GP Italia 2008: 15 anni fa Vettel e Toro Rosso sul trono di Monza

GP Italia 2008: 15 anni fa Vettel e Toro Rosso sul trono di Monza

Sono passati 15 anni da una delle imprese più memorabili dell'era moderna e non solo: in una Monza inzuppata dalla pioggia, il giovane Seb e la piccola Toro Rosso andavano a vincere nella F1 dei grandi Costruttori

14.09.2023 ( Aggiornata il 14.09.2023 09:40 )

Pioveva forte, quel giorno. Pioveva talmente forte che sembrava che Giove Pluvio si fosse dimenticato i rubinetti aperti, inondando una pista che con la pioggia si fa sempre più insidiosa di altre. Pioveva forte ma Sebastian Vettel sembrava non essersene accorto: “danzava” sotto la pioggia che era una meraviglia, con quella Toro Rosso STR3 destinata ad entrare nella storia. Con qualche grado di ala e niente più, come si confà ad una pista come Monza, e con il solo vantaggio rispetto agli altri di non avere nessuno davanti (vantaggio legittimato da un giro strepitoso in qualifica), l'allora giovane promessa si avviava verso l'Olimpo dei grandi. Aveva solo 21 anni ed un paio di mesi, il mondo lo conosceva ma non così tanto. Dopo quel giorno, però, tutti avrebbero saputo chi fosse: era il 14 settembre 2008, 15 anni fa, e Sebastian Vettel diceva ciao al mondo.

Più forte di tutti

Monza 2008 è uno scrigno del passato, un'emozione che non lascia indifferenti. E' una corsa storica consegnata al mito: quando ti ricapita di vedere la Toro Rosso, ex Minardi, dominare la scena con un giovanotto al volante. Era la F1 dei grandi Costruttori, quella: c'erano Ferrari, Bmw, Renault, Toyota, Honda e Mercedes come motorista, eppure a vincere fu la casa di Faenza. Alla vigilia di quel Gran Premio Seb Vettel lo diceva: "Voglio far bene, qui corriamo in casa". Veniva dal 5° posto di Spa, un bel biglietto da visita in vista di Monza ma di certo non una garanzia, figurarsi per un risultato così. Sentiva di poter fare bene, Seb, ma immaginare un fine settimana del genere era troppo anche per lui, che in quei giorni si sentiva leggero come una piuma: dopo un inizio di stagione difficile aveva trovato la quadra, la macchina era cresciuta e stava iniziando a divertirsi. 

Si divertì da matti quel giorno, si divertirono meno quelli che lo dovettero salutare sin dalla partenza: non ce n'era, contro Seb, in fuga sin dal giro 3, il primo di gara vera dopo un paio di tornate dietro la safety car per la troppa pioggia. Schizzò via dalla Parabolica mentre gli altri erano sommersi dagli spruzzi d'acqua, spiegando a tutti che la pole del giorno prima non era stata frutto delle circostanze, che non aveva né meno benzina degli altri (era l'epoca dei rifornimenti) né assetti troppo diversi. Seb e la Toro Rosso erano veloci, punto. Veloci abbastanza da diventare imprendibili: l'unico che con una singola sosta avrebbe potuto tornare in gioco era Hamilton, costretto ad una seconda fermata per mettere le intermedie e addio sogni di gloria.

Nasce la leggenda dell'indice

Risale a quell'anno la prima volta in cui Seb dà il nome ad una monoposto. "Julie", è quello scelto per la STR3 color viola e oro brunito. E risale a quel giorno la scoperta di un modo di esultare che diventerà un marchio di fabbrica: dito indice alzato a fendere l'aria, in un'espressione sempre accompagnata dallo scuotimento del casco, effetto collaterale naturale dell'esultanza. Leggenda vuole che quell'esultanza sia nata nell'estate di due anni prima, a Spa, in seguito ad un incidente in Formula Renault 3.5: Seb prova a fare Eau Rouge in pieno, perde il controllo, sbatte ed una ruota scattacatasi dalla vettura colpisce il suo dito indice: osso andato. Il giorno dopo, Seb è ai box con i meccanici, ride e scherza con loro con l'indice tutto fasciato. Una volta guarito, quell'indice diventerà l'emblema delle vittorie.

Si emoziona pure Gian Carlo Minardi

Faceva un certo effetto sentire risuonare, in tutto l'Autodromo, l'inno tedesco ed italiano insieme. Due anni prima la stessa melodia aveva accompagnato l'addio di Michael Schumacher, idolo dei tifosi e dello stesso Seb. Due anni dopo, il Das Lied der Deutschen e l'inno di Mameli sono un colpo al cuore, un tuffo nell'emozione e nella nostalgia: chissà cosa avrebbe dato, Seb, per farli suonare ancora insieme nei suoi giorni tinti di rosso. Quel giorno di 15 anni fa però non può ancora immaginare la Ferrari, può solo sognarla, perché la sua storia da vincente è appena cominciata. E' la prima di 53, di certo una delle più speciali. Niki Lauda, che in fatto di piloti ha sempre saputo il fatto suo, si toglie il berretto; babbo Norbert, che gli sta vicino anche nella scelta dell'albergo (l'amatissimo Hotel Fossati), guarda il cielo con occhi commossi e non sa cosa dire; Dietrich Mateschitz forse è il più emozionato di tutti, perché ha finalmente vinto una gara in F1 e lo ha fatto con la squadra meno gettonata, mentre Gian Carlo Minardi, sul divano di casa, è ancora più nervoso di quando era in pista: si libera solo dopo la bandiera a scacchi. Sente sua la vittoria, Gian Carlo: tantissimi di quei ragazzi e ragazze che lavorano a Faenza, li ha assunti lui. Alcuni lo chiamano a gara finita e lui si commuove. Era partito da un sogno, e quel sogno adesso brilla: poco importa che si chiami Toro Rosso e non più Minardi, quella è la sua creatura.

Monza ai piedi di Seb

Monza 2008, dunque. Una sigla, una chiave per il passato. Un omaggio alla storia, una delle pagine migliori che siano mai state scritte a Monza. Sebastian Vettel, con la sua Julie ed il numero 15 sul musetto, consegnati ai libri ed alla leggenda delle corse. Lui, in fuga sotto la pioggia, applaudito da tutti sugli spalti. Chi c'era, ricorda bene l'incredulità del sabato, ricorda bene l'esplosione di gioia del box faentino inquadrato in mondovisione, increduli pure loro. Incredulo, ma forse un po' meno, l'uomo che scelse di puntare 100 euro sulla pole di Seb ed in cambio tornò a casa con 10.000. Increduli tutti, insomma, quando ad ogni giro che passava il vantaggio di Seb, anziché diminuire, aumentava. Ed increduli tutti al momento della bandiera a scacchi, ad applaudire il ragazzino che quel giorno diventava il più giovane di sempre a vincere un GP. Tanta pioggia, un po' di freddo per essere settembre, ma la consapevolezza di aver vissuto in diretta un pezzo di storia. Quel giorno, poter dire "io c'ero", aveva un sapore diverso.


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