente, piazzando una spassosa mitragliata di “Dobbiamo capire”, che mano mano nei bar e sui tram diventa una specie di buffo tormentone, ormai utilizzatissimo da parte degli italiani quando vengono incalzati da moglie o suocera e proprio non sanno come cavolo giustificarsi.

Verso la fine del malinconico biennio 2020-2021, Binotto inventa una specie di traguardino da scuola serale, coniando la favola esilarante della titanica sfida per il terzo posto Costruttori, che è come lottare nella vita per essere il terzo uomo che piace alla donna più amata, poi vantandosene pure. Essù. Infine arriva il decisivo 2022 e con esso ecco la meravigliosa F1-75, una delle Ferrari più belle e competitive mai viste. Bravo, Mattia, stavolta. Però le F.1 son come le piante: van curate e fatte crescere, sennò si seccano e ti cadono addosso. Ebbene, tempo metà stagione, e la vettura non vincerà più manco mezza gara. In compenso in squadra sbagliano un po’ tutti. L’affidabilità latita, i piloti non sono esenti da errori e il muretto, con apice a Montecarlo, a volte si indiustria a perdere gare già vinte riuscendo a consegnarle in mano altrui, con errori marchiani, scelte bizzarre e tattiche che ricordano un diabetico che per dormir sereno mangia vassoi di pasticcini.

E Binotto cosa fa? Interpretando meravigliosamente se stesso, continua a far finta di niente. Vive in un mondo tutto suo e argomenta che che non è giusto mettere all’indice il muretto. Assistere ai commenti del dopogara o leggere i comunicati è un’esperienza surreale, col capo della Ges a spiegare imperturbabile che tutto va bene e non c’è motivo di polemizzare. Ormai non è neanche la sconfitta o gli errori che fanno rabbia, ma indigna il teatro dell’assurdo messo in piedi per negare tutto, stilando bilanci ragionevolmente positivi anche quando appare chiaro che la Ferrari sa costruire stupende monoposto come la F1-75 ma deve ancora imparare a gestirle e a svilupparle, perché la macchina quest’anno merita 9 ma la squadra solo 6. Intanto Binotto parla di tutt’altro. A metà stagione il clima diventa incandescente tra Leclerc e Sainz? Lui continua a fare finta di niente. Ci sarebbe bisogno di rincuorare il monegasco, che sta vedendo scivolare via le speranze di contrastare Verstappen in fuga? Binotto gli mostra il ditino predicatore in mondovisione, tale e quale a sgridare l’unico pompiere il quale sta cercando di spegnere le fiamme che ti bruciano casa... Ma lui è così. Fa finta di niente. Quindi la Rossa ne fa di ogni. Ordina tattiche inspiegabili dal muretto? Monta le bianche quando non le monta nessuno? Mette gomme da pioggia in qualifica mentre ancora la pista è asciutta? Dai, ci può stare, no?

Tutti i quattro anni di Binotto sono così. La parte argomentativa, dialettica e consuntiva della responsabilità di comando, che è anche se non soprattutto mediatico obbligo di rendiconto logico, lui la salta quasi completamente, trovando una giustificazione pervicace e una frase fatta per qualsiasi magagna del team. Al punto che la tifoseria ferrarista si sente, se non ignorata, peggio: quasi presa per i fondelli o considerata mezza fessa. Ed ecco che la base comincia a provare per Binotto una sazietà mai avvertita per nessun altro capo Ges, neanche per Mattiacci a fine 2014. Perché, vedete, se c’è una morale in questa storia, riguarda il futuro e non il passato. E dice una cosa semplice. La Ferrari non può e non deve essere gestita così. Le situazioni, perfino quelle belle e premianti, vanno spiegate, didascalizzate. Gli errori ammessi. Le mancanze riconosciute. Chi pensa di non dover dare spiegazioni, si pone da subito contro chi invece sente di aver il diritto di averle. E questo vale per il Presidente Elkann ma anche per il più recente e fresco dei tifosi, perché la Ferrari non è conventicola,  loggia o elite di schifiltosi, ma un patrimonio di tutti, un’estasi popolare. Un bene culturale e sportivo nazionale. Per questo, a chiunque prenderà il posto di Binotto, sia almeno chiara la lezione: mai più far finta di niente. Qualsiasi appassionato può accettare di non vincere il mondiale, ma non d’essere ignorato. E chi di dovere, a forza di “Dobbiamo capire”, speriamo che almeno questo l’abbia capito.


  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi