Williams FW26, il tricheco che non funzionò

Williams FW26, il tricheco che non funzionò

Esattamente 20 anni fa, il 5 gennaio 2004, la Williams svelò al mondo una delle macchine più iconiche che gli appassionati ricordino, la FW26 con il muso a "tricheco": non funzionò, ma nessuno dimentica quelle forme originalissime figlie delle scelte di Antonia Terzi

05.01.2024 ( Aggiornata il 05.01.2024 14:28 )

Se la F1 oggi è quella che è, lo deve soprattutto a ciò che è stata. E lo deve anche a quelle persone che hanno contribuito a renderla bella, speciale e affascinante. Gente come i piloti, oppure gente come gli ingegneri, artisti calati nella scienza. Perché tra formule matematiche e calcoli algebrici, sparsi nel mondo della fisica e dell'aerodinamica, anche loro hanno saputo regalare al pubblico qualcosa di unico, proprio come gli artisti. Poi può succedere che le cose vadano bene o vadano male, ma l'idea e l'intraprendenza possono restare nella memoria collettiva indipendentemente dall'esito spietato e senza appello del cronometro. Storie così, storie come quella della Williams FW26.

Nel romanzo della F1, ci sono state vetture rimaste impresse nella mente come testimonianza di audacia progettuale, pure quelle che non hanno vinto. La Lotus 80, la Ferrari F92A, la McLaren MP4-18 oppure la stessa Williams FW26: monoposto a cui non mancò il coraggio in fase progettuale e per questo ricordate, sebbene furono accomunate, tutte quante, dalla delusione dei risultati sportivi.

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Il tricheco

Era il 5 gennaio 2004 e la Williams sorprese il mondo con la sua nuova vettura. Al secolo FW26, nella vulgata "il tricheco": un soprannome derivato dalla forma del muso anteriore, quello ripreso dal mammifero pinnipede dalle grandi zanne. Gli addetti ai lavori drizzarono le antenne appena la videro perché era unica nel panorama di quella F1: in piena controtendenza rispetto alla "moda" imperante, la Williams, anziché scegliere un muso stretto e appena sporgente oltre l'ala anteriore, optò per un muso molto corto, congiunto all'alettone solo grazie a due piloni di sostegno: due "sciabole" molto estese e molto lunghe, che facevano assomigliare la vettura, appunto, ad un tricheco. 

I perché della scelta

L'idea di base era quella di ottimizzare l'andamento dei flussi soprattutto nella parte inferiore, con il muso corto che aiutava a ridurre la resistenza all'avanzamento mentre i piloni, andando a "prendere" prima i flussi dell'aria, contribuivano ad incanalare meglio l'aria sotto al corpo vettura e sulle fiancate, aumentando la generazione di carico dal fondo. Questa soluzione riceveva poi un contributo notevole da parte della sospensione anteriore a doppia chiglia, una scelta che andava a completare la scelta progettuale di un anteriore così originale: la doppia chiglia consisteva in una parte del braccetto inferiore avanzato che si ancorava ad un apposito sostegno ricavato nella parte inferiore e più avanzata della scocca. Questa soluzione aveva finalità aerodinamiche: peggiorava i cinematismi della sospensione ma la presenza di due elementi strutturali ai lati del muso impattavano in maniera minore sull'aerodinamica inferiore della vettura, cosa che invece accadeva con la singola chiglia.

Per fare un esempio concreto, ecco il confronto con la Ferrari F2004 dello stesso anno: la Rossa, con la singola chiglia, doveva far scendere una porzione di telaio inferiormente, formando una piccola "V", dove appunto andavano a collegarsi i braccetti inferiori della sospensione anteriori, paralleli al suolo; sulla FW26, invece, il braccetto si interrompeva e si collegava ai due sostegni obliqui, i quali si ricollegavano al telaio, quest'ultimo di sezione pienamente rettangolare a vantaggio della pulizia del flusso inferiore. L'idea dell'anteriore originalissimo della Williams 2004 era quello di pulire il più possibile i flussi grazie ad un'aerodinamica molto raffinata, guadagnando complessivamente in efficienza. Ideatrice di tutto ciò fu l'italiana Antonia Terzi, chiamata a capo del dipartimento di aerodinamica alla Williams, in un lavoro che vedeva coinvolti anche il direttore tecnico Patrick Head e Gavin Fisher, capo progetto. 

Antonia Terzi: la sua storia

Dalla teoria alla pratica, qualcosa non va

Se questa era la teoria, poi ci fu la pratica. Spietata, per chi a Grove aveva puntato forte sulla FW26. Perché per quanto in squadra ritenessero di aver migliorato la mappa aerodinamica della macchina, i problemi arrivarono da subito, dato che per superare i crash test imposti dalla Federazione la squadra fu costretta ad irrobustire la sezione anteriore, guaio che provocò uno sbilanciamento della vettura, afflitta da un anteriore che alla fine risultò troppo pesante. In più, nonostante le buone sensazioni iniziali, i piloti scoprirono presto che la monoposto non era affatto competitiva: lasciando da parte la Ferrari, che con la F2004 sbaragliò la concorrenza, la Williams fece fatica anche a contenere BAR e Renault, cosa che impose una lunga riflessione al quartier generale, dove si stabilì una decisa inversione di marcia: dopo 12 GP (con soli due podi ottenuti) il team si presentò in Ungheria con profonde modifiche alla vettura, rinnegando il concetto iniziale. La FW26 versione "B" si convertì ad un muso più tradizionale, ritrovando competitività sul finale di stagione, quando riuscì a vincere l'ultimo GP dell'anno, quello in Brasile, con Juan Pablo Montoya, alla sua ultima corsa con il team prima di passare alla McLaren. Questo non bastò ad Antonia Terzi, che a fine stagione fu sollevata dall'incarico.

Troppa ambizione?

L'errore di base della Williams, con il senno di poi, fu di rompere eccessivamente con il modello precedente, la Williams FW25 del 2003, che arrivò a giocarsi i titoli fino in fondo. Spinta dal potentissimo V10 della BMW, la FW25 si dimostrò competitiva e pur mancando i titoli avrebbe costituito una buona base per il modello 2004, sul quale invece a Williams si decise di dare all-in con soluzioni sì avveniristiche, ma alla riprova dei fatti poco premianti. Un rimpianto non da poco per una Williams che, proprio in quel 2004, intraprese una lenta ma inesorabile discesa, senza mai più riaffacciarsi tra i piani nobili della F1. Basti pensare che il GP Brasile 2004 è stata l'ultima vittoria della Williams fino al GP Spagna 2012, giorno della vittoria di Pastor Maldonado che ancora oggi resta l'ultimo successo per il team di Grove. Per quanto infatti siano passati due decenni, il trionfo ad Interlagos 2004 della FW26 versione B risulta essere il penultimo successo nella storia della Williams.

Venti anni dopo, di quella Williams FW26 resta l'ardore di un progetto che ci ha comunque provato, sebbene poco o niente sia stato poi da salvare. Quella Williams è l'occasione per ricordare la sfortunatissima Antonia Terzi, scomparsa a 50 anni in un incidente stradale, e ci offre l'opportunità di rispolverare un certo concetto della F1, quello degli ingegneri che ci provano, e che magari pur peccando di ambizione, lasciano comunque qualcosa agli appassionati. Perché ci sono le vetture che vincono ma anche quelle che catturano l'occhio e vi restano per sempre. Non è un insieme di frasi fatte, quanto piuttosto il tributo all'affascinante sfida ingegneristica che è la Formula 1. Nel bene o nel male, tra macchine riuscite ed altre meno.


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