L’editoriale del direttore: Il Drago nella ps più difficile

L’editoriale del direttore: Il Drago nella ps più difficile

Il campione di Cavarzere è ricoverato in ospedale e Autosprint si unisce alla famiglia in un forte abbraccio di sostegno

Andrea Cordovani

18.01.2022 10:32

Ore d’ansia per Sandro Munari. Il Drago di Cavarzere è ricoverato in ospedale e mentre scriviamo queste righe sta disputando la prova speciale più difficile della sua vita. "Pregate per lui, non posso andarlo a trovare".

Il dolore della moglie Flavia è straziante e sbatte contro le attuali assurde regole ospedaliere che impediscono ai parenti, anche a quelli stretti, di dare conforto e assistenza ai propri cari, anche a quelli che ne hanno assoluto bisogno. È solo nel suo letto d’ospedale il Drago e anche se intorno ha tutto l’affetto dell’Italia da corsa, di un popolo di appassionati che non lo hanno mai dimenticato, questa è immagine forte, ingiusta, assurda. Ci inchioda alla realtà drammatica di quest’epoca. E fa stringere il cuore pensare che esattamente cinquanta anni fa, proprio di questi tempi, si celebrava la fantastica impresa del Rally di Montecarlo con l’incredibile vittoria della Fulvia condotta da Munari e Mannucci.

Raccontava il Drago: "Nel 1971 la Lancia chiuse la linea produttiva della Fulvia HF per scarsità di vendite, mandando a casa 2500 operai. All’indomani della mia vittoria al rally di Montecarlo, a inizio 1972, le cose cambiarono, tanto che da lì in poi la Lancia riuscì a vendere 50mila esemplari della ormai gloriosa HF, reintegrando le maestranze: è questa la pagina di sport e di vita della quale forse vado più orgoglioso".

Una vittoria sorprendente col team che forse avrebbe addirittura preferito non partecipare a quella gara perché ormai è già tutto concentrato sull’erede della Fulvia: la Stratos a motore Ferrari che debutterà da lì a pochi mesi.

Giudicata obsoleta, incapace di reggere il confronto con le rivali, la “Fulvietta” parte battuta. Viene data per spacciata contro vetture più potenti o più leggere, o entrambe le cose, come Porsche 911 e Alpine A110. Arduo pensare di batterle. E invece il “miracolo” avviene e Sandro Munari e Mario Mannucci arrivano sul lungomare di Montecarlo da trionfatori.

Oggi, a 50 anni esatti, quell’impresa resta scolpita nella memoria collettiva degli italiani. Non solo degli sportivi, e proprio questa è la forza di quel trionfo inaspettato: aver fatto breccia nel cuore di tutti. "La cosa che più continua a stupirmi - spiegava Munari - è quanto quel trionfo sia ancora vivo nella gente e, in particolare, nei giovani. Di persone che all’epoca non erano neppure nate. Spiegazioni possono essercene anche più di una. Per me quello è stato un successo di tutti, della gente comune. Che si è sentita orgogliosa di essere italiana. Allora ci si appassionava alle imprese sportive, quale che fosse la di- sciplina. Ed era l’uomo che vinceva, non il mezzo, come è diventato in seguito".

Il “Monte” ‘72 ha fatto da spartiacque fra due epoche e probabilmente proprio per questo è passato alla storia. È stato, quel Montecarlo numero 41, il primo vinto dall’Italia in epoca moderna, l’ultimo prima che venisse ufficialmente istituito il Mondiale Costruttori: fino a quel momento esisteva solo un Campionato Marche di respiro internazionale ma ancora senza titolazione iridata.

Ha segnato dunque una sorta di linea di confine tra il “vecchio” e il “nuovo”; tra il “prima” e il “dopo”.

Rammentava Munari: "Ricordo che quando ci dissero che eravamo in testa, a due prove dalla fine, prima del terzo e ultimo passaggio sul colle del Turini, né io né Mario riuscimmo ad aprire bocca. Un silenzio irreale era calato fra noi, ancora più del solito. Poi, in vista del palco d’arrivo, sul lungomare di Montecarlo, gli dissi: qui alla peggio spingiamo la macchina, ce l’abbiamo fatta! E lui mi rispose: sembra proprio di sì! Tutto qua, molto semplicemente".

Già, semplicemente. Ma ot- tenerla, quella vittoria, non era stato per niente facile. Per cercare di dare più competitività a una vettura, come detto, ormai obsoleta, gli uomini della Lancia stavano provando da tempo il differenziale autobloccante.

La soluzione, scartata da Munari per il Tour de Corse di pochi mesi prima, potrebbe invece risultare determinante al “Monte”, specie se ci saranno neve e ghiaccio. "Mi resi conto che senza non avremmo potuto lottare per il successo - ricordava Munari - e allora... Tanto valeva rischiare! Durante i test fatti in Corsica, la Fulvia con l’autobloccante si era dimostrata decisamente più veloce, addirittura 1 secondo a chilometro, ma terribilmente faticosa da guidare con la sua trazione anteriore e il motore a sbalzo. Su un percorso tutto asfalto e tortuoso come quello della Corsica, guidare 24 ore non stop sarebbe stato durissimo. Impossibile anche per un “Drago” vero. Quel “Monte” l’abbiamo vinto con il cuore, non arrendendoci mai, stando sempre con i primi, arrivando alla fine stremati dalla stanchezza dovuta alla gara e alla pesantezza di guida della Fulvia con l’autobloccante. Ma l’abbiamo vinto anche con la testa. Il cuore, perché sono andato più di quello che la Fulvia mi avrebbe permesso, con la testa perché sono riuscito a non uscire di strada".

Semplice, no? Un’impresa entrata direttamente nella leggenda quella del Drago. Una delle tante pagine scritte nella storia della corse dal fuoriclasse di Cavarzere. Campione indimenticabile.


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