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GP Giappone 1991, l'ultimo titolo di Ayrton Senna

© LaPresse

Sarebbero potuti essere certamente di più, se solo un destino beffardo non se lo fosse portato via in una domenica del 1994 ad Imola. E così, Suzuka 1991 è diventato sinonimo di ultima corona iridata per Ayrton Senna, che in quel 20 ottobre di 30 anni fa vinse il suo terzo ed ultimo titolo mondiale.

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1991 in salsa inglese

E' una stagione che si pensa possa essere una specie di secondo atto dell'annata precedente, con il finale al veleno tra la McLaren di Senna e la Ferrari di Prost, subito fuori alla prima curva l'anno prima, sempre in Giappone, per un incidente che decise il titolo a favore del brasiliano. E invece, nel 1991 di fatto il Cavallino non c'è: in piena crisi gestionale, la squadra di Maranello dà nelle mani di Prost ed Alesi una vettura deficitaria, mai in grado di vincere un GP e di conseguenza incapace di lottare per il titolo. Così Senna nelle prime gare ha vita facile, con quattro successi su quattro, nell'attesa che la Williams risolva i suoi problemi: a metà del 1990 è arrivato il geniale Adrian Newey a far fare un salto di qualità alle vetture di Grove; Newey insieme a Patrick Head ci mette un po' a trovare la quadra definitiva della FW14, che però una volta messa a punto inizia a filare. In pieno stile Newey, la macchina si dimostra talvolta fragile, sicuramente più della McLaren MP4-6 di Senna e Berger, e per certi versi è proprio l'affidabilità la chiave della stagione. Dopo il poker iniziale Senna può gestire il ritorno di Mansell, che in estate pare incontenibile ma che deve fare i conti con un altro ko in Belgio, un passaggio a vuoto che mette Senna nelle migliori condizioni per assicurarsi il titolo. Le speranze del Leone però crollano quasi definitivamente in Portogallo, quando segna di nuovo uno zero dopo essere stato squalificato: viene fatto ripartire su tre ruote dopo la sosta, i meccanici intervengono in fretta e furia ma operando in un'area non consentita Nigel viene squalificato. Siamo alla vigilia di Suzuka e Senna ha 16 punti di vantaggio a due gare dalla fine.
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Mansell tutto cuore, ma non basta

Così, in Giappone, Senna può chiudere i conti. Il brasiliano si reca nel Sol Levante addirittura tre settimane prima per ambientarsi al meglio con il Paese ospitante. Vuole subito sfruttare il primo match ball, attendendosi un Mansell sugli scudi e con ben poco da perdere. Le cose però vanno benone per il brasiliano: Berger fa la pole, lui è 2° ma davanti a Mansell, che deve vincere per sperare di tenere aperto il titolo fino all'ultima corsa. Al via la Williams non passa le McLaren, ed allora Mansell, vedendo scappare Berger (buona strategia da parte della McLaren), inizia a forzare per passare Senna: al 10° giro però l'inglese esagera e finisce nella ghiaia, ritirandosi. Il mondiale è finito: Senna si ritrova addirittura al comando della corsa dopo le soste, ma all'ultima curva rallenta e fa sfilare l'amico Berger, che artiglia il sesto successo della carriera; si parla di un accordo in casa McLaren secondo il quale la vittoria sarebbe andata al pilota che avrebbe girato davanti alla prima curva, mentre altri sostengono che fu solo un gesto di stima da parte di Ayrton nei confronti di uno dei piloti con cui aveva più legato in vita sua.
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