GP Giappone: i 5 temi del fine settimana

GP Giappone: i 5 temi del fine settimana© @RedBullRacing

A Suzuka la Red Bull e Verstappen offrono il meglio del repertorio su una pista amica e dominano, artigliando il sesto Costruttori della loro storia; la McLaren va forte, la Ferrari si difende mentre in casa Mercedes e Alpine ci sarà da discutere

25.09.2023 ( Aggiornata il 25.09.2023 10:57 )

Sul tetto del mondo

Volete una statistica inutile? Eccovi serviti: i suoi sei campionati del mondo Costruttori, la Red Bull li ha vinti tutti quanti fuori dall'Europa. E il bello è che non è nemmeno sola: è successo pure a BRM, Brabham, Benetton, Renault e Brawn GP di vincere i proprio titoli Costruttori solo ed esclusivamente lontano dal Vecchio Continente. Poi però di statistica ce n'è un'altra, e se ci si ferma a riflettere è già più indicativa della pura curiosità del luogo: in 74 edizioni del mondiale di Formula 1, nessuna squadra si era mai consacrata regina con ben sei gare d'anticipo. La McLaren del 1988, insieme alla Ferrari del 2004, erano riuscite a farcela con cinque gare d'anticipo, non con sei. E questo dà il senso della misura del dominio che stiamo vivendo. Perché, volenti o nolenti, questa è storia.

Ci perdonerà, Max Verstappen, se per una volta non siamo partiti da lui. Ma tanto è il primo a sapere che per lui le copertine arriveranno in Qatar, forse addirittura prima di domenica: gli bastano 3 punti nella sprint race del sabato per portare a casa il terzo titolo e diventare così il primo di sempre a festeggiare con la mini gara del sabato. E' il sintomo della nuova F1, e chissà quanto sarà contento Stefano Domenicali di incoronare un campione del mondo al termine di una sprint race, e per di più in uno dei Paesi con il quale ha trovato un accordo piuttosto remunerativo per promuovere questa F1. Questa F1 che ha due dominatori ben precisi, tra squadre e piloti, che non hanno mancato di dettare la loro legge anche nel Gran Premio del Giappone. Quello che, dopo 14 vittorie su 15, era diventato questione di vita o di morte.

Una delle immagini simbolo del weekend di Max Verstappen non è la precisione assoluta nelle serpentine del primo settore o la delicatezza con cui alzava il piede alla 130R per preservare la mescola media in gara senza che nessuno se ne accorgesse, almeno tra chi stava incollato ai monitor dei tempi, perché era velocissimo pur non andando a tutta. Comunque no, non sono queste le immagini simbolo. L'immagine simbolo è quello “0” fatto con indice e pollice giovedì, negli incontri con la stampa, in risposta a chi gli chiedeva quanto la TD018 e la TD039 2.0 avessero inficiato sulla prestazione della Red Bull a Singapore. Dopo averlo anticipato a parole e gesti, Max lo ha dimostrato con i fatti: altro che direttive, è stato solo un weekend cannato dall'inizio alla fine. Assetti sbagliati, gomme non “accese”, ma tutto da catalogare sotto la voce “eccezione”. E infatti, a Suzuka, sono tornati a dominare. La RB19 era una meraviglia, nei curvoni veloci del Sol Levante. Il giro di qualifica di Verstappen in Q3 è stato un tocco d'arte, perché a parte un colpo di sterzo in più in uscita dalla 6, è andato letteralmente sui binari per tutto il giro. Danilo Petrucci, ex pilota Ducati in MotoGP, raccontava con la sua guasconeria di Casey Stoner a Phillip Island: “Le fasi della vita dovrebbero essere: nasci, cresci, vedi un giro di Stoner a Phillip Island, ti riproduci e poi muori”. Stoner in Australia ha fatto storia, ma anche il Verstappen di Suzuka, di questa Suzuka, è stato uno spettacolo per gli occhi. Era assecondato da una vettura straordinaria certo, ma l'ha portata al limite in un modo non scontato. Suzuka del resto non mente: serve la macchina, ma serve anche il pilota. E questo pilota, con questa macchina che ormai si è cucita addosso come un guanto, sono una combo che su tracciati del genere non possono avere rivali. Carico aerodinamico, stabilità, efficienza, potenza, serve tutto questo a Suzuka e la RB19 ne ha da vendere. Se poi con Verstappen ci metti il talento, è chiaro che per gli altri diventi un mix letale.

In questa nuova era Red Bull, sembra che i due titoli Costruttori siano arrivati con tempistiche praticamente perfette, come se ci fosse un regista dietro le quinte. Nel 2022, la squadra si laureò campione tra i Costruttori nel fine settimana di Austin, quando dall'altra parte del mondo arrivò la triste notizia della scomparsa di Dietrich Mateschitz. Un Horner che si stava preparando per la conferenza in cui avrebbe annunciato l'accordo con la Fia per la violazione del budget cap 2021 si sciolse dopo il traguardo, allentando una tensione che si era fatta ben più grande del previsto. Suzuka 2023, invece, ha il sapore della serenità: titolo mai in discussione, nessuna violazione, tutto perfetto, compreso lo scenario. Perché fino a prova contraria, Suzuka resta uno dei luoghi più belli dove festeggiare un campionato, di fronte ad un pubblico che sa sempre tributare chi vince, indipendentemente dal colore della divisa. Se poi il tuo partner è Honda, proprietaria del circuito, tanto meglio: e infatti, al di là di tanti nostalgici che sono rimasti con la Ferrari o con la McLaren, in molti a Suzuka tifano Red Bull. In primis, perché tifano Honda: magari nel 2026 tiferanno Aston Martin, ma per ora va bene così.

Brasile 2010, Corea del Sud 2011, Stati Uniti 2012, India 2013, e poi ancora Stati Uniti 2022 e Giappone 2023. Sono queste, le terre di conquista della Red Bull per i suoi sei titoli Costruttori. Una squadra con licenza austriaca, con sede in Inghilterra, che va a caccia di record sulle piste di tutto il mondo, da un continente all'altro. Stare sul tetto del mondo non è mai stato così comodo.

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