Ferrari a Montecarlo per rompere un digiuno che dura dal 2001

Ferrari a Montecarlo per rompere un digiuno che dura dal 2001©  sutton-images.com

Otto le vittorie della Scuderia al GP di Monaco, ma nel nuovo millennio solo il Kaiser è riuscito nell’impresa. Vettel cerca il successo numero 45

Francesco Colla

23.05.2017 15:24

L’ultimo pilota in rosso a sedere sul trono del Principato è stato il Kaiser, Michael Schumacher. Era il 2001, anno del secondo titolo con la Scuderia dell’epta-campione tedesco che con Ferrari avrebbe vinto altri tre mondiali. Eppure Monaco sarebbe rimasto un circuito stregato, per lui come per i successori Raikkonen, Massa, Alonso e Vettel. Connazionale ansioso di conquistare il successo numero 45 in carriera, non tanto a beneficio delle statistiche ma della classifica piloti, in cui figura leader braccato da Lewis Hamilton. Vincitore, per la cronaca, dell’edizione 2016. 

Otto le vittorie Ferrari a Monaco: il primo fu Trintignant nel ’55 al volante della 625 F1, prima di un digiuno di ben 20 anni e interrotto da Lauda e la 312 T nel ’75. I seventies furono generosi con la squadra di Maranello: Lauda bissò il successo nella stagione successiva, poi Scheckter vinse nel ’79 con la 312 T4. Nel 1981 Gilles Villeneuve salì il gradino più altro del podio, prima di un’altra lunga siccità durata fino agli anni del già citato Schumi, autore di una tripletta: ’97, ’99 e 2001. Sarebbe potuto diventare un poker, se nel 2004 Michael non fosse stato tamponato da Montoya sotto regime di safety car. Fu l’anno di Trulli, ultimo italiano a tagliare per primo il traguardo monegasco, ma questa è un’altra storia. 

Così come le nove pole position, la prima nel ’56 con Fangio l’ultima nel 2008 con Massa. Il passato è una terra straniera e per Binotto e i suoi è tempo di rompere il lungo digiuno sul tracciato più breve del mondiale con i suoi 3340 metri, l’unico in cui la distanza di gara non supera i 300 Km per via delle basse medie orarie. E che dal punto di vista tecnico presenta sfide peculiari, a causa dell’asfalto stradale che presenta un’usura e un’aderenza bassissime. 

Tanto da imporre ai team l’utilizzo di gomme Ultrasoft non solo in qualifica ma anche per buona parte di una gara che si preannuncia a una sola sosta. Inoltre gli assetti sono particolari, perché il fondo stradale sconnesso richiede una certa altezza da terra e le curve secche impongono di diminuire il raggio di sterzata delle monoposto, avvantaggiando, almeno sulla carta, le macchine col passo più corto. 


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