Al Motor Show di Bologna 2016 ci sar&agrave; anche la&nbsp;Wolf WR7, una delle monoposto&nbsp;di Formula 1 che presero parte alla stagione&nbsp;1979. Motorizzata dal classico propulsore V8&nbsp;Ford&nbsp;Cosworth&nbsp;DFV fu progettata da&nbsp;Harvey Postlethwaite, gi&agrave; responsabile della&nbsp;Hesketh 308&nbsp;con la quale&nbsp;James Hunt&nbsp;vinse la prima gara della sua carriera in&nbsp;Formula 1. La Wolf WR7 fu l&#39;ultima auto che Hunt guid&ograve; proprio all&#39;inizio del campionato 1979, prima di abbandonare il&nbsp;Circus&nbsp;dopo il&nbsp;Gran Premio di Monaco.  In quella stagione venne rimpiazzato Keke Rosberg (che sarebbe poi diventato campione del mondo), senza per&ograve; conquistare punti. La monoposto fu poi evoluta in altri tre modelli WR8, WR9, WR 8/9 senza per&ograve; ottenere risultati nel mondiale. Al termine della stagione la scuderia chiuse i battenti e la vettura, con le sue varie versioni, venne riutilizzata di fatto dalla Scuderia&nbsp;Fittipaldi&nbsp;con il nome di F7 nella stagione&nbsp;1980. 

<p>Motorizzata dal classico propulsore V8 Ford Cosworth DFV fu progettata da Harvey Postlethwaite.</p> 

Motor Show 2016, la Wolf WR7 di James Hunt

A 12 anni dal suo addio alle corse, e due anni prima della sua morte per arresto cardiaco: cos&igrave; si colloca l'intervista - che abbiamo ripreso sul nostro speciale "Campioni per sempre" - a James Hunt, il campione del mondo F1 del 1976 con la McLaren e recentemente riportato in auge dal film di Ron Howard che lo contrappone al suo rivale storico Niki Lauda.   Non manca infatti una citazione per l'austriaco, nelle sue dichiarazioni, relativamente ai contatti che riesce a tenere con l'ambiente nel suo ruolo di commentatore per la TV inglese: &laquo;Il mio migliore amico resta Niki Lauda, ci vediamo sempre volentieri. Tra i piloti in attivit&agrave;, quelli con i quali mi trovo meglio sono Prost e Berger. Io sono un pilota degli Anni '70, un periodo di transizione tra l'epoca dei gentlemen drivers e il superprofessionismo attuale, logico sviluppo della mentalit&agrave; creata da Jackie Stewart. Ai tempi nostri riuscivamo ancora a divertirci...&raquo;.   James Hunt &egrave; stato un pilota notoriamente schivo delle mondanit&agrave; e di tutte le occasioni che richiedevano una certa "etichetta" e lo ribadisce anche in questo scambio di battute, come quando puntualizza che fra le condizioni di quando si accord&ograve; con la BBC per il ruolo di commentatore c'erano &laquo;che non sarei mai intervenuto nel commento se non quando ne avessi avuto voglia, e soprattutto che non sarei mai apparso sullo schermo&raquo;.   Del resto nemmeno quando lasci&ograve; le corse nel bel mezzo di una stagione deludente con la Wolf, la sua giustificazione denot&ograve; peli sulla lingua, dal momento che disse senza mezzi termini che lo faceva perch&eacute; ormai in F1 l'uomo non contava pi&ugrave; nulla. E questo lo afferm&ograve; nel 1979...   Inconsueto come il campione inglese non conservasse trofei: &laquo;Quando correvo, viaggiavo per il mondo con una sacca a mano come unico bagaglio, per non perdere tempo. Figurati se avevo voglia di andare in giro con una coppa in mano. E poi, in fondo, non me ne fregava niente&raquo;... E cos&igrave; anche girovagando per casa sua &egrave; stato difficile, in quella occasione, trovare qualcosa che ricordasse il suo passato pur incancellabile nella Formula Uno.   Altri aspetti della vita di James Hunt in quel momento, fra uccelli e biliardo, ma anche dichiarazioni di come sarebbe potuto passare alla Ferrari, di come inizi&ograve; con una Formula Ford e cos&igrave; via, li ritrovate in questa intervista pubblicata assieme a quelle di altri campioni del mondo come lui, sullo speciale Autosprint in edicola per ancora un paio di settimane.    Maurizio Voltini

Riprendiamo dal numero da collezione in edicola "Campioni per sempre" qualche stralcio dell'intervista all'iridato inglese della McLaren 

Autosprint Speciale Campioni: James Hunt

Se &egrave; stato possibile farci un film - quello di Ron Howard - sugli anni '70 della Formula Uno, &egrave; anche per il grande e contrastante dualismo di personaggi (pi&ugrave; ancora che piloti) come Niki Lauda e James Hunt. Perch&eacute; se il primo era il prototipo del "pilota analista" che si fondeva con la macchina per ottenerne il massimo gi&agrave; a partire dalla messa a punto, il secondo era invece l'impersonificazione di un modo di intendere l'automobilismo che definire romantico o avventuroso &egrave; perfino riduttivo.  Ribelle e smodato, caratteriale e istintivo, James Simon Wallis Hunt arriv&ograve; in F1 non tanto perch&eacute; massima espressione tecnologica automobilistica, piuttosto perch&eacute; trattavasi di quanto pi&ugrave; simile a uno dei vecchi tornei cavallereschi di epica memoria. E finch&eacute; le corse lo appagarono, bene, per poi ritirarsi a met&agrave; stagione 1979 perch&eacute; il feeling era finito e quindi non era motivato nemmeno a finire la stagione, non fosse altro per "onore di contratto".  Insomma, un personaggio istintivo e "verace" come gi&agrave; allora pochi potevano permettersi di essere. Per questo ebbe un senso profondo l'intervista con lui scritta nel 1981, vale a dire a due anni dall'abbandono del volante. Quando comunque da commentatore TV per la BBC aveva ancora modo di vedere cosa succedeva in pista e cosa facevano i suoi ex colleghi. Potendoli cos&igrave; valutare con cognizione di causa e con la sua abituale schiettezza "al vetriolo". Ecco dunque alcuni stralci dal nostro Speciale Autosprint con le "interviste ritrovate" che si trova in edicola in questi giorni.  Per cominciare, l'equazione pilota-macchina sbilanciata verso il secondo elemento non &egrave; mai andata a genio all'inglese, che infatti commenta cos&igrave; la stagione in corso in quel momento: &laquo;Trovo tutto piuttosto deprimente, onestamente, perch&eacute; avevo sperato che uno degli effetti del cambiamento dei regolamenti sarebbe stato quello di scuotere un po' l'ambiente, rendendo le macchine pi&ugrave; simili come prestazioni e ripristinando l'importanza del ruolo del pilota. Invece &egrave; stato terribilmente triste vedere un pilota della classe di Carlos Reutemann impossibilitato a difendere la sua posizione contro uno come Hector Rebaque, in Argentina&raquo;.  Ma Alan Jones pensa che l'importanza della macchina non sia cambiata rispetto alle altre stagioni&hellip; &laquo;Non sono d'accordo, ma chiunque nella sua posizione (l'australiano aveva appena vinto il mondiale F1, nell'80, ndr) direbbe lo stesso. &Egrave; naturale ed anche piuttosto facile ingannare s&eacute; stessi. Quando si ha una delle migliori macchine e si &egrave; a lungo protagonisti, si &egrave; molto fiduciosi, si crede di guidare meglio degli altri&raquo;. Quindi Jones come pilota? &laquo;Mai stato uno di quelli che dispongono di un grandissimo talento naturale. La sua grande forza &egrave; che ha una grande capacit&agrave; di capire le corse, &egrave; un tattico eccellente; inoltre &egrave; fisicamente resistente e ha una grande capacit&agrave; di sopportazione, che gli fa commettere pochi errori. Non direi sia il pi&ugrave; veloce in assoluto, ma globalmente &egrave; forte, un lavoratore di estrema professionalit&agrave;&raquo;. Fattori, questi ultimi, che forse al contrario mancavano al Hunt pilota, dedito al fumo e alle donne pi&ugrave; che alla forma fisica&hellip;  Ben diversa la valutazione su Carlos Reutemann: &laquo;Immagino abbia tratto un enorme beneficio dal fatto di essere al volante di una vettura vincente. Nel passato ha sofferto di depressioni che hanno decisamente avuto influenza sulla sua guida. Ma quando &egrave; a posto con la mente, come ora, Carlos &egrave; un pilota fantastico&raquo;. E Nelson Piquet? &laquo;Penso che sia veramente molto bravo. &Egrave; un po' presto per giudicare, ma immagino che emerger&agrave; come l'uomo migliore di questo periodo (vincer&agrave; il mondiale F1 a fine anno, ndr). Tuttavia in una cosa mi ha deluso, e mi riferisco a quella decisione di partire con le slick a Rio: &egrave; stato semplicemente folle, ha buttato via la corsa. Non importa che il suo direttore sportivo fosse favorevole: se si vogliono vincere le corse, possono esserci situazioni in cui si pu&ograve; disobbedire al team&raquo;.  Parlando invece di Gilles Villeneuve, va innanzitutto ricordato che Hunt lo aiut&ograve; all'inizio della sua carriera F1 in McLaren. &laquo;Penso sia un brillante talento naturale. Ho sempre pensato in maniera estremamente positiva della sua guida, del fatto che sia estremamente veloce, del suo controllo di macchina, del suo modo di affrontare le corse, del suo entusiasmo. Gilles vive per le corse automobilistiche e questo potrebbe essere il suo maggiore problema. Guida con enormi grinta e fiuto. Le sue ultime vittorie confermano che &egrave; anche molto maturato, ma qualche volta mi preoccupo per lui, perch&eacute; fa delle cose in pista che non sono in armonia con la sua professionalit&agrave; fuori pista&raquo;.  Queste e tante altre opinioni, non solo sugli altri piloti - da Pironi a Laffite, da Rosberg (Keke) a Prost - ma anche su come i progettisti dovrebbero limitarsi a fare macchine affidabili all'interno di un progetto ben codificato dai regolamenti, oppure sugli alti e bassi di un pilota che ha gi&agrave; vinto un campionato, li potete trovare sullo Speciale Autosprint attualmente in edicola con le "interviste ritrovate": un numero da collezione anche per il suo formato in linea con quello di Autosprint degli anni passati.  

Uno stralcio dal nostro Speciale Autosprint dei commenti di uno dei pi&ugrave; acclamati personaggi della F1 anni '70

3 risultati per 'james-hunt'

Motor Show 2016, la Wolf WR7 di James Hunt

Autosprint Speciale Campioni: James Hunt

Interviste ritrovate: James Hunt