GP India, a volte ritornano: la MotoGP ci prova 10 anni dopo la F1

GP India, a volte ritornano: la MotoGP ci prova 10 anni dopo la F1© Alastair Staley/LAT Photographic

Alzi la mano chi si ricorda il Buddh International Circuit, in calendario dal 2011 al 2013: contesto pessimo ma pista interessante, quella indiana, che si fece apprezzare dai piloti e incoronò Vettel campione del mondo proprio 10 anni fa

20.09.2023 ( Aggiornata il 20.09.2023 12:59 )

Dell'India, tutto sommato, la Formula 1 non conserva un brutto ricordo. Diciamo agrodolce, considerando che le cose sarebbero potute andare diversamente. Del resto, il tracciato di Greater Noida ai piloti piacque: fu tutto il contesto, a mancare. Fu la tristezza attorno, nonché un po' di disorganizzazione generalizzata, a sancire l'uscita del Gran Premio d'India dal calendario di Formula 1 dopo appena tre anni.

Il Motomondiale ci riprova 10 anni dopo la F1

Adesso ci riprova il Motomondiale, un decennio esatto dopo l'ultima apparizione del Circus a quattro ruote. Sulla stessa pista e, a quanto pare, con gli stessi problemi: le infrastrutture interne sembrano un po' squallide, all'esterno dell'autodromo regna la povertà, i problemi con i visti per l'accesso nel Paese sono persistenti. Insomma, come cartolina non sembra essere la migliore, comprese le scene di una realtà sociale ancora molto lontana dalle abitudini occidentali. E che dire della zona appena fuori del circuito, un'area desertica in cui il tempo sembra essersi fermato a mezzo secolo fa o forse anche di più. Ma l'India ci riprova, appunto: e stavolta non vuole farsi sfuggire l'occasione.

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India: un mercato molto appetibile, ma...

Perché la MotoGP abbia scelto di andare in India, è presto detto: quello indiano è un mercato fondamentale per il mondo delle due ruote, non solo perché la nazione vanta una popolazione di 1,408 miliardi di persone. Era un po' il motivo per cui Bernie Ecclestone, dopo svariati tentativi, riuscì a portare un gran premio in India. Perché il Buddh International Circuit è stato il primo ad essere entrato in calendario, ma non è stato il primo progetto di un'India dentro alla F1. Era un mercato appetibile anche per Mr.E, e non dimentichiamoci il contesto di allora, quello di un Paese che si stava avvicinando ai motori: nel 2005 aveva debuttato il primo indiano di sempre, Narain Karthikeyan, e nel 2010 era arrivato pure Karun Chandhok, sulla scia di una nazione apparentemente sempre più coinvolta; l'input decisivo lo aveva dato Vijay Mallya, che a fine 2007 si era comprato l'olandese Spyker per presentarsi, a inizio 2008, con il nome di Force India. Quella che oggi è Aston Martin, ma questa è un'altra storia.

L'India, insomma, ancora oggi fa parlare di quello che avrebbe potuto essere e non fu. Troppe, furono le cose che non quadrano in quel tentativo di inizio anni '10: le voci ufficiose parlarono di un investimento di 160 milioni per la pista e di 600 per l'intero complesso sportivo che avrebbe dovuto ospitare anche uno stadio da hockey ed un percorso per il golf, un investimento che secondo gli organizzatori sarebbe stato pareggiato nel 2014, quando però il Buddh Circuit si sarebbe già ritrovato fuori dal calendario (tre edizioni, dal 2011 al 2013). Si parlò anche di metodi non consoni per l'acquisto dei terreni ceduti dagli agricoltori locali, nonché di indennizzi troppo bassi. Insomma, si finiva per parlare sin troppo di quello che era il quadro generale oltre la gara.

Buddh Circuit: pista promossa

Ed è un peccato che sia andata così, anche se non fu assolutamente sbagliato (e ci mancherebbe) raccontare anche tutte le contraddizioni ed i sospetti, diciamo così, che aleggiavano su una gara che ha avuto comunque qualcosa da dire, nel breve periodo in cui è rimasta in calendario. Ha fatto in tempo ad entrare nella storia, per dire: nel 2013, Sebastian Vettel festeggiò proprio a Greater Noida il suo quarto ed ultimo titolo iridato con una serie di piroette di fronte ad un pubblico che, per quanto non accorso in massa, stava iniziando ad apprezzare quelle vetture a quattro ruote tanto lontane dalla sua cultura sportiva, amante come era ed è del cricket. Seb fu l'interprete migliore di quella pista, con tre vittorie su tre, negli anni in cui faceva incetta di titoli con la Red Bull. 

Era un tracciato che aveva del potenziale: Hermann Tilke, braccio destro di Ecclestone nel disegnare i circuiti, evitò di partorire piste piatte come Shanghai e Yeongam (poi scomparsa dalla F1), spalleggiato dalla natura del luogo che lo aiutò a partorire un tracciato fatto di interessanti elevazioni e dislivelli. Il punto più alto era curva 3, un tornante secco verso destra che immetteva in un rettilineo lunghissimo, per una prima parte di giro velocissima. Poi cominciava il tratto guidato, che da curva 5 si snodava fino a curva 16, l'ultima prima del rettifilo principale: rivedibile la chicane 6-7, molto bella la 8-9, in contropendenza, fino ad arrivare alla curva più famosa di quel tracciato, la curva ad ampissimo raggio e triplo punto di corda che era più di un'imitazione della stupenda curva 8 di Istanbul, anche se nel senso di marcia opposto. Si finiva poi con un'altra chicane in salita verso sinistra, la 13-14, per poi scendere ancora con una curva secca verso destra ed un'altra verso sinistra, la 16, l'ultima prima del rettilineo di partenza.

GP India, riparte su due ruote tra tante contraddizioni

Insomma, tra mille chiacchiere e contraddizioni, la pista aveva un suo perché e probabilmente avrebbe meritato un altro futuro. Un futuro che sembrava già scritto, un futuro che sapeva di oblio, come quello vissuto nell'ultimo decennio. Ma adesso l'India ci riprova, passando dalle quattro alle due ruote: ci sarà molto da aggiustare, in quella fetta di mondo, ma il circuito può avere una sua storia. Abbiatene cura. 

A seguire, alcune immagini del pre-gara del GP dell'India del 2013, l'ultimo disputato:


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