La morte bussa alle porte dello show

La morte bussa alle porte dello show

La scomparsa di Craig Breen è l'ennesimo brusco risveglio per il motorsport, scritto da un destino che riesce a insinuarsi ancora tra gli sforzi massimi sul fronte della sicurezza

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Fabiano Polimeni

13.04.2023 17:23

Le ricostruzioni ci diranno della dinamica esatta, di come la Hyundai i20 Rally1 di Craig Breen ha concluso la sua corsa contro una staccionata, mentre il pilota irlandese - navigato da James Fulton - si stava preparando con un test sulle strade croate al ritorno in prova speciale, in gara, al prossimo appuntamento del mondiale WRC.

Illeso Fulton, morto sul colpo Breen. Si resta attoniti ogni volta che la cronaca racconta di tragedie sulle quattro ruote, stavolta sulla scena mondiale del rally.
Motorsport is dangerous è una formula che mette i brividi quando si manifesta davvero, in tutta la sua drammaticità, e non resta solo un ammonimento, un complemento dello show.

La rincorsa infinita

Quel pericolo e quei rischi che non puoi mai estirpare del tutto. Puoi rendere sempre più sicuri gli strumenti della sfida, gli oggetti della passione, in una rincorsa costante e imperfetta nel perfezionare la sicurezza delle auto.
Che siano le categorie in monoposto o i rally, scopri sempre quel centimetro quadrato che avrebbe potuto o dovuto essere curato diversamente per evitare l'irreparabile, ma avviene quasi sempre con un irrecuperabile senno del poi.

Gli strumenti della razionalità semplicemente non sono applicabili a eventi che si decidono nello spazio di pochi centimetri. Quand'è il fato a decidere.

Senna muore per il puntone della sospensione a inserirsi tra calotta del casco e visiera. Kubica salva la vita ma ci rimette la carriera ad Andora, per una lama del rail che fende la Skoda Fabia dal davanti e si conficca in abitacolo.

11 anni dopo la Targa Florio

La dinamica dell'incidente nel quale è rimasto coinvolto Breen allungherà l'elenco degli eventi drammatici che vanno oltre la costante rincorsa alla sicurezza. È come se il destino trovasse sempre la via per attaccare quello che razionalità e tecnica hanno provato a mettere al sicuro: la vita.

Le cronache racconteranno come ci è stato tolto Craig Breen, se e come quella staccionata si è messa di traverso sulla vita del pilota irlandese. Un destino che colpisce ai lati, che ritorna 11 anni dopo quell'incidente alla Targa Florio del 2012, quando il guard rail squarciò la Peugeot 207 con la quale Breen era in gara insieme a Gareth Roberts. "Jaff", 24 anni, venne strappato alla vita, seduto sul lato destro della passione, copilota di Craig.

Passione pura

Verso i rallysti è impossibile non nutrire un'ammirazione speciale, unica, superiore se possibile a tutti gli altri Cavalieri del rischio. Perché restano funamboli tra curve e percorsi che per forza di cose sono imperfetti. Perché la via di fuga è un concetto che non appartiene al mondo dei traversi in prova speciale.

I rallysti hanno qualcosa di unico e diverso da tutti gli altri piloti che indossano casco e guanti sulle quattro ruote. Unici tanto quanto gli altri acrobati estremi che vivono la passione del TT sull'Isola di Man. Sono mondi comprensibili solo se sei un petrolhead puro, "non diluito".

L'ultimo tweet di Craig Breen racconta il modo di intendere e vivere la passione per le corse, di chi si esalta nel rivedere una sequenza di curve conosciuta perché narrata, tramandata per tradizione orale e qualche video in VHS, quand'era un passaggio di un rally negli anni Novanta: "Sì! Volevo vederlo da anni dopo averne sentito parlare così tanto".

O, ancora, quel sorriso col quale lo ricorderemo, di chi era impaziente di affrontare la prossima avventura in arrivo, la prima con la i20 Rally1 su asfalto.

 
 
 
 
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