Che Spa sia in bilico è la vergogna della F.1

Che Spa sia in bilico è la vergogna della F.1

Sarebbe da proclamare patrominio dell’umanità da corsa e invece i Signori della F.1 meditano di metterlo da parte. Che tristezza...
 

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22.08.2022 11:30

No, ma dico, ci rendiamo conto? La Formula Uno in mezzo a un mare di bigiotteria e paccottiglia di circuiti da due palle e un soldo - presenti e soprattutto futuri -, vanta una perla purissima di inestimabile e antico valore, ovvero la pista di Spa, e cosa fanno i grandi capi del campionato? La tutelano, se ne vantano, la ostentano come una medaglia, la fortificano e la migliorano, rassicurandone gli organizzatori? Macché, tutto il contrario. Se la tirano, la schifano, sfogliano la margherita, nicchiano e glissano, lasciando chiaramente intendere che nella migliore delle ipotesi tutt’al più si potrebbe mezzo salvare e mezzo ammazzare l’avvenire del supercircuito, creando un’alternanza con un’altra struttura, non si sa come e non si sa perché, ma anche no.

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Intendiamoci, di come andrà a finire questa faccenda importa tanto e importa poco allo stesso tempo, perché già il fatto stesso che se ne parli è un gran segnaccio e anche la dimostrazione che la Formula Uno è in mano a gente che non è esattamente consapevole di ciò che sta gestendo, ormai totalmente in preda dell’avidità calendariale e quasi totalmente ottusa alla benché minima considerazione del valore storico, culturale e sportivo dell’automobilismo da corsa. E in uno sport come il nostro il circuito vale il 90% dello spettacolo e della sostanza, perché il Motorsport non è il calcio, il basket, la briscola, Monopoly o il Risiko, dove il piano di riscontro è fisso, ma varia a seconda del campo di gara. Se corri un Gp a Singapore, avrai una gara poco meno che insulsa sul piano della sfida pura, ma se gareggi a Spa, gusterai lo spettacolo più bello del mondo, o, nella peggiore delle ipotesi, il più credibile e vero, con una buona dose di agonismo puro, sfida estrema e rischio consapevole. Esattamente ciò che manca a tutti gli altri circuiti del mondiale, fatti salvi, anche se in misura minore, Suzuka, Monza e Imola.

In altre più semplici e sentite parole, una Formula Uno che mette in dubbio Spa sta segando clamorosamente il ramo su cui è seduta. E andando avanti su questa strada appare destinata a cadere drammaticamente, ridicolmente e inesorabilmente nel vuoto. Oppure su un tappeto verde di rucola & petroldollaroni garantiti da altre nazioni e altre piste che attutirebbero il botto addolcendolo assai, ma sancendo for ever lo scadimento irrecuperabile dell’indice di credibilità del mondiale. Sapete che c’è? Il vero problema è che la pista di Spa sta filosoficamente sui c......i - ma tanto tanto - ai padroni della F.1, perché resta il simbolo accusatorio e decisivo degli scempi operati altrove. Spa-Francorchamps è la versione bonificata e resecata del mostro delle Ardenne, il circuito stradale d’oltre quattordici chilometri che dagli Anni ’60 alla metà degli Anni ’70 - con l’incremento abissale delle prestazioni di F.1 e prototipi -, rappresentava un vero problema psicologico per il pilota, visto che, per dirla alla Brian Redman con la Bibbia in mano “Correndo là con una Porsche 917 si stava camminando nella valle delle ombre della morte”. Bene, è proprio questo il punto.

La nuova Spa che nasce alla fine degli Anni ’70 - il motomondiale ci torna nel 1979 e il mondiale di F.1 nel 1983 -, rappresenta fin da subito un palconscenico di fatto nuovo e sorprendente. Stupendo esempio di come il lay-out primigenio possa essere adattato, per certi versi salvato e modificato, peraltro senza stravolgerne il senso della sfida e allo stesso tempo raggiunendo finalmente vette di sicurezza assolutamente lodevoli quanto ragionevoli. Tutelando la genuinità dell’anfiteatro naturale ma anche dando importanza all’esigenza d’avere un banco di prova il più possibile al riparo da pericolosità sterili e inutili. Prendete un pilota di qualsiasi categoria, dai semidei della F.1 agli allegri dilettanti che corrono in Volkswagen Beetle la 25 Ore delle Ardenne, e chiedetegli quale è il più bel circuito del mondo. Tutti, invariabilmente, vi risponderanno Spa-Francorchamps. Tutti. Non c’è storia. E parlate con gli spettatori e i tifosi d’ognidove e anche in questo caso, se non plebiscitario, il risultato sarà chiarissimo: prima viene Spa, poi niente, al terzo posto di nuovo niente e poi magari mettiamo Suzuka, quindi Monza e Imola a pari merito per motivi diversi e al quarto ognuno dice la sua.

Allora perché da anni e anni i padroni del vapore mettono a rischio la pista di Spa, puntandole il coltello alla gola e stavolta lasciando chiaramente intendere che persiste il rischio di abbandonarla per sempre? Per caso sono solo economici i motivi di tutto ciò? Magari fossero solo i soldi, perché si potrebbe anche rimediare. No, c’è altro e di peggio. Dall’era Ecclestone & Mosley fino a oggi Spa fa ombra, dà terribilmente fastidio e incute imbarazzo a lorsignori, perché costituisce appunto la pietra di paragone, la dimostrazione e la prova provata che è possibile modificare un vecchio tracciato terribile, creandone uno nuovo credibile e prodigioso. Spa, in altre parole, resta la cartina tornasole di come sia possibile agire per il bene delle corse presenti e future ma rappresenta anche - ed è questo il vero punto - la prova del nove del fatto che altrove sono stati fatti lavori schifosi, stupri agonistici, atrocità sportive e danni incalcolabili. Spa, in altre parole, è la denuncia vivente del fatto che posti come Hockenheim, Zeltweg, Interlagos, Zandvoort e Città del Messico sono stati scandalosamente amputati stravolgendone del tutto l’identità. E stagliandosi sublime dice che gran parte dei nuovi tracciati in luoghi iperdanarosi sul piano del valore agonistico risultano malinconicamente pestilenziali. E allora ecco che Spa diventa negli anni sempre più scomoda e imbarazzante, per chi comanda e vuol solo guadagnare. E allora cosa di meglio che farla fuori, impantanandola in trattative sfinenti ed estenuanti e adducendo ogni volta problemi e rilievi sempre più pretestuosi? Quand’invece autorità sportive e promoter in buona fede dovrebbero fare tutto il contrario, ostentando con orgoglio Spa nel calendario di F.1, ritenendola membro onorario e permantente del mondiale al grido di dieci, cento, mille Spa!

Date retta a zio: se nel mondo ci fossero venti Spa, più Suzuka, Monza e Imola, la F.1 sarebbe lo Sport più bello del Pianeta e ben più emozionante dei rigori a una finale dei mondiali di calcio. Sapete cosa vi dico, cari lettori? Invece di stare a discutere e litigare sui social come troppo spesso ahinoi accade, vi consiglio di impiegare meglio il vostro tempo e di scrivere alla Fia o a Liberty Media affinché la smettano di insidiare la pista più bella del mondo, anziché tutelarla. Perché, se perde anche Spa, la F.1 distrugge oltre settant’anni di storia e una leggenda sempre meno infinita e s’avvia a diventare il parcheggio arabo dell’Asilo Mariuccia, E, al di là di tutto, sol che se ne parli del fatto che Spa sia in bilico, è già la vergogna di questa F.1. Spa nel mondiale F.1 è l’esaltazione del Motorsport, Spa fuori sarà l’inizio del Mortosport.


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