Dai videogiochi alla realtà
Lewis Hamilton, Michael Schumacher non lo ha mai tifato. Era troppo un devoto di Ayrton Senna per esultare con il tedesco, che di lì a poco, facciamo fine anni '90, avrebbe iniziato a battagliare con la McLaren, la squadra che al piccolo Lewis aveva appena garantito il massimo supporto per il prosieguo della carriera, nella persona di Ron Dennis. Con queste premesse, Lewis non poteva tifarlo. Ma lo ammirava, e ne apprezzava il modo di fare e di correre. Lewis era un ragazzino già abbastanza sveglio per capire che da Michael poteva rubare segreti, per intendere che stava diventando sempre più un modello per chi nel futuro avrebbe scelto il mestiere di pilota. E infatti lo sceglieva spesso alla playstation, magari dopo la partenza con l'ennesima Ferrari in fuga. Più avanti poi lo ha pure incontrato in pista, lui già campione del mondo e Michael al rientro, a 41 anni, nella più umana delle debolezze, in un ritorno fruttato appena un podio in tre anni ma che gli ha fatto godere gli ultimi scampoli di carriera. Carriera finita proprio perché nel frattempo Lewis trattava con la Mercedes per quello stesso sedile, che avrebbe ereditato a fine 2012. Un anno di transizione ed il resto, lo sapete, è storia. Dai videogiochi alla realtà per certi versi è stato un attimo, con le battaglie con Rosberg e poi con Vettel, incasellando pole su pole, successi su successi e titoli su titoli. Demolendo tutti i primati stabiliti da Schumi, uno che tra le sue massime diceva sempre “I record vengono fatti per essere battuti”. Aveva ragione, anche se a fine 2006, quando Michael salutò, sembrava impossibile prevedere che qualcuno avrebbe eguagliato e superato certi numeri. Invece è successo, con Lewis che si porterà a casa il casco tutto rosso di un uomo che è stato se non il suo idolo comunque un modello da imitare. A volte, la realtà è pure meglio dei videogiochi.
Hamilton: "Ho un enorme rispetto per Michael"