F1: i team allo scontro economico

F1: i team allo scontro economico
Anche nella conferenza dei team principal ci si accalora sulle problematiche finanziarie e sui dividendi della F1, sfavorevoli ai team minori

01.11.2014 ( Aggiornata il 01.11.2014 15:31 )

dal nostro inviato ad Austin(Usa): Cesare Maria Mannucci «Tra essere proprietari di un team e lavorare per un team c'è una bella differenza. Il primo firma gli assegni, il secondo lo incassa». VJ Mallya si rivolge così a Toto Wolff e ad Eric Boullier, che durante la conferenza stampa del venerdi osteggiano ogni proposta di revisione del montepremi e dei diritti televisivi. Per evitare che altre squadre possano sparire seguendo l’esempio di Caterham e Marussia. «Guarda che anche io firmo gli assegni», gli ricorda Toto Wolff, visto che del team Mercedes F1 lui è anche azionista. «Ah sì, è vero - replica Mallya - allora mi dispiace per te». Per una volta i formalismi e le frasi di circostanza, il "politically correct", lasciano il posto ai pensieri e alle dichiarazioni che vengono dal ventre, le più sincere. Cosa normale quando si parla di soldi. «Fare correre due monoposto di GP2 costa meno di 4 milioni di euro. Per fare andare più veloce di 7 secondi una vettura simile, ne spendiamo 150 di milioni. Ne vale davvero la pena?». Così sostiene Gerald Lopez della Lotus, che comunque smentisce che alla vigilia ci fosse stato un tentativo di sciopero di Sauber, Lotus e Force India per costringere Fom e Fia a modificare il Patto della Concordia alla voce "divisione bonus". Sebbene anche queste squadre ormai sostengano di essere al limite ed evochino una radicale revisione e divisione delle risorse economiche. Logicamente le grandi squadre non ci stanno. «I team spenderanno sempre tutto quello che hanno. Se Caterham e Marussia sono assenti, è perché hanno speso di più di quello che potevano spendere. Problemi simili non si risolvono sull’onda dell’emotività. In F1 ci sono sempre state le squadre che hanno chiuso. Magari bisogna porsi la domanda se vale la pena aprire la porta ad altri team nuovi visto che le risorse economiche, in termini di sponsor, si sono drasticamente ridotte». «Non tocca ai team risolvere questo problema - dice Eric Boullier - perché tocca a chi detiene i diritti commerciali affrontare eventualmente il caso. Ma certi problemi non si risolvono con l’introduzione del cost cap». «I nuovi motori hanno compromesso enormemente l’economia delle piccole squadre - continua Gerald Lopez - ce n'era davvero bisogno?». «Considerando il turnover economico che interessa la F.1, mi sorprende che questa economia non riesca a tenere in vita almeno 11 team - dice Monisha Kaltenborn della Sauber - e credo che questi problemi economici ora così evidenti, finiscano per tenere lontani altri potenziali investitori, che comunque sarebbero attratti dalla F1». Ad Austin il paddock è spaccato: da una parte Ferrari, McLaren, Mercedes e Red Bull. Con questo gruppo a sua volta diviso all’interno per le richieste della Ferrari e della Renault di modificare il regolamento 2015 in merito allo sviluppo consentito ma controllato dei motori. Dall’altra invece i team medio-piccoli. Quelli rimasti: Lotus, Force India, Williams e Sauber. Mentre al coro non si aggiunge Toro Rosso che logicamente resta fedele alla linea politica dettata dalla Red Bull. Come finirà? Probabilmente in nulla, perchè gli accordi sono firmati e per cambiare la sezione economica del Patto della Concordia serve l’unanimità. Impossibile da ottenere. Perché come ricorda Bernie Ecclestone: «I team vanno e vengono, nel 2016 arriverà Gene Haas e magari qualcuno d’altro. È sempre stato così».

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