5 settembre 1939: nasce Clay Regazzoni

5 settembre 1939: nasce Clay Regazzoni

E' probabilmente il baffo più noto tra i piloti di F1: sfiorò il titolo nel 1974, suggerì Lauda alla Ferrari e visse la mondanità di un'epoca d'oro

05.09.2023 ( Aggiornata il 05.09.2023 15:05 )

Nessuno lo conosce come Gianclaudio Giuseppe, perché tutti lo chiamavano Clay. Clay, Clay Regazzoni, e basta il nome per spalancare una porta su un passato che non c'è più, pieno di nostalgia e ricordi. Quei ricordi che sono l'unica cosa che restano di lui, il quale oggi, 5 settembre, avrebbe compiuto 84 anni se solo quell'incidente autostradale non se lo fosse portato via nel dicembre 2006, quando di anni ne aveva 67.

Chi era Clay Regazzoni

Clay Regazzoni è stato un po' tutto. Enzo Ferrari lo aveva definito "viveur, danseur, calciatore, tennista e, a tempo perso, pilota", a sottolineare, con garbo e malizia al tempo stesso, un'indole poliedrica, concentrata solo in una piccola parte su quello che avrebbe dovuto essere il suo mestiere principale, quello del pilota. Tuttavia, il Drake lo definì anche "brillante, intramontabile", perfetto per i rotocalchi e la tv: famosissimo il suo ballo con Raffaella Carrà, per il baffo probabilmente più noto tra i piloti della Formula 1. Amava la mondanità, si godeva la notorietà data dall'essere pilota Ferrari, non disdegnava le comparsate in televisione: ma guai a dire che con il volante in mano non ci sapeva fare, come dimostrò anche dopo il terribile incidente di Long Beach 1980, in seguito al quale fu costretto su una sedia a rotelle. Non abbandonò del tutto le corse, partecipò a qualche rally e fu voce apprezzata per i Gran Premi in tv. Fu anche promotore dello sport tra chi soffriva di disabilità, prima di trovare la morte in quell'incidente sulla A1.

Quel sogno sfumato

Era un pilota istintivo, Clay, ma anche un profondo conoscitore della meccanica. Le auto le conosceva bene, grazie all'esperienza fatta in gioventù presso l'officina di famiglia, e per questo sapeva come svilupparle, una dote sempre apprezzata dagli ingegneri. Vinse in Formula 2, vinse tra i Prototipi, azzardò l'assalto alla 500 Miglia di Indianapolis e seppe vincere anche in F1, sebbene non raggiunse mai il titolo mondiale. Portò a casa cinque vittorie, l'ultima nella storica Silverstone 1979, giorno in cui Clay regalò il primo successo alla Williams, che da lì in poi avrebbe preso il volo. 

Il rimpianto, purtroppo, non può che essere quel 1974. Di ritorno in Ferrari dopo l'anno alla BRM, il ticinese si presentò all'ultimo appuntamento a Watkins Glen in testa al campionato a pari punti con Fittipaldi: erano lui, il brasiliano e Jody Scheckter a giocarsi il titolo. Per la Ferrari, purtroppo, tutto crollò prima di cominciare. Mauro Forghieri, il direttore tecnico, visse un'odissea per arrivare al circuito e quando arrivò praticamente era già tempo di qualifica e la 312B3 non era al meglio con gli assetti; Clay andò in gara, ci provò ma con una macchina che non lo seguiva fu solo 11°: con Scheckter ko, il titolo finì a Fittipaldi, 4° sul traguardo.

Niki Lauda, l'intuizione di Clay

Avrebbe desiderato almeno un'altra occasione, Clay, e invece quella del 1974 resterà la sua opportunità più grande per diventare iridato in Formula 1. L'anno dopo la Ferrari riuscirà sì a vincere il titolo, ma con Niki Lauda, l'austriaco che proprio Clay, dopo averlo avuto come compagno di squadra alla BRM, suggerì a Maranello. Una beffa del destino, ma anche la dimostrazione che Clay, di macchine e piloti, capiva. Ed il popolo ferrarista, di quella intuizione, gli sarà eternamente grato.


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