Con la vittoria dell'ultimo GP F1 a Barcellona, Max Verstappen si è consegnato pressoché indelebilmente alla storia. In precedenza abbiamo cercato di far capire come il singolo risultato specifico fosse stato determinato anche da una serie di concause: vale a dire che senza il ritiro delle Mercedes, senza la "strana" strategia su Ricciardo e senza il tonfo Ferrari in qualifica, sarebbe arrivato sesto senza per questo aver messo meno impegno o minor abilità di guida nella sua gara. Bastava una sola di queste eventualità per non far vincere il pur bravissimo Verstappen; e con minori elementi a favore (giusto il ritiro Mercedes) perfino Kvyat avrebbe vinto, in Cina.
Test Barcellona, Verstappen chiude in testa
Nondimeno, alla fine il vincitore è risultato proprio Max, e il fatto stesso che vi sia stata tutta questa convergenza di fattori deve comunque far riflettere, al di là che si creda a cose come fato o destino. Insomma, che a beneficiare di talune situazioni siano certi piloti e non altri, non sempre è solo un caso. In passato è successo per Vettel, per Ricciardo, e anche per Senna, se vogliamo. E non bisogna dimenticare che in ogni caso anche nella gara di Barcellona il giovane vincitore ha mostrato cose egregie: dal controsorpasso su Vettel nelle prime curve, alla resistenza misurata su un pilota esperto come Raikkonen negli ultimi giri, come del resto abbiamo già evidenziato in precedenza.
Proprio per dare un'idea più approfondita di quelle che sono le qualità maggiori di questo pilota olandese, al di là del fatto di essere giovane e del risultato-record specifico, ci siamo consultati con quello che è stato il suo scopritore diversi anni fa, all'epoca in cui ancora correva in kart. Parliamo di Giancarlo Tinini, il proprietario della CRG, una delle aziende italiane top del settore. «Con te ci parlo, ma è da domenica sera che mi tempestano di domande, soprattutto le televisioni, e agli altri non ho detto nulla», è una delle prime cose che mi dice Tinini. Oh bella, e come mai? «Perché loro vanno a parare quasi solamente sul fatto che suo padre Jos maltrattasse Max ai tempi del kart. Invece io posso dire che certamente il rapporto ha avuto momenti di tensione, ma è sempre stato molto di fiducia fra i due, e i padri maneschi e irascibili erano altri».
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Parlando invece dei primi giorni al volante di Max? «Sai che io conoscevo bene sia Jos sia la mamma, Sophie Kumpen, perché entrambi avevano corso per me. E quando Max aveva tre anni gli hanno preso un kart modello Puffetto, quello per i più piccoli (con motore da decespugliatore, ndr). Lui ha cominciato a girare così e ogni volta che poteva Jos lo portava in pista nei fine settimana, a girare o a vedere le gare. È lì che l'ho conosciuto, poi ad un certo punto non l'ho più visto per un po'». Era il momento in cui Max era più impegnato perché aveva cominciato a correre sul serio, nella categoria Minimax della Rotax, vincendo praticamente tutto nei Paesi Bassi (anche in Belgio).
«Poi lo rivedo quando ormai aveva 12 anni, in occasione di test collettivi della WSK a Muro Leccese. Lui guidava un KF Junior, nonostante non potesse ancora correrci per via dell'età, ma per me era impossibile non notare questo ragazzino che in pista girava fortissimo con uno dei miei kart, nonostante fosse la prima volta su quella pista e in quella categoria. Poi ai box vedo che sul suo kart armeggia Jos, mi faccio spiegare la situazione e alla fine gli dico: "Appena si può, lo voglio nella mia squadra"». Il resto è storia: una serie strepitosa di vittorie, in categorie anche molto differenti (sia monomarcia che a marce), che culmina nel 2013. Quell'anno Verstappen vince quasi tutto, anche in classi dove imperano i kartisti professionisti più forti: nella KF monomarcia conquista l'Europeo mentre nel Mondiale si deve "accontentare" del terzo posto, invece nella 125 a marce KZ (con motori da una 50ina di cv) si aggiudica sia l'Europeo che il Mondiale, quest'ultimo ormai la gara di vertice del karting internazionale.
Risultati impressionanti che poi sono proseguiti quando è passato in Formula 3, eppure sarebbe perfino limitante giudicare Verstappen solo da questo punto di vista. «La vera forza di Max - prosegue Tinini - è l'incredibile controllo che ha quando ha in mano un volante. Fa due giri di pista, e ha già capito tutto: non so come funzioni in F1, ma di sicuro non ha bisogno del simulatore come tanti altri piloti. È per questi motivi che, quando gli avevano offerto di correre in F3 (dopo i primi test in cui aveva svettato sia in F.Renault che nella serie cadetta, ndr) e i suoi erano un po' dubbiosi sul "salto", gli ho detto di non pensarci due volte, anche perché la F3 è più simile ad un kart come prestazioni, fra motore e tenuta, di altre categorie inferiori "di passaggio"».
Insomma, parlando con Giancarlo Tinini è impossibile non cogliere quanta "sostanza" vi sia dietro al pilota Max Verstappen, al di là di tutte le considerazioni possibili su come sia arrivato a certi risultati e sulla sua carriera bruciante. Che, fra l'altro, adesso tanti in kart vorrebbero imitare passando il più presto possibile in monoposto. «Certi genitori di piloti vedono solo quello che vogliono vedere… - chiosa Tinini - perché dietro a questa carriera c'è comunque l'intelligenza di una giusta strategia di crescita ai tempi del kart, e in ogni caso Max era fuori dal comune già allora. L'unico pilota al quale lo posso paragonare, era Lewis Hamilton quando correva in kart già con l'unico obiettivo di vincere. Insomma, non è vero che Max ha fatto carriera solo per le conoscenze del padre o per i soldi, e non tutti possono pensare di fare come lui, semplicemente perché non sono davvero come lui».