Nel 2007 una speciale versione della Fiat Panda, ribattezzata PanDakar, prese parte alla durissima gara nel deserto di oltre 4mila km. Nel 2017, finalmente, la piccola Fiat riuscì ad arrivare al traguardo compiendo una vera e propria impresa

PanDakar, quando la piccola Fiat affrontò la gara più dura del mondo

24 gennaio 2003 - 24 gennaio 2023. Venti anni senza Gianni Agnelli sono una voragine dentro alla quale &egrave; scomparso un mondo. Quattro lustri famelici che si sono inghiottiti l&rsquo;impossibile, ribaltando vita e prospettive. Venti anni senza l&rsquo;Avvocato visti oggi sembrano un trapassato remoto che fa soprattutto riflettere se si pensa che lui ha sempre incarnato un modello di modernit&agrave;, sempre lanciato nel futuro. Rimettere insieme i pezzi del puzzle di questa irripetibile storia fa tornare indietro nel tempo. E per rimarcare la distanza basti pensare che il giorno in cui il Commendatore cedette la Ferrari all&rsquo;Avvocato nel 1969, la firma del contratto venne apposta al pianterreno della sede della Fiat in corso Marconi a Torino. Il Drake aveva le sue manie: mai preso un ascensore, mai preso un aereo.  Ferrari F2003-GA, la dedica vincente a Gianni Agnelli  Gianni Agnelli, il &quot;sovrano&quot; che sognava di fare il pilota  I suoi vezzi e le sue manie le aveva anche Gianni Agnelli, figura fondamentale del XX Secolo, paragonato a un sovrano, che in giovent&ugrave; era stato sfiorato dalla tentazione di dedicarsi alle corse: &laquo;S&igrave;, certo ne avrei avuto molta voglia, ma mi &egrave; sempre sembrato inopportuno per tante, ovvie ragioni&raquo;, raccont&ograve; in un&rsquo;intervista esclusiva concessa a Marino Bartoletti per Autosprint nel 1985. Che pilota sarebbe stato? Alla Lauda o piuttosto alla Villeneuve? &laquo;Non avendo mai potuto cimentare me stesso non lo saprei, sinceramente dire: magari sarei stato un pilota modestissimo&raquo;. Era Tazio Nuvolari ad accendere la fantasia dell&rsquo;Avvocato: &laquo;perch&eacute; era grande proprio nel periodo in cui io pi&ugrave; ammiravo i piloti&raquo;.   Confessava che vedeva solo la met&agrave; dei Gp del campionato e spiegava: &laquo;Vi sono delle corse di F.1 e delle partite di calcio in cui si verificano le condizioni nelle quali si creano forti emozioni che sollecitano l&rsquo;animo del tifoso. Ma ve ne sono altre noiosissime. Questo avviene in qualsiasi spettacolo sportivo&raquo;. Sottolineava su quali basi fosse strutturata in quel momento la collaborazione tra Fiat e Ferrari: &laquo;Sono innegabili i vantaggi in termini di immagine che derivano alla Fiat, e pi&ugrave; in generale al prodotto made in Italy dalla partecipazione alle corse da parte della Ferrari. Dal punto di vista del prodotto &egrave; per&ograve; proprio la Ferrari a beneficiare pi&ugrave; direttamente e in maggiore misura dai risultati dell&rsquo;attivita? sportiva. Siamo entrati nella Ferrari in un momento delicato della sua storia e siamo contenti di averlo fatto. Senza questo accordo la Fiat non avrebbe mai corso in Formula Uno&raquo;.   Infine rifletteva sul mondo dei Gp: &laquo;Non si possono investire decine di miliardi per progettare vetture sempre pi&ugrave; sofisticate e sempre pi&ugrave; all&rsquo;estremo delle conoscenze tecnologiche, senza avere poi adeguate garanzie di regolamenti chiari, fatti osservare e che siano effettivamente funzionali allo sviluppo della tecnica automobilistica&raquo;.   Sfoglia le pagine per continuare a leggere  &nbsp;  La passione per le corse di Gianni Agnelli  Quella dell&rsquo;Avvocato per le corse era una visione a tutto tondo. A iniziare dalla 24 Ore di Le Mans. Dopo due apparizioni da spettatore interessato nel 1968 proprio a Gianni Agnelli era toccato l&rsquo;onore di dare il via alla corsa nell&rsquo;edizione dove si celebravano i 60 anni dalla prima vittoria della Ferrari nel 1949 con Chinetti-Seldson e il modello 166. Scriveva in quei giorni il direttore Marcello Sabbatini su Autosprint: &ldquo;Sono tre anni consecutivi che l&rsquo;Avvocato viene a Le Mans. Stavolta il presidente della Fiat ha accettato l&rsquo;invito che gli organizzatori avevano anche fatto al solitario di Maranello di dare il via alla 24 ore francese, la piu? favolosa corsa automobilistica del mondo.  La visita di Agnelli al box dell&rsquo;Alfa Romeo e? stato uno degli episodi piu? significativi. &laquo;So che lei &egrave; amico di molti dei miei...&raquo;, ha detto il presidente della FIAT all&rsquo;ingegner Chiti. E poi ha aggiunto: &laquo;Peccato proprio quest&rsquo;anno per la Ferrari...&raquo;. Chiti ex di Maranello per qualche momento e? rimasto senza ribattere, poi ha annuito: &laquo;Peccato, peccato...&raquo;.   L&#39;avvocato e i Rally  E poi la passione dell&rsquo;Avvocato per i rally. &laquo;Dobbiamo far vincere qualcosa anche alla Fiat&raquo;. A met&agrave; degli Anni Settanta queste parole se le sente dire Cesare Fiorio direttamente dalla voce del padrone. &Egrave; in quel preciso istante che inizia a scriversi la storia da corsa della Fiat 131 Abarth mentre sulla scena del rallismo internazionale lo strapotere della Lancia Stratos &egrave; devastante. Quella vettura ha vinto tre titoli iridati di fila, rifilando sonori ceffoni alla concorrenza (a iniziare dalla Fiat), una superiorit&agrave; cos&igrave; schiacciante che ha messo in fuga le Case dal campionato.   A capo di tutto il settore Fiat e Lancia, Fiorio non pu&ograve; far certo orecchie da mercante: lui &egrave; abituato a giocare d&rsquo;attacco e prende subito la palla al balzo, spiegando che, visto che sono scappati tutti, &egrave; arrivato il momento di puntare sulla 131 Abarth. Diabolico come sempre il manager torinese aggiunge anche che l&rsquo;annuncio della discesa in campo della vettura va pure fatto da furbi, meglio se un giorno prima che inizi il campionato. Per dare vita al progetto Fiat 131 Abarth a Torino si sacrificano due vetture: una quasi direttamente nella culla (la X1/9) l&rsquo;altra ancora nel fiore dei suoi giorni piu? belli (la Stratos).  &laquo;Ho ancora la morte nel cuore quando ripenso al pensionamento ultra anticipato della Stratos. Diverso il discorso riguardante la X1/9, una copia della Stratos in declinazione Fiat, non serviva a fare i numeri se si voleva dar vita a una vera e importante operazione commerciale basata sulle vittorie nelle competizioni. Bisognava partire da un modello destinato a raggiungere cifre importanti nelle vendite&raquo;. &Egrave; il 1975 quando prende forma e consistenza il progetto di trasformare la berlina di casa Fiat destinata alle famiglie in belva da rally. Dal 1976 al 1981 saranno settantacinque le corse iridate alle quali prender&agrave; parte conquistando 18 vittorie, 46 podi e soprattutto tre titoli Marche, uno Piloti (con Walter Rohrl nel 1980) e una Coppa Fia Piloti (vinta da Markku Alen nel 1978) in un&rsquo;escalation clamorosa di successi non solo sulle prove speciali di tutto il mondo anche a livello commerciale.  Sfoglia le pagine per continuare a leggere  &nbsp;  Montezemolo Trait d&#39;union  A fare da trait d&rsquo;union tra Enzo Ferrari e Gianni Agnelli c&rsquo;&egrave; Luca Cordero di Montezemolo. &laquo;Insegna al ragazzo a fare qualche curvetta&raquo;, disse un giorno l&rsquo;Avvocato a Luciano Trombotto, pilota Fiat degli Anni Sessanta e controfigura di Vittorio Gassman nel film il Sorpasso. I rally in coppia con Cristiano Rattazzi, figlio di Susanna e nipote di Gianni Agnelli, sono una grande occasione perch&eacute; Montezemolo conosce l&rsquo;Avvocato appena ventenne. Nel 1977, all&rsquo;et&agrave; di 30 anni, arriva alla Fiat dopo aver lasciato la Ferrari alla quale era approdato nell&rsquo;autunno del 1973. A Torino diventa responsabile delle Relazioni esterne, nella stagione dello scontro sindacale. Rimane fino al 1981. Successivamente e? amministratore delegato della Itedi, holding delle attivita? editoriali del Lingotto che controlla anche la Stampa. Nel 1984 &egrave; pure Ad della Cinzano e cura l&rsquo;organizzazione di Azzurra nell&rsquo;America&rsquo;s Cup di vela.  &laquo;Agnelli mi chiam&ograve; in Fiat a riorganizzare le relazioni esterne. Poi a dirigere la Cinzano. E a lanciare l&rsquo;operazione Azzurra: un caso incredibile di marketing nazionale. I rapporti con l&rsquo;allora amministratore delegato Cesare Romiti? Abbiamo avuto alti e bassi. Non era una persona facile. Io poi ho dovuto pagare il rapporto stretto che avevo con l&rsquo;Avvocato. Per&ograve; fu Romiti, su suo input, a telefonarmi nel 1991, per propormi di tornare in Ferrari. Temevo mi volesse come direttore sportivo, e mentre parlava pensavo a una scusa per dire no&raquo;. E invece Montezemolo dice s&igrave; e a fine 1991 approda a Maranello e ribalta come un calzino la Scuderia.  Il carissimo Schumacher  &laquo;Quando prendemmo Michael per correre con la Ferrari dal 1996 l&rsquo;Avvocato Agnelli coni&ograve; il detto il caro Schumacher: caro ovviamente sotto due punti di vista&raquo;, ha spesso raccontato Montezemolo. All&rsquo;inizio dell&rsquo;era Schumacher un giorno l&rsquo;Avvocato Agnelli confess&ograve; di preferire il clima della vigilia di una corsa con le Ferrari, piuttosto che &laquo;la gioia e la mortificazione del luned&igrave; successivo&raquo;. E spieg&ograve;: &laquo;So benissimo che cosa capita dopo un GP. Quando vincono perdono la testa, suonano le campane da Trapani al Brennero. Ma quando perdono si mettono tutti a terra. E io devo spiegare, consolare&raquo;. Di Agnelli sono ancora ben impresse nelle memoria le comparsate ai box di Monza o Monte Carlo. La sua eleganza, i suoi commenti impastati di ironia e classe.  &laquo;Quando prendemmo Schumacher il primo anno ci furono diversi problemi sulla monoposto - ha raccontato ancora Montezemolo - A Magny-Cours si verific&ograve; anche un guaio nel warm-up. All&rsquo;inizio di agosto del 1996 i vertici di Fiat, ma non l&rsquo;Avvocato Agnelli, mi chiesero di allontanare Todt perch&eacute; dissero che se dopo aver speso tanto per prendere un pilota come Schumi ci si era ridotti a fare delle figurette voleva dire che chi comandava non andava bene. Mi volevano far prendere un ingegnere allora della Fiat. Io dissi che nel passato quello era gi&agrave; stato un errore perch&eacute; la Ferrari &egrave; un oggetto particolare sia per le corse, sia con le vetture dove il concetto di esclusivit&agrave; e di lusso &egrave; un tema da trattare con grande attenzione, con grande sensibilit&agrave;. Morale della favola: dissi di no, se va via Todt me ne vado anch&rsquo;io. Poi ci fu una duplice vittoria a Spa e Monza e allora tutti si resero conto che la squadra che avevamo messo in piedi era una macchina da guerra.    I miei due giorni pi&ugrave; belli alla Ferrari sono stati nel settembre del 1975 col titolo iridato a Monza e nell&rsquo;ottobre del 2000 quando conquistammo il mondiale con Schumacher a Suzuka. Vincemmo in maniera straordinaria. Nel 1975 sentii la grande commozione e i tanti ringraziamenti al telefono da parte di Enzo Ferrari; quella mattina del 2000 al telefono avvertii una forte, vera, profonda commozione dell&rsquo;Avvocato Agnelli. Rammento ancora che mi aveva chiamato tre giri prima della fine, io sempre molto scaramantico che gli dicevo &ldquo;Avvocato per favore, non dica niente&rdquo; e lui &ldquo;No dai &egrave; fatta, &egrave; fat-ta&rdquo;. Finita la gara fu veramente commosso. Due momenti straordinari&raquo;.   &laquo;Ho sempre avuto - disse Michael Schumacher nel giorno della scomparsa dell&rsquo;Avvocato - un profondo rispetto per lui, e per me incontrarlo &egrave; stato sempre motivo di grande orgoglio. Ogni volta mi colpivano la competenza e la curiosit&agrave; che aveva per la Ferrari, per la Formula Uno e per il calcio, e la sua sensibilita? per i problemi del mondo&raquo;. Gianni Agnelli venne subito omaggiato dalla Ferrari, che quell&rsquo;anno gli intitol&ograve; la monoposto di F.1 presentata il 7 febbraio, pochi giorni dopo il decesso dell&rsquo;Avvocato: quella rossa vinse il Mondiale con il nome di F2003-GA.  Sfoglia le pagine per continuare a leggere  &nbsp;  Quel ricordo di John Elkann  In un&rsquo;intervista rilasciata nel marzo del 2021 al direttore della Stampa Massimo Giannini, John Elkann ha ricordato la figura carismatica del nonno: &laquo;Ha vissuto un secolo molto complicato, senza mai sottrarsi alle sue responsabilit&agrave;. &Egrave; nato nel &rsquo;21, ha vissuto sulla sua pelle il fascismo e la Seconda Guerra Mondiale, la fine della monarchia e la ricostruzione, gli anni di piombo e il terrorismo, il boom degli Anni &rsquo;80 e Tangentopoli, il crollo della Prima Repubblica e le difficolt&agrave; della Seconda. Ma non ha mai perso la fiducia, il coraggio di affrontare a viso aperto le crisi e la volont&agrave; di superarle ogni volta. Anche nei momenti piu? bui. Intu&igrave; e disse prima degli altri che nel mondo dell&rsquo;auto sarebbero rimasti sei o sette grandi player globali. Oggi, con Stellantis, siamo uno di questi player. &Egrave; un traguardo importante, ma &egrave; un punto di partenza, sicuramente non di arrivo&raquo;.   E poi ancora: &laquo;&Egrave; stato un nonno vero, molto presente. Si interessava a noi e per noi era uno stimolo continuo. Amava la velocit&agrave;, e tutto si faceva pi&ugrave; veloce insieme a lui, era come se si passasse alla marcia superiore. Per bambini come noi essere presi in considerazione da un adulto era fantastico. L&rsquo;ultimo ricordo che ho di lui sono le sue ultime ore. Aveva una certezza: morire come aveva vissuto, in azione. Invece se n&rsquo;&egrave; andato nella sua casa in collina, nel suo letto, con sua moglie e noi accanto. C&rsquo;era silenzio, c&rsquo;era pace&raquo;. Il giorno del suo ultimo saluto fu allestito in fretta e furia un monovolume Ulysse per fargli fare l&rsquo;ultimo viaggio: tutte le agenzie di pompe funebri usavano delle Mercedes, gli fu risparmiato di andare al camposanto su ruote tedesche.  Gianni Agnelli e John Elkann, il senso di una tradizione 

Vent&#39;anni fa se ne andava Gianni Agnelli, personaggio unico e appassionato di auto e di corse. Dalla Formula 1 ai Rally, dalla Fiat a Schumacher, ecco il suo ricordo

L&#39;editoriale del Direttore: Gianni Agnelli, quanto manca l&#39;Avvocato!

Abarth, Fiat, Lancia, storie di motori e di uomini che hanno dominato il Rally con l&#39;orgoglio del Tricolore

Quando l'Italia era padrona del Mondiale Rally

Protagoniste esattamente come le monoposto delle scuderie, anche le &quot;auto di sicurezza&quot; hanno condizionato e spesso stravolto gli equilibri dei GP di Formula 1. Sono tanti i marchi automobilistici prestigiosi che da quel GP del Canada del 1973 a Mosport hanno &quot;dato il passo&quot; alle vetture in regime di bandiera gialla, annullando i distacchi tra le vetture in gara, facendole tutte accodare alle sue spalle e vietandone i sorpassi.&nbsp; Da Fiat e Opel a Mercedes e Aston Martin: ecco una carrellata dei modelli visti nelle gare

Formula 1, tutte le safety car della storia del Circus

Doveva esser rottamata ma invece è stata ritrovata. È salva la speciale safety car che a Interlagos "salvò" Ayrton dall’invasione dei tifosi che lo assaltarono durante il suo giro d’onore a gara di casa vinta, nel GP del Brasile del 1993

GP Brasile 1993, quella volta che la Fiat Tempra salvò Senna

Dai primi anni della sfida Fiat, all&#39;acquisizione di Chrylser e fino alla presidenza Ferrari. Passando dalle polemiche con Della Valle e dal ricordo di Agnelli. (foto sutton-images.com)

Sergio Marchionne, le 20 frasi più famose

Le immagini del prototipo del biscione

Alfa Romeo 164 Procar: foto

La storia che stiamo per raccontarvi &egrave; una delle pi&ugrave; affascinanti dell&rsquo;industria automobilistica, una specie di piccolo giallo in cui si intrecciano interessi sportivi ed economici, ambientato in un epoca in cui tutto sembrava possibile, gli anni Ottanta. Era il periodo in cui Fiat comprava Alfa Romeo, completando il suo shopping di marchi italiani, ma era anche l&rsquo;inizio dell&rsquo;epoca pi&ugrave; buia per la Ferrari in Formula 1; infine, erano gli anni ruggenti di Bernie Ecclestone che si accingeva a diventare il padrone del Circus. In questo scenario, l&rsquo;Alfa era ancora impegnata in F1 e aveva siglato un contratto con la Ligier per sviluppare un motore aspirato V10 &ndash; visto l&rsquo;imminente cambio di regolamenti che avrebbe decretato la fine dei motori turbo - ma il cambio di propriet&agrave; datato 1986 cambi&ograve; tutte le carte in tavola.  Fiat, infatti, si trovava in casa sia l&rsquo;Alfa Romeo che la Ferrari e non poteva certo avallare una concorrenza interna con un conseguente spreco di risorse. Il contratto con la Ligier venne annullato, cos&igrave; come l&rsquo;impegno del Biscione in Formula 1. Il famoso motore V10, per&ograve;, era gi&agrave; pronto, costruito (pare) in quindici unit&agrave; e girava al banco accumulando ore di esperienza. Con un angolo tra le bancate di 72&deg; e 3,5 litri di cilindrata, erogava circa 620 CV a oltre 13.000 giri e 383 Nm di coppia a 9.500 giri, ma soprattutto precorreva un indirizzo tecnico che avrebbe poi caratterizzato la F1 degli anni Novanta. Il problema era (si fa per dire) avere un&rsquo;auto dove inserirlo e farlo cantare. E quest&rsquo;auto era proprio l&rsquo;Alfa Romeo 164 Pro-Car, uno dei progetti pi&ugrave; suggestivi di sempre.  Avrebbe dovuto gareggiare nel campionato Production Car, un&rsquo;intuizione di Bernie Ecclestone che non venne mai messa in pratica, forse perch&eacute; troppo in anticipo con i tempi. L&rsquo;idea era quella di far correre delle vetture silhouette, ovvero con una carrozzeria ben nota al grande pubblico che richiamasse modelli di produzione, ma con una meccanica da Formula 1. E in effetti la 164 Pro-Car aveva una un telaio monoscocca in kevlar a cui venivano ancorati dei tubolari in alluminio, mentre le sospensioni sia anteriori che posteriori erano a doppi quadrilateri deformabili del tipo &quot;push rod&quot;. Il fondo piatto, poi, provvedeva a generare la deportanza necessaria per velocit&agrave; superiori ai 350 km/h. A questo proposito, secondo l&rsquo;Alfa l&rsquo;accelerazione da 0 a 100 km/h avveniva in soli 2,1 secondi.  TUTTE LE ALFA ROMEO DI FORMULA 1  Insomma, praticamente una Formula 1 a forma di berlina con tutti i pregi e i difetti di un progetto di questo tipo, primo dei quali gli altissimi costi che un campionato con auto di questo genere avrebbe comportato. Infatti nessuna altra casa automobilistica mostr&ograve; interesse e le Production Car morirono ancora prima di essere nate. L&rsquo;unica apparizione ufficiale della 164 Pro-Car rimane quella mitica di Monza, in occasione del GP del 1988, quando Riccardo Patrese la fece sfrecciare a velocit&agrave; folli sui rettilinei del circuito lombardo facendo chiedere a tutti i presenti che cosa fosse quella strana 164. Dopo quel giorno, questa folle Alfa e il suo V10 caddero nell&rsquo;oblio, almeno per un paio di lustri, visto anche il fallimento del progetto &ldquo;Alfa Romeo Sport Prototipo&rdquo; da cui sarebbe dovuta scaturire una vettura da corsa per quel Gruppo C che per&ograve; era prossimo alla chiusura.  Nel 1996, tuttavia, esord&igrave; in Formula 1 la prima monoposto Ferrari dotata di un motore V10 e nel team dei progettisti che lo realizzarono c&rsquo;era anche l&rsquo;ing. Pino d&rsquo;Agostino che dieci anni prima aveva firmato proprio il propulsore Alfa Romeo V1035. Le differenze tra i due motori sono sostanziali - il Ferrari 046 ha la distribuzione a cascata di ingranaggi anzich&eacute; a cinghia dentata, cos&igrave; come le valvole pneumatiche anzich&eacute; comandate a molla &ndash; ma condividono la scelta di una V inusuale (per l&rsquo;epoca) tra le bancate, di 72&deg; l&rsquo;Alfa Romeo e di 75&deg; il Ferrari. Questo serviva ad azzerare le forze del primo e del secondo ordine (le coppie del primo e del secondo ordine erano trascurabili) rendendo inutili i contralberi di equilibratura e riducendo al minimo le masse.  In conclusione, anche se l&rsquo;Alfa 164 Pro-Car non ha mai corso una gara, una piccola parte del suo spirito &egrave; entrata nel progetto che inizi&ograve; la rinascita sportiva della Ferrari. O almeno cos&igrave; piace pensare a noi romantici appassionati di auto. Cos&igrave; come speriamo di rivedere quella magnifica 164 all&rsquo;interno del rinnovato Museo Alfa di Arese, con accanto un bel pannello che racconti degnamente la sua storia.&nbsp; 

Sebbene l&rsquo;Alfa 164 Pro-Car non abbia&nbsp;mai corso una gara, una piccola parte del suo spirito &egrave; entrata nel progetto che inizi&ograve; la rinascita sportiva della Ferrari

L&rsquo;Alfa Romeo 164 Pro-Car e il suo V10 &ldquo;misterioso&rdquo;

  &nbsp;  &laquo;Vorrei dire ai tifosi di lasciarci lavorare. Sar&ograve; presente ad alcuni Gran Premi, ma abbiamo sul campo il nostro team principal (Maurizio Arrivabene) e sar&agrave; lui ad occuparsi direttamente della gestione della squadra. Purtroppo partiamo con un gap iniziale, ma non discuto con chi ha voluto fare polemiche&raquo;. Il riferimento al vivace scambio di dichiarazioni con Luca Di Montezemolo &egrave; chiaro.  Dal Salone di Detroit Sergio Marchionne (nella foto con il presidente di FCA, John Elkann) ha risposto a tante domande relative al gruppo FCA, ma il discorso si &egrave; spostato anche sul fronte Ferrari.  &laquo;Siamo tutti impegnati per cercare di tornare a vincere il prima possibile &ndash; ha proseguito il Presidente del Cavallino - sar&agrave; un anno duro ma la cosa importante &egrave; tenere la testa bassa. Abbiamo in casa almeno 1000 persone che vogliono una sola cosa: vincere. &Egrave; una garanzia. Un buon risultato l&rsquo;abbiamo gi&agrave; ottenuto, potendo modificare il motore nel corso dell&rsquo;anno, mentre sembrava che tutto dovesse rimanere congelato. La considero una prima vittoria, altre spero arriveranno&raquo;.  Sul fronte &ldquo;produzione&rdquo; Marchionne ha chiarito di voler mantenere il pi&ugrave; possibile l&rsquo;esclusivit&agrave; del marchio Ferrari: &laquo;Sarebbe tecnicamente possibile arrivare dalle 6-7.000 unit&agrave; prodotte oggi di oggi a 10.000 o oltre. Ma abbiamo presente quello che diceva Enzo Ferrari: &egrave; sempre meglio vendere una Ferrari meno di quello che ci verr&agrave; chiesto dal mercato&raquo;.  Roberto Chinchero 

Il Presidente del Cavallino descrive una squadra impegnata a &ldquo;testa bassa&rdquo; per tornare a vincere quanto prima

Ferrari, Marchionne chiede tempo

Dopo l&rsquo;addio ufficiale di tre giorni fa, Luca Cordero di Montezemolo ha rotto il silenzio parlando del termine della sua storia a Maranello. Lo ha fatto ripercorrendo quelli che sono stati i momenti salienti della sua lunga esperienza in Ferrari e Fiat, sottolineando come sia mancato un po&rsquo; di tatto e riconoscenza da parte della famiglia Agnelli nel momento della sua uscita.  &laquo;Tutto &egrave; avvenuto un po&rsquo; in fretta a causa della la quotazione di Fiat-Chrysler alla Borsa americana &ndash; spiega Montezemolo - c&rsquo;era necessit&agrave; di avere una Ferrari dentro un grande gruppo e credo che questo abbia un po&rsquo; accelerato i tempi. Non mi ha fatto molto piacere il modo, ma fa parte della vita ed &egrave; giusto che chi ne &egrave; il proprietario possa prendere delle decisioni. Ho avuto un rapporto molto forte con la famiglia Agnelli, credo di aver fatto qualcosa di importante nel 2004, quando accettai di fare il presidente della Fiat in un momento estremamente drammatico. Forse un grazie in pi&ugrave; me lo sarei aspettato&raquo;.  Montezemolo rivendica il suo palmares conquistato negli anni in cui &egrave; stato timoniere del Cavallino: &laquo;Dal 1999 ad oggi abbiamo vinto 14 titoli mondiali in 15 anni. Nel 2000 vincemmo il mondiale in Giappone con Michael Schumacher dopo 23 anni. Era l&rsquo;alba in Italia e ricordo la telefonata dell&rsquo;avvocato Agnelli. Per la prima volta l&rsquo;ho sentito piangere per la gioia perch&egrave; era un momento particolare per la Fiat ed anche per lui che non stava bene. Nel 2003 gli dedicammo la macchina la Ferrari `G.A.&acute; e si vinse mondiale piloti e costruttori. Negli ultimi anni siamo la squadra che ha vinto di pi&ugrave; al mondo e sia nel 2008 che nel 2010 e nel 2012 abbiamo perso il mondiale nell&rsquo;ultima gara. La stagione veramente deludente &egrave; stata l&rsquo;ultima ma questo &egrave; lo sport&raquo;.  Ultimi temi, di estrema attualit&agrave;, l&rsquo;incidente di Jules Bianchi e la partenza di Fernando Alonso: &laquo;Le corse ora rispetto al passato in termine di sicurezza hanno fatto dei progressi enormi. Purtroppo qualche incidente capita ancora come l&rsquo;ultimo di Jules Bianchi, un nostro ragazzo, ma quel trattore non poteva e non doveva essere l&igrave;. In quanto a Fernando credo che vada via per due motivi. Uno: non vuole cimentarsi in un altro ambiente e due perch&eacute; ha un&rsquo;et&agrave; nella quale non pu&ograve; aspettare per rivincere. E&rsquo; rimasto male per non aver vinto in questi anni ed ha bisogno di nuovi stimoli&raquo;.  Roberto Chinchero

L&rsquo;ex presidente della Ferrari ha parlato per la prima volta a Porta a Porta commentando la sua uscita dalla Scuderia

Montezemolo: Mi aspettavo un grazie in pi&ugrave;

Mentre a Suzuka si dibatteva di Alonso e di Ferrari e del futuro pilota di Maranello, un altro evento a diecimila km di distanza aveva un personaggio Ferrari per protagonista: il salone dell'auto di Parigi. Dove stavolta la novit&agrave; pi&ugrave; importante non era un'automobile, ma la conferenza stampa in cui Montezemolo avrebbe parlato per l'ultima volta da presidente Ferrari.  Un evento tutto sommato storico: quello di un presidente che lascia - anzi viene buttato fuori - contro ogni logica aziendale dall'azienda che ha diretto per 23 anni con risultati eccezionali. Vale la pena raccontarvi quella mezz'oretta nell'atelier privato dietro lo stand Ferrari, tra un musetto della F1 dell'anno scorso appeso al muro ed i pellami dei rivestimenti dei sedili delle Gt stradali a far da coreografia perch&eacute; l'abbiamo vissuto di persona e quello che &egrave; successo fa capire ancora meglio la vera natura dei rapporti di forza al vertice Fiat e Ferrari.  Montezemolo ha mostrato un po' di commozione e tanta rabbia repressa, nascosta sotto a un sorriso forzato. Ma a un primo momento si era lasciato andare, raccontando fatti e aneddoti, come di quando la Fiat era talmente in crisi finanziaria nel 2002, che dovette cedere il 35% della propriet&agrave; a Mediobanca e un'altra piccola fetta, il 5%, fu comprata da Mubadala (il fondo d'investimento di Abu Dhabi) che arriv&ograve; grazie ai buoni rapporti che intratteneva con la Ferrari di cui divenne anche sponsor e per cui realizz&ograve; il Parco tematico del Cavallino ad Abu Dhabi. Insomma, quanto basta per far dire a Montezemolo: "In quell'anno la Ferrari fu fondamentale per Fiat...". Una frecciata a Marchionne e alla famiglia Agnelli e la rivendicazione di un merito, quello di aver contribuito all'epoca a trovare un salvatore per la Fiat.  Poi la conferenza ha cambiato tono: perch&eacute; all'improvviso si &egrave; materializzato nella saletta anche Marchionne e Montezemolo, con educazione ma anche controvoglia pur se celata dietro a un sorriso, l'ha educatamente invitato a sedersi al suo fianco. Da quel momento per&ograve; &egrave; cambiato tutto. Le parole di Montezemolo, da appassionate e franche che erano all'inizio, si sono fatte pi&ugrave; misurate e formali. Marchionne, gomito appoggiato sul tavolino e mento poggiato sul palmo della mano, lo osservava di sottecchi da un paio di metri, quasi volesse cogliere critiche nascoste e doppi sensi, pronto a intervenire e correggere o puntualizzare. Una scena francamente imbarazzante, con il presidente uscente sotto esame e il suo successore l&igrave; a fargli sentire l'ingombrante presenza e quasi a fargli capire chi detiene adesso il potere.  A un certo punto Montezemolo ha anche commesso un lapsus, parlando della quotazione in Borsa del gruppo. Quando ha detto: "&Egrave; Il momento adatto per una staffetta alla Presidenza (e chiss&agrave; quanto gli sar&agrave; costato dire queste parole...) alla vigilia di un momento storico importante come quello della quotazione della Ferrari-Chrysler...". Marchionne &egrave; intervenuto correggendolo con determinazione: "No, non Ferrari-Chrysler, ma Fiat Chrysler". E Montezemolo: "&Egrave; un lapsus perch&eacute; ho sempre la Ferrari in testa...".  Ma in una seconda occasione Montezemolo fra le righe &egrave; riuscito a far passare una frecciatina: quando ha detto, parlando della appena presentata Ferrari 458 Speciale Aperta, la spider esposta al salone, "Non chiamatela l'ultima Ferrari di Montezemolo, ma semmai l'ultima Ferrari della Ferrari". Che intendeva dire la macchina pi&ugrave; recente del Cavallino, ma a tutti &egrave; suonata come una battuta relativa al fatto che senza di lui non ci saranno pi&ugrave; vere Ferrari.  Imbarazzante anche il momento sull'immancabile domanda sul caso Alonso. Marchionne ha svicolato facendo capire che lui entrer&agrave; in carica solo il 13 ottobre, quindi ha tagliato corto: "&Egrave; materia di Luca, chiedetelo a lui".  E Montezemolo, che sa bene che l'accelerazione della rottura con Alonso viene su impulso di Marchionne, &egrave; stato sibillino: "Alonso per me &egrave; il miglior pilota del mondo, specialmente in gara. Non si &egrave; mai tirato indietro. Il suo futuro? Sta parlando con Mattiacci, credo che ci si debba venire incontro fra le sue esigenze e quelle della Ferrari. Vediamo cosa vuol fare lui e ci parleremo in funzione delle necessit&agrave; della squadra. L'importante &egrave; avere un buon clima nel team, c'&egrave; un contratto, loro (Alonso e Mattiacci, ndr) stanno parlando e si trover&agrave; la miglior soluzione. Ma non c'&egrave; l'assillo di trovare la soluzione in fretta, l'assillo &egrave; di fare una bella gara in Giappone". Parole che si prestano a varie interpretazioni. Ma anche un modo elegante di comunicare il suo pensiero. Che forse lui un accordo diplomatico per salvare il matrimonio del pilota con la squadra l'avrebbe trovato. E che se non si trova, la colpa non &egrave; sua ma di Marchionne.  A Marchionne poi &egrave; stato chiesto quante volte si senta con Mattiacci. E lui ha spiegato il suo pensiero con un esempio: "Ci parliamo spesso ma soprattutto per sms, non a voce perch&eacute; siamo sempre all'altro capo del mondo. Ma non &egrave; che stia sempre li a controllare cosa fanno. &Egrave; un po' come al ristorante: ordini di fare il rag&ugrave; e i cuochi lo fanno, ma non vai continuamente in cucina a guardare gli ingredienti e controllare anche punto &egrave; la cottura". Quindi &egrave; una parziale ammissione del fatto che, a Mattiacci, &egrave; stato Marchionne a dare istruzioni precise di agire in un certo modo ed &egrave; lui l'ispiratore della strategia di svincolamento da Alonso.  Alberto Sabbatini

Luca di Montezemolo e Sergio Marchionne, il caso Alonso e il passaggio di consegne tra mille imbarazzi al salone di Parigi

L'ultimo faccia a faccia

Alonso aveva detto in giorni non sospetti (appena martedi 2 settembre) che stava lavorando per rinnovare il contratto con Ferrari oltre il 2016. Ma una settimana fa non era ancora esploso il terremoto della lite Marchionne-Montezemolo. Ora i piani del pilota spagnolo subiscono una complicazione.  Che succeder&agrave;, adesso tra la Ferrari e Fernando Alonso? Vogliono saperlo tutti, nel momento in cui Luca di Montezemolo sta per lasciare la presidenza. Come andranno le cose con la gestione Fiat di Marchionne?  Sappiamo che il contratto di Fernando scade a fine 2016. Fino a quella data, pilota e squadra possono dividersi solo per due motivi: il mancato rispetto delle clausole contrattuali (del tipo: la squadra non paga, o il pilota fa o dice qualcosa che lo espone a ritorsioni), oppure un accordo consensuale.  La prima ipotesi &egrave; francamente remota. La seconda non &egrave; impossibile. Per&ograve;, va sottolineata una cosa: il fatto che la Ferrari (intesa come azienda) si appresti a cambiare il suo vertice dirigenziale, non cambia la natura e la realt&agrave; del contratto in essere di Alonso col team. A prescindere da chi &egrave; il capo, gli accordi sottoscritti restano tali. Questo per altri due anni, quattro mesi, e tre settimane, cio&eacute; fino a termine del 2016.  Il discorso cambia per l&rsquo;eventuale prolungamento oltre il 2016. Alonso stava trattando un altro triennale, 2017-2019. E lo stava trattando non con Mattiacci, ma soprattutto con Montezemolo che in qualit&agrave; di Presidente era l'unico che aveva il potere di sottoscrivere un contratto con cifre milionarie. La presenza di Montezemolo per&ograve; per Alonso era una sora di garanzia. Senza di lui lo spagnolo cambier&agrave; idea?  Intanto &egrave; quasi scontato che, se anche Alonso e la Ferrari trovassero un accordo, servirebbe un nuovo contratto, non una &ldquo;semplice&rdquo; estensione del precedente, gi&agrave; prolungato nel 2012. Sappiamo anche che Alonso trattava su altre cifre, ben pi&ugrave; alte di quelle chieste finora. In questo &egrave; facilitato dal fatto che 1) la Ferrari al momento pu&ograve; dargli ben poche garanzie di tornare a vincere in tempi brevi; e 2) la controfferta McLaren-Honda si aggira sui 30 milioni annui. Perch&eacute; Fernando dovrebbe rimanere in un team che non vince, se c&rsquo;&egrave; chi lo paga di pi&ugrave;? Per fedelt&agrave; al Cavallino? Discorsi bellissimi, che per&ograve; vacillano sempre, davanti ai milioni. Ricordate l&rsquo;esempio di Schumacher.  Il punto &egrave; che Sergio Marchionne, &ldquo;timoniere&rdquo; della nuova gestione, non &egrave; mai stato famoso per strapagare i suoi collaboratori. Va bene che Alonso non &egrave; un operaio della Fiat (mentre molti dipendenti Ferrari, anche in F1, vengono pagati secondo i contratti di Torino): ma come pu&ograve; lo stesso manager che avr&agrave; ruoli collegati tra Fca e Ferrari giustificare all'opinione pubblica una politica di tagli da una parte, e uno stipendio multimilionario dall&rsquo;altra?  Probabile, anzi sicuro, che il rinnovo di Alonso &ldquo;non sia in agenda&rdquo; per Marchionne. Ma prima o poi bisogner&agrave; affrontare la questione.  Alberto Antonini

L'avvicendamento alla Presidenza Ferrari pu&ograve; condizionare il rinnovo del contratto di Fernando 

Il futuro di Alonso da Luca a Marchionne

La rottura fra Montezemolo e Marchionne ormai pare consumata. Le parole con cui Marchionne ha criticato non la gestione economica della Ferrari - quella macina record uno dietro l&rsquo;altro - ma quella sportiva, sono pesanti come un macigno. E anche ingiuste, perch&eacute; usate come pretesto. Ma dopo certe frasi cos&igrave; dure &egrave; difficile ricomporre la rottura. &Egrave; la fine di un&rsquo;era.  Anche se Marchionne ha detto nel corso dell&rsquo;intervista in cui ha criticato la gestione Montezemolo che &ldquo;un cambio di presidenza a Maranello non &egrave; in programma&rdquo;, almeno in tempi brevi, &egrave; ovvio che il rapporto tra i due &egrave; ormai rotto. D&rsquo;altronde Marchionne rappresenta l&rsquo;azionista di riferimento, invece Montezemolo in questo caso &egrave; il manager che deve eseguire le strategie imposte dalla societ&agrave; capogruppo (la Fca). Un rapporto padrone-dipendente dove &egrave; scontato che a vincere sia il primo.  La rottura avviene per le differenti visioni strategiche per il destino della Ferrari. Montezemolo voleva e ha sempre inseguito il progetto di una Ferrari il pi&ugrave; possibile indipendente ed autonoma dalla Fiat, anche per sottolinearne l&rsquo;esclusivit&agrave; che &egrave; quello che rende forte il marchio.  Fino a un certo momento questa strategia andava bene per Torino; le cose sono cambiate quando, dopo la fusione Fiat-Chrysler, si &egrave; deciso di quotare in borsa a Wall Street l&rsquo;intero gruppo Fca: a quel punto Marchionne ha voluto inglobare sempre di pi&ugrave; nel gruppo automobilistico globale il gioiello di famiglia per aumentare il valore della Fca di fronte all&rsquo;azionariato americano. Montezemolo invece da tempo inseguiva l&rsquo;obiettivo di quotare la Ferrari in modo indipendente su altre borse straniere (si diceva Singapore) e fare entrare nell&rsquo;azionariato altri partner, magari quegli arabi degli Emirati che da anni sono sponsor Ferrari e partner anche del progetto del parco tematico del Cavallino ad Abu Dhabi.  Tra le due strategie, ovviamente, prevale quella dell&rsquo;azionista di riferimento e a Montezemolo &egrave; stata progressivamente tolta quella grande autonomia di gestione delle strategie del Cavallino di cui ha sempre disposto in passato.  Il risultato fallimentare di Monza e le delusioni degli ultimi anni in F.1 non sono la causa della rottura, ma soltanto un pretesto per mettere in dubbio la leadership del Presidente. Ma ora che i contrasti tra i due sono diventati pubblici con il botta e risposta a distanza, il futuro della Ferrari come la conosciamo oggi &egrave; ormai segnato. Si tratta della fine di un&rsquo;era, dei 23 anni di presidenza Montezemolo, ruolo che finir&agrave; necessariamente per assumere Marchionne in persona, magari ad interim, in attesa di trovare un uomo cui affidare il ruolo di presidente del Cavallino. Magari all&rsquo;interno della famiglia Agnelli per coronare il sogno di John Elkann di riportare un esponente della dinastia Agnelli al comando delle societ&agrave; pi&ugrave; care alla famiglia. Come ha fatto con la Juventus dove alla presidenza c&rsquo;&egrave; il cugino Andrea Angelli.  Ora il dubbio &egrave;: quali ripercussioni ci saranno da questa guerra di potere per la F1 che interessa ai tifosi Ferrari pi&ugrave; delle vendite di automobili Ferrari nel mondo? Il presidente della Ferrari, per tradizione e necessit&agrave;, deve essere anche il suo primo tifoso. Ma pure un grande intenditore di corse per traghettare la Ferrari attraverso le mille insidie di uno sport dove &egrave; pi&ugrave; facile perdere che vincere. Montezemolo &egrave; nato nel mondo della F.1, ha vinto il mondiale con Lauda nel 1975, &egrave; stato al fianco di Enzo Ferrari, incarna meglio di chiunque altro lo spirito ideale per Presidente di un marchio leader nelle corse come la Ferrari. Chi pu&ograve; sostituirlo?  Al di l&agrave; delle lotte di potere, il futuro della Ferrari specie per le conseguenze che pu&ograve; avere in F.1 questo contrasto al vertice di comando, &egrave; un argomento delicato. Chi traccer&agrave; la rotta delle nuove strategie del marchio in F.1? Chi sceglier&agrave; i piloti? Chi s&rsquo;impegner&agrave; a firmare il rinnovo del contratto di Alonso? Chi spinger&agrave; verso un direzione tecnica oppure l&rsquo;altra? Chi litigher&agrave; sui nuovi regolamenti per correggere le storture e far&agrave; sentire il peso della propria autorevolezza su Ecclestone e Todt per una F.1 pi&ugrave; a misura di Ferrari?  Sono argomenti che coinvolgono anche tutti gli appassionati. Per cui invitiamo voi tifosi a dire la vostra su questo tema scottante.  Alberto Sabbatini

La rottura Montezemolo-Marchionne pone tanti interrogativi sul futuro anche in F.1. Dite la vostra sull'argomento

Ferrari, fine di un'era

La giornata di sabato&nbsp;10 &nbsp;a Monza sar&agrave; "elettrica" come non mai per la Ferrari. Non tanto perch&eacute; la Rossa si gioca la seconda fila (la prima sar&agrave; monopolio Mercedes) ma perch&eacute; sulla pista monzese, ai box Ferrari, si presenteranno - strano ma pare succeda cos&igrave; - Luca di Montezemolo e probabilmente anche Sergio Marchionne! Ovvero il presidente in carica e l'uomo che - ormai pare assodato - assumer&agrave; a breve il suo ruolo. I due top manager giungeranno in tempi differenti, ma comunque finiranno per condividere gli stessi spazi nel box e nel motor home della squadra. Sar&agrave; curioso vedere come riusciranno a condividere l'ambiente, a meno che una invisibile regia non li faccia magicamente alternare per evitare la doppia presenza contemporanea. D'altronde Marchionne domenica &egrave; atteso a Cernobbio, al forum sull'economia della Fondazione Ambrosetti assieme a molti politici, per cui difficilmente riuscir&agrave; a rinviare al giorno di gara la sua comparsa a Monza.  &nbsp;Ormai l'argomento-Montezemolo &egrave; diventato quello all'ordine del giorno del Gp d'Italia. Le voci della sua imminente uscita dalla presidenza della Ferrari sono ormai consistenti e forti, ma non bisogna dare tutto per scontato. Non aspettatevi annunci sensazionali a Monza nel corso del Gp. Montezemolo non viene ad certo per annunciare in circuito le sue dimissioni; e Marchionne non sar&agrave; certamente qui per lo scopo di rivendicare la poltrona di presidente. Non &egrave; n&eacute; il tempo n&eacute; il luogo per questo tipo di comunicazioni. Anzi, magari i due davanti ai microfoni delle tv con frasi eleganti tenderanno a glissare e anche a smentire con il sorriso tirato sulle labbra le voci fragorose come un uragano che li riguardano. Ma la realt&agrave; dei fatti &egrave; che in Ferrari si prepara il "ribaltone".  I motivi che hanno portato a questa situazione li abbiamo spiegati gi&agrave; in un articolo di un mese fa&nbsp;.&nbsp;L'unica cosa che da allora &egrave;&nbsp;cambiata &egrave; che John Elkann ha rinunciato al proposito di diventare lui Presidente come si pensava in un primo tempo, o di affidarlo al fratello Lapo, per far rientrare il comando della Ferrari nel giro strettamente famigliare. E dovrebbe essere Marchionne ad assumersi l'onore e l'onore della carica, lasciando la continuit&agrave; operativa dell'industria all'attuale amministratore delegato, Amedeo Felisa e quella del reparto corse a Marco Mattiacci, che comunque era stato gi&agrave; scelto da lui.  Restano da definire i tempi del possibile avvicendamento: pochi giorni dopo Monza, gioved&igrave; 11, ci sar&agrave; una riunione del consiglio di amministrazione della Ferrari che si dovrebbe tenere curiosamente a Torino, e non a Maranello come sempre. La scelta della citt&agrave; torinese &egrave; un chiaro indizio di chi comanda, anzi vorr&agrave; comandare in Ferrari d'ora in poi. Probabilmente in quell'occasione verr&agrave; presa la decisione formale del cambio di presidente. Mentre non &egrave; detto che verr&agrave; annunciato pubblicamente: potrebbe accadere pi&ugrave; avanti.  La data chiave per capire le tempistiche dell'annuncio &egrave; quella del 13 ottobre, giorno in cui il gruppo FCA verr&agrave; quotato alla borsa di New York, a Wall street. Gruppo di cui la Ferrari fa parte e con un ruolo importante e strategico, perch&eacute; capofila per immagine e valore aggiunto di quel "polo del lusso-sportivo" composto anche da Maserati e Alfa Romeo che per Maschionne impreziosisce la FCA. Qualcuno pensa che la Ferrari dovrebbe presentarsi a Wall street gi&aacute; con il nuovo Presidente,ma una ipotesi &egrave; che Marchionne voglia invece aspettare l'esito della quotazione in borsa sul mercato Usa per l'avvicendamenti sul ponte di comando a Maranello proromper non turbare il mercato le le aspettative di fronte agli investitori americani per i quali il marchio Ferrari ha un valore aggiunto speciale.  a.s.

Attesi al box Ferrari il giorno delle qualifiche entrambi i n.1 di Fiat e del cavallino. Niente annunci, ma...

Montezemolo e Marchionne a Monza

Pi&ugrave; perentorio di cos&igrave; non poteva essere Sergio Marchionne: "La Ferrari non &egrave; in vendita!". E l'ha scritto chiaro e tondo in inglese in un cartello che ha proiettato durante la conferenza a Detroit, martedi 6 pomeriggio, in cui ha annunciato il nuovo piano industriale dei marchi del gruppo Fiat-Chrysler da qui al 2018. Marchionne l'ha fatto per smentire le solite voci ricorrenti di una dismissione dei "tesori di famiglia" del gruppo per fare cassa.  Marchionne parlando agli americani ha elencato con orgoglio le esclusivit&agrave; della Ferrari: "&Egrave; il marchio pi&ugrave; potente al mondo (riconosciuto da un'organizzazione certificata come Brand Finance, ndr) e solo 11 marchi in tutto il mondo hanno ricevuto un rating AAA+, che &egrave; il pi&ugrave; alto in assoluto, e la Ferrari &egrave; il primo brand fra questi", ha concluso Marchionne.  Poi ha spiegato la propria visione del futuro del Cavallino. Presentare un nuovo modello ogni anno, che dovr&agrave; durare per 4 anni soltanto sul mercato e verr&agrave; poi sostituito da una versione "M" pi&ugrave; prestazionale per i 4 anni successivi; la Ferrari produrr&agrave; sempre vetture ad alte prestazioni con motori a 8 e 12 cilindri (e questo &egrave; strano perch&eacute; nega l'ipotesi di motorizzazioni 6 cilindri turbo che richiamino lo schema del motore F1 ibrido&hellip;); queste vetture verranno affiancate da serie speciali destinate a clienti selezionati. Infine, last but not least, focalizzare gli investimenti sul settore F1 per tornare sul podio e a vincere le gare come la gente si aspetta dalla Ferrari.  Gli obiettivi finanziari sono ambiziosi. Aumentare i margini di profitto del 15% da qui al 2018, ma vendendo non pi&ugrave; di 7000 macchine l'anno, che Marchionne ritiene il giusto limite per non inflazionare il mercato e mantenere l'esclusivit&agrave; del marchio. "Anche se - ha spiegato Marchionne - potremmo venderne anche diecimila l'anno se solo volessimo. Potenzialmente saremmo in grado di incrementare il volume di vetture di fronte a un incremento della popolazione ad alto reddito in mercati per noi non tradizionali". Come dire: se i nuovi ricchi aumentano in certe aree del mondo, un pensierino potremmo anche farcelo...  La Ferrari nel 2013 ha avuto un fatturato di 2,3 miliardi di euro con un utile netto di 246 milioni; Marchionne si augura di incrementare i margini del 15% senza produrrepi&ugrave; di settemila auto. E ha agginuto che i broker finanziari avlutano l'azienda mediamehte 4,3 miliardi di euro. "Ma - ha ribadito - con una esplicita scritta in fondo alla slide che ha proiettato - Ferrari is not for sale: la Ferrari non &egrave; in vendita!"

Alla presentazione del piano quinquennale Fiat il capo della FCA ha smentito cos&igrave; nel modo pi&ugrave; esplicito le voci

Marchionne: la Ferrari non &egrave; in vendita!

&Egrave; morto stanotte a Milano, alla soglia degli 80 anni, Giorgio Pianta, ex pilota e team manager di Fiat e Alfa Romeo. Pianta &egrave; stato un personaggio traversale del mondo delle corse dagli anni '60 agli anni '90. Inizi&ograve; da pilota e come amava ripetere sempre, "ho corso con qualsiasi auto, bastava darmi una carretta e la portavo in gara".  Dopo aver corso con auto turismo, GT e Prototipi, Pianta &egrave; entrato nel gruppo Fiat dove ha svolto per decenni il ruolo di collaudatore alternandosi tra auto da rally e da pista. &Egrave; stato lui a mettere a punto la Delta S4 rally nel 1985. &Egrave; stato anche un grande direttore sportivo prima e il successo pi&ugrave; grande &egrave; stato quando ha guidato il reparto corse Alfa Romeo al successo nel Dtm nel 1993 battendo la Mercedes con lo squadrone composto da Larini e Nannini.

&Egrave; morto a 80 anni un grande pilota, collaudatore e direttore sportivo 

Il mondo delle corse piange Giorgio Pianta 

A due giorni di distanza, Autosprint &egrave; in grado di svelarvi un po' di retroscena sulla settimana "calda" che ha rivoluzionato il vertice della Ferrari. Da cui si scopre che la decisione di dimettersi di Domenicali ha preso di sorpresa tutti quanti, a partire dallo stesso presidente del Cavallino. Ovvero, non sono state dimissioni "pilotate" o "richieste" ma giunte inaspettate.  IL PROPOSITO - Domenicali in cuor suo aveva deciso gi&agrave; da tempo di chiudere l'esperienza ferrarista a fine anno. Comunque fosse andata a finire la stagione. Troppe pressioni, troppe difficolt&agrave; per tenere insieme un gruppo che aveva costruito con fatica e che non riusciva pi&ugrave; a indirizzare dove e come voleva lui. Basti pensare che Alonso l'aveva voluto fermamente ingaggiare lui a met&agrave; 2009; quell'Alonso che in Ferrari aveva la strada sbarrata all'epoca di Todt che non aveva mai dimenticato una promessa non rispettata da Fernando nei suoi confronti nel 2003. Ma poi proprio con Alonso l'anno scorso erano nati screzi e il rapporto non si era mai completamente rinsaldato. Di qui anche la decisione di ingaggiare Raikkonen per evitare di avere una Ferrari troppo Alonso-dipendente.  LA DOCCIA FREDDA - L'amara realt&agrave; Domenicali l'ha capita nei primi test in Bahrain, quelli di met&agrave; febbraio. Quando ha compreso che la Ferrari era lontanissima dalle Mercedes. In quell'occasione le alte velocit&agrave; di punta della Rossa avevano ingannato molta gente facendo immaginare che il V6 turbo di Maranello fosse potente, invece quelle velocit&agrave; - si &egrave; saputo poi - erano frutto di un aspetto aerodinamico particolarmente scarico. Impossibile da utilizzare nei Gp. Presto si &egrave; capito che mancavano i cavalli "elettrici" dello MGU-H, il recupero di energia dal calore e dal flusso dei gas di scarico. E che oltretutto l'erogazione di coppia non era particolarmente '"morbida" e finiva per rovinare in fretta le gomme togliendo alla Ferrari una delle sue armi storiche: quella di essere "gentile" sulle gomme e poter impostare gare di rimonta sul buon ritmo di corsa.  L'ADDIO - Le prime gare hanno confermato i timori di Domenicali. Dopo il Gp Bahrain e l'imbarazzante fuga di Montezemolo dal circuito prima della fine del Gp, ha capito che le critiche avrebbero provocato uno sconquasso. L'opinione pubblica - e lo stesso presidente - avrebbero richiesto un capro espiatorio, una testa da "tagliare". Domenicali riteneva che allontanare un tecnico tanto per dare in pasto al pubblico una vittima, come era stato fatto con Costa e con Dyer, non aveva senso in questa occasione in cui invece i tecnici avrebbero dovuto lavorare a testa bassa e senza distrazioni per risolvere pi&ugrave; in fretta possibile i problemi. Proprio il contrario di quello che stava succedendo. E poi non aveva persone per rimpiazzare il "sacrificato" in tempi stretti. Non c'erano telaisti o motoristi liberi sul mercato. Cos&igrave; dopo averci ragionato su una/due notti ha deciso di sacrificare se stesso, tanto comunque avrebbe lasciato entro pochi mesi. Un modo per dare fiato alla squadra e permettersi di concentrarsi sullo sviluppo e non sulla caccia alla vittima sacrificale.  LE DIMISSIONI - Domenicali ha consegnato le dimissioni al presidente Montezemolo non sabato come si dice ma addirittura gioved&igrave; scorso, 10 aprile. Cogliendo impreparato e di sorpresa Montezemolo che ha provato a dissuaderlo senza successo. Il presidente poi si &egrave; affrettato a consultarsi con Marchionne, il quale l'indomani, venerd&igrave; 11 &egrave; venuto a Maranello con la scusa dell'inaugurazione di una ala del museo Ferrari, gi&agrave; per affrontare il problema del sostituto. I due hanno subito escluso di ricorrere a soluzioni esterne come Ross Brawn, per esempio, perch&eacute; la Ferrari da tempo per volont&agrave; di Marchionne e di tutto il gruppo Fiat ha una ferrea politica di controllo dei budget e delle spese e gli ingaggi milionari dell'epoca di Todt (e che hanno portato al suo distacco) sono stati aboliti da tempo.  MATTIACCI - Il nome di Marco Mattiacci, da 15 anni in Ferrari e con trascorsi di successo in Estremo Oriente e negli USA e tra l'altro conosciuto anche da John Elkann e ben noto a tutti, &egrave; venuto fuori quasi subito. A Montezemolo andava bene perch&eacute; &egrave; espressione della managerialit&agrave; interna Ferrari, a Marchionne andava bene perch&eacute; non &egrave; un tecnico, ma un manager di prodotto e marketing, cos&igrave; simile a quel Luca De Meo che &egrave; stato uno dei suoi pupilli in Fiat e uno degli uomini chiave del rilancio commerciale e soprattutto d'immagine del marchio torinese (tanto &egrave; vero che poi &egrave; stato strappato alla Fiat dall'Audi)  IL PASSAGGIO DI CONSEGNE - Mattiacci &egrave; stato fatto imbarcare in fretta e furia su un aereo a New York gi&agrave; venerd&igrave; sera e sabato mattina &egrave; atterrato in gran segreto a Bologna raggiungendo Maranello. Il passaggio di consegne fra Domenicali e Mattiacci &egrave; maturato nel week end ma soltanto luned&igrave; 14 il ribaltone &egrave; stato reso pubblico.  IL CONFRONTO - Rimane la coincidenza del fatto che Domenicali ha annunciato le dimissioni nello stesso giorno in cui il governo ribaltava i vertici delle aziende statali, in cui la maggior parte dei manager si attaccava alla poltrona per non perdere i privilegi di potere di un incarico di comando. Nello stesso giorno invece, il manager sportivo pi&ugrave; sotto l'occhio dei riflettori ha avuto il coraggio e l'umilt&agrave; di farsi da parte e rimettere il suo incarico anche se la Presidenza non glielo aveva (ancora) chiesto. Almeno questa uscita di scena a testa alta, a fronte di tante critiche dei tifosi, va riconosciuta a Domenicali.  Alberto Sabbatini

Ecco come &egrave; maturata la decisione delle dimissioni e cos'&egrave; successo davvero

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