"Ferrari, vendicaci e riprenditi Le Mans!"

"Ferrari, vendicaci e riprenditi Le Mans!"

Corradini, meccanico dell’era d’oro, svela i retroscena della 24 Ore 1973, quando secondo lui la Rossa fu derubata dalla Matra

07.06.2023 ( Aggiornata il 07.06.2023 14:14 )

Pietro Corradini, 76 anni portati alla grande e meccanico di culto della Ferrari Anni ruggenti ha qualcosa da svelare della 24 Ore di Le Mans 1973, l’ultima alla quale prese parte la Rossa prima del clamoroso ritorno di quest’anno...

24 Ore di Le Mans, l'albo d'oro

La rivelazione clamorosa

"...Le Mans 1973 è una spada nel cuore, per la storia della Ferrari. Ero in pit-lane e vidi chiaramente che i nostri rivali, ossia la Matra di Pescarolo-Larrousse, rimasero in panne. Be’, portarono la loro macchina al box e cambiarono il motorino d’avviamento, cosa vietatissima. Ero lì e vidi il pezzo smontato sul bancone. Allora chiamai subito uno dei commissari denunciando la cosa, ma questo mi apostrofò male, urlandomi di uscire e tacere. A quel punto mi arrabbiai moltissimo ma mi fu detto di lasciar perdere, perché eravamo in casa loro... Ma fu una brutta cosa, che testimonia come al solito che i furbi vincono e gli onesti si arrangiano... Sai, sia Henri Pescarolo che Gerard Larrousse, entambi i piloti Matra vincitori di quella edizione, sono ancora vivi e vegeti e mi piacerebbe tantissimo sentire il loro parere in proposito. È come in bici: se prendi il beverone, trionfi, se stai in regola e a dieta, vai più piano e non vinci mai...Poi si sarebbe trattato di andare a litigare in casa dei francesi, cosa che non è mai una bella idea... Comunque io quello che dovevo vedere l’avevo visto e questa cosa mica me la scordo. E adesso è anche bene ritirarla fuori, mica per il gusto della polemica ma solo per dire che la Ferrari del 1973 meritava ec come il trionfo, con Merzario che stava guidando da grande campione. Tutto questo per dire che l’idea di una Ferrari che torna a Le Mans per riprendersi quella vittoria che ci fu scippata mezzo secolo fa, mi fa enormemente piacere, anzi, il doppio di quanto sarebbe logico provarne".

Secondo lei l’identità Ferrari è in F.1, prototipi, ovvero in entrambi le classi?

"Il vero cuore Ferrari è nell’endurance, altroché. La Rossa è diventata grande da subito sbaragliando il campo nelle gare di durata e poi è venuto il resto. La vera Ferrari è nata nelle corse su strada, Mille Miglia, Targa Florio, Carrera Panamericana in Messico... Nei primi undici anni del Mondiale marche il cavallino Rampante ha vinto la bellezza di nove titoli, sbaìragliando tutti, maserati compresa. In Formula Uno la faccenda è sempre stata diversa, i successi ci sono stati eccome ma è mancata la stessa intensità delle vittorie nelle gare di durata. E poi c’è un altro aspetto importante da sottolineare: storicamente il campionato del mondo di durata ha sempre avuto gare singole molto importanti, dal nome altisonante e leggendario: la 24 Ore di Daytona, la 12 Ore di Sebring, la 1000 Km del Nurburgring... Voglio dire che per una Casa vincere queste corse monumento rappresentava una promozione impressionante, mille volte maggiore, ai tempi d’oro, rispetto alla F.1. Tanto che negli Anni’60 quando Henri Ford II volle promuovere l’immagine sportiva del suo marchio pensò subito alle gare endurance e a comperare la Ferrari, salvo decidere di provare a batterla dopo che non l’aveva poturta comperare. Quindi il ritorno in Hypercar in realtà è un bellissimo omaggio alle origini, quando se avevi il motore vincevi e se non l’avevi, perdevi. Proprio nell’endurance si sviluppa la filosofia di fondo del mito Ferrari, che vuole, almeno negli anni del Commendatore, il motore al centro dell’importanza all’interno di una macchina da corsa. Perché il motore deve essere potente più degli altri, deve annichilirli di potenza ma allo stesso tempo deve durare, non si deve rompere, creando una specie di mito di forza e quasi invulnerabilità. Voglio dire che se andiamo, come si dice, alle origini del mito, scopriamo che è proprio l’impegno e il successo della Ferrari nelle gare endurance a dare un’immagine e un prestigio in tutto il mondo, che parte da gare come Le Mans e Daytona, senza dubbio, ma poi va anche oltre. Proprio per questo ho deciso di andare a Imola per gustarmi la vista di questo stupendo nuiovo prototipo della Rossa, perché secondo me con l’idea di tornare sulle piste delle principali gare di durata la Ferrari sta facendo un grande omaggio alle radici più intime della sua storia, ricongiungendosi a esse". 

Quale pensa sia la Ferrari prototipo più bella della storia?

"Ho un debole per la 312 Pb del 1972, quella che trionfò nel mondiale marche vincendo dappertutto meno che a Le Mans. Mi piace tantissimo, più ancora dell’evoluzione 1973, quella alla quale hanno tolto togliendo la presa d’aria davanti. La evo 1973, invece non mi è mai piaciuta. Così come anche la sua progenitrice, la 312P del 1969, che a tanti fa impazzire e a me non gusta granché. Mah, diciamo è questione di gusti. Tornando alla 312 PB del 1973, ossia l’ultima Ferrari concepita per correre ufficialmente nelle gare di durata, fateci caso, nelle foto è sempre alta, davanti, tanto che avevano aggiunto venti, trenta chili di zavorra, per farla stare giù... Sentite questa: una mattina il Commendator Ferrari come sempre si fa una passeggiata nel reparto corse insieme al capo officina Taddei e quando vede la 312 PB 73 pronta per un test a Fiorano chiede il motivo della prova e lui gli risponde che bisogna collaudare la zavorra davanti. E allora Ferrari andò su tutte le furie (in modenese) dicendo: “ma come, vado fin in Russia per comprare del titanio pagandolo a peso d’oro per alleggerire la macchina e poi davanti mi mettete la zavorra?!” Insomma, fece un cinema incredibile! Ma dalla sua parte aveva ragione...".

Corradini, qual è stata la più grande prodezza dei meccanici Ferrari a Le Mans?

"Quando nel 1973 abbiamo cambiato in una notte il pacco molle di tutti e tre i motori, quarantotto valvole l’uno, perché era stato erroneamente montato con la misura della F.1, che girava a 1500 giri in più, tredicimila contro gli uncicimila e cinquecento delle gare di durata. Allora sì che fummo costretti a un tour de force per mettere a posto tutto. E con una grand soddisfazione, perché nessuna delle nostre macchine in gara ebbe problemi al motore». Su, la verità: perché la Ferrari perse Le Mans 1973, a parte le furbate Matra? «Perché il secondo serboatoio, quello piccolo dove pescava la pompa meccanica, fu montato troppo rigido, quindi, visto che era di alluminio, a forza di subire le vibrazioni, si crepò. E fu allora che Merzario che era in testa sentì odore di benzina e si allarmò, giustamente. Tanto che dovemmo intervenire, cambiando anche la frizione. Fu la fine, perché con quei giri persi, Arturo non potè avere più la possibiilità di vincere una gara che la Ferrari avrebbe meritato eccome di poter fare sua".

Quanti meccanici eravate per correre a Le Mans, negli anni d’oro?

"Con tre macchine schierate eravamo in ventisei, per la 24 Ore e si procedeva a turni forzati. Adesso in ventisei sono quelli del catering... Come si dice, erano altri tempi... Comunque, ho un grandissimo rispetto di tutto quello che ha ottenuto in GT la Ferrari di Antonello Coletta e gestita stupendamente in pista dalla AF Corse di Amato Ferrari. Tutto è ricominciato lì e nel migliore dei modi. Sono molto fiducioso, anche se sarà un compito difficile, perché la concorrenza mai come ora è tantissima e spietata. Allora dico due sole cose: viva la Rossa e forza Ferrari, riprenditi Le Mans!".


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