Dove sta andando la Ferrari?

Dove sta andando la Ferrari?

Analisi sul presente e sul futuro del Cavallino in F.1 all’indomani dell’uscita di scena di Arrivabene e della promozione di Binotto

15.01.2019 ( Aggiornata il 15.01.2019 12:14 )

Insomma, cosa sta succedendo in Ferrari? Al di là dei fiumi d’inchiostro scorsi per annunciare e didascalizzare la fine dell’era Arrivabene, qual è il senso di ciò che sta accadendo a Maranello, in proiezione futura? È davvero possibile riassumere in pillole e in poche righe, per farla breve, il riassunto chiaro, comprensibile, breve e bignamizzato di tutto? Proviamo, non si sa mai. Il 2018 è stato un anno determinante per la gestione Ferrari. Purtroppo determinante in negativo. E per cinque motivi d’intensità e importanza decrescenti. Questi: 1) L’uomo simbolo e soprattutto sostanza del nuovo corso, Sergio Marchionne, scompare il 25 luglio, lasciando un vuoto al momento colmabile solo da un punto di vista pratico, ma non sul piano dell’autorevolezza e della fiducia degli investitori. 2) Tre giorni prima della scomparsa di Marchionne, Seb Vettel con il clamoroso errore di Hockenheim dà il via a una seconda parte di stagione infarcita di errori, tali da contribuire a lasciare i titoli mondiali Piloti e Costruttori senza soverchi sforzi nelle mani di Hamilton e della Mercedes. Con epicentro della crisi a Monza, quando i piloti Ferrari partono lancia in resta l’uno contro l’altro armati, con conseguenze di nuovo autodistruttive per la santa causa Rossa. 3) Il finale di stagione vede Arrivabene, peraltro in passato molto misurato e quasi taciturno, fare esternazioni che si concentrano più che nella stigmatizzazione degli errori fatti sul e dal versante umano, su quello tecnologico. 4) La cosa porta a una resa dei conti interna tra lo stesso Arrivabene e il Direttore Tecnico Binotto. O l’uno o l’altro. La convivenza, ormai, non è più possibile. 5) Nel frattempo, il titolo Ferrari in borsa è in caduta libera. La sfiducia del mercato è palpabile, quand’anche le vendite e l’economia concreta del Cavallino diano segnali positivi. Ma occorre ribaltare e contrastare il trend borsistico con mosse forti. Una, la prima, e non è detto che sia l’unica e l’ultima, è quella di mettere Binotto al posto di Arrivabene quale team principal in F.1. La spiegazione sintetica, proverbialmente intelligente, intellettualmente onesta e chiara, la dà Mauro Forghieri, storico timoniere tecnico ai tempi di Enzo Ferrari, il giorno in cui compie 84 anni, ossia lo scorso 13 gennaio. Sentiamolo: «Arrivabene era lì per prendersi le colpe. In questa fase era l’uomo adatto per essere rimosso, era purtroppo per lui il capro espiatorio perfetto, così quel che esiste di buono in Ferrari rimane. Ciò che di buono c’è in Ferrari è simbolizzato da Mattia Binotto e dal suo corso tecnico e qui Forghieri aggiunge: «Mattia Binotto è una brava persona e un ragazzo molto capace. È appunto un tecnico, ma avrà poi gente al suo fianco, quindi andremo più avanti nel dettaglio a vedere e capire quale strada si sta prendendo. Adesso è prematuro valutare gli aspetti più consequenziali a questa scelta. Piuttosto non bisogna perdere di vista un dato di fatto che con la politica non c’entra e cioè questo: in questo momento Hamilton di grinta e forza ne ha di più di Vettel. Non sbaglia mai, vince e mette in difficoltà tutto e tutti i rivali. È un figlio di buona donna che ci sa fare da ogni punto di vista. Il vero problema adesso è quello...». Riassumiamo: in questa F.1 dal punto di vista del ciclo tecnologico regolamentare non cambierà quasi nulla nelle prossime due stagioni. Il nuovo volto dei Gp si vedrà dal 2021 in poi, anche se dovrebbe essere una razionalizzazione e non una rivoluzione del regolamento stesso in vigore. Staremo a vedere. D’altronde tutti i contratti dei top driver sono blindati per le prossime due stagioni, Hamilton e Vettel su tutti, Verstappen pure. Quindi la Ferrari rimuovendo Arrivabene e promuovendo Binotto sceglie d’andare avanti sostanzialmente salvando gli equilibri e la realtà esistente e portando a compimento fino al 2021 non solo il ciclo tecnico in corso ma anche il piano globale fortemente voluto da Marchionne per la F.1, che, per inciso, avrebbe voluto Leclerc al posto di Raikkonen già nella seconda metà della scorsa stagione, pronto a promuovere al vertice della Rossa in F.1 lo stesso Binotto, che è sempre stato un suo pupillo. Piuttosto, adesso si parla sempre più del posto di Louis Carey Camilleri, il quale secondo rumors sempre più montanti, da amministratore delegato viene considerato amministratore delicato, in quanto la sua posizione non appare più rocciosamente solida. Nessuno ha niente da dire sulle sue comprovate capacità già mostrate alla Philip Morris, altroché: il fatto è che per ridare slancio e fiducia, non sarebbe da escludere una mossa a favore di un uomo storicamente e geneticamente più di bandiera per la Ferrari. Il nome che è circolato immaginificamente con più insistenza, ossia quello di Stefano Domenicali, ora stimato Ad Lamborghini, se non l’obbiettivo finale rappresenta senz’altro il simbolo, l’esempio tipico d’un fenomeno tellurico che dopo il sommovimento che ha avuto l’epicentro nell’uscita di scena di Arrivabene, continua a produrre a tutt’oggi sciame sismico nei più alti piani dell’entourage Rosso. E se volete saperne tanto ma tanto di più, nel dettaglio, non vi resta che acquistare il numero cartaceo di Autosprint in edicola questa settimana, con oltre 40 pagine dedicate agli approfondimenti del caso Ferrari. Qui da Sterzi a Parte è tutto, a voi studio.


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