Fortunatamente anche i più ottimisti e "sfegatati" sembravano aver capito che
quella di Singapore era una gara favolosa ma anche
difficilmente ripetibile, per le Rosse. E in effetti in
Giappone si è tornati su risultati più "allineati" con il resto della stagione F1 2015. Eppure crediamo che forse non tutti abbiano colto appieno quanto la
Ferrari sia stata positiva oggi, con i suoi terzo e quarto posto finali, colti in condizioni decisamente "antipodiche" rispetto al precedente weekend di gara.
Procediamo per ordine, analizzando i "perché" di
Marina Bay: qui la pista non metteva in evidenza le differenze motoristiche (la principale virtù Mercedes, seppure non la sola), quanto piuttosto le buone doti di motricità nell'accelerazione da marce basse (un punto forte della Ferrari) in un tracciato di bassa velocità media. In più si utilizzavano le
mescole più morbide della gamma Pirelli, che la SF15-T sfrutta meglio, e a maggior ragione quando fa molto caldo come in quel caso. Dunque ci stava il risultato
Ferrari in una giornata di defaillance annunciata (anche se nessuno si arrischiava a scommetterci più di tanto) da parte
Mercedes.
Veniamo invece a
Suzuka, per vedere come le caratteristiche siano davvero
diametralmente opposte: una pista che con le sue
alte velocità medie premia la spinta motrice e l'efficienza aerodinamica, con due soli punti lenti. In aggiunta, qui si è corso con
le gomme più dure prodotte dalla Pirelli per la F1. E quanto le W06 si siano trovate bene con la mescola hard lo ha dimostrato
Lewis Hamilton: caso raro di un pilota che a fine gara
si complimenta con la Pirelli, ha affermato che
"Le gomme oggi sono state davvero eccezionali, in particolare nell'ultimo stint. Le migliori come non le sentivo da tempo". Questo nonostante avesse spiattellato il secondo set, costringendo ad anticipare la seconda sosta, ma senza problemi più seri della conseguente vibrazione.
Insomma, tutto l'opposto della gara di Singapore, e infatti
Maurizio Arrivabene non fa paragoni diretti. Eppure la
Ferrari ha saputo anche in questa occasione sopravanzare tutti gli altri. Anzi, con
Sebastian Vettel ha "rischiato" di poter strappare il secondo posto a
Nico Rosberg: tuttavia se si può pensare che poteva succedere con una strategia alternativa, va anche detto che sarebbe stata un rischio eccessivo e comunque si deve riconoscere che Nico era dietro solo perché
allargato 4° da Lewis in partenza. Resta il fatto che, come a Marina Bay si era riusciti a controllare le
Red Bull, qua si è fatto lo stesso (pure meglio) con le
Williams. Certo, resta sempre l'incognita dei "se" relativamente a
Felipe Massa e Daniel Ricciardo subito fuori gara, ma le corse vanno prese così sia in negativo che in positivo.
Insomma, un miglioramento c'è stato e per le prossime gare ci si può ancora sperare in
qualche soddisfazione, magari relativa o magari no. In ogni caso, avere già
tre vittorie in campionato "pareggia" quantomeno i conti con la
Red Bull del 2014, che molti prendevano a riferimento su "come avrebbe dovuto essere" la Ferrari.
Il ritorno alla consuetudine vede ancora una volta
Lewis Hamilton avere ragione di
Nico Rosberg anche con un po' di prepotenza, e la
Williams nuovamente competitiva assieme alla
Force India, che a Suzuka ha colto un sesto posto bello e consistente con
Nico Hulkenberg, pur se ha corso un po' lontano dai riflettori al contrario di
Sergio Perez nel suo duello con
Marcus Ericsson. L'alfiere della Sauber ha comunque mostrato un discreto repertorio di guida, ciò che sa fare con una monoposto appena decente, e che
il motore Ferrari non è poi così scarso in rettilineo.
Gara un po' lontano dalle "zone calde" anche per i due della
Lotus, ma forse è proprio per questo (stando lontano dai guai) che
Romain Grosjean e Pastor Maldonado hanno saputo cogliere buoni punti con il 7° e 8° posto. Entrambe le macchine a punti anche per la
Toro Rosso, a seguire con
Max Verstappen e Carlos Sainz: l'olandese ha mostrato la sua grinta in gara senza commettere errori, mentre lo spagnolo ne ha fatto uno abbastanza decisivo in un affrettato ingresso ai box, quando ha colpito il birillo che delimita l'inizio della pitlane rovinando l'ala anteriore.
Un'ingenuità, peraltro nemmeno paragonabile come conseguenze a quella di
Daniil Kvyat in qualifica: l'aver dovuto ricostruire la monoposto praticamente da zero, gli ha determinato
una serie di problemi fra quelli ai freni, ai pneumatici e al "overboost" che ne hanno condizionato la gara fino al 13° posto finale. Problemi, ma più sostanziali, anche per le
McLaren-Honda che venivano superate con una facilità disarmante in rettilineo, tanto da far sbottare
Fernando Alonso in gara con una frase che di certo risentiremo:
«Da GP2, sono motori da GP2». Sia
Ron Dennis che
Eric Boullier non hanno voluto dare troppo valore a un momentaneo sfogo di rabbia, ma vedremo se i giapponesi saranno altrettanto comprensivi… Questo quando in ogni caso anche
Jenson Button ha visto il traguardo: due macchine alla fine è ancora uno degli obbiettivi non garantiti della squadra.
Maurizio Voltini