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Quel favoloso triplete Ferrari

Charles Leclerc con la tuta da Cavaliere Nero taglia il traguardo vincendo il GP d’Italia a Monza, nello stesso anno in cui la Rossa ghermisce nel giro di tre mesi anche Monaco e Le Mans, e allora la testa mi torna indietro a un ricordo caldo e caro. Ero bambino decenne, correva il 1975 e correva pure la F.1, mentre la Tv in bianco e nero irradiava - come si diceva allora  - le immagini dell’invasione di pista successiva a un altro primo e terzo posto della Ferrari nel tempio della velocità, quello di Lauda e Regazzoni, con Mario Poltronieri a celebrare una meravigliosa giornata di Sport.

E fu lì che mio padre smise di strillare di gioia, in tinello, dopo che Clay aveva beffato Fitti, per ridarsi contegno e spiegarmi una cosa per lui molto seria, serissima, di una spiritualità laica quanto profonda, ossia questa: «Erano undici anni che non vincevamo un mondiale di F.1, ma non gioisco per questo, perché ne avrei aspettati anche venti o trenta, di stagioni. Il fatto è un altro. Tifare Ferrari non vuol dire tanto vincere ma appartenere a un mondo a sé. Vedi, la Ferrari non è né migliore né peggiore delle altre Case, però è terribilmente diversa. Ricordati, il Cavallino Rampante è un’altra cosa, perché è il solo marchio nella storia che vince dappertutto facendosi tutto. Telaio, motore e piloti. Scocca, Boxer e Lauda. Poi se perde, perde, pazienza, ma se trionfa, lo fa alla stragrande, come nessuno mai.

Facci caso, a parte l’arte, la Ferrari è la sola cosa italiana che al mondo gli stranieri tifano come se non più di noi, stando al nostro fianco: da Le Mans a Monza o da Katmandu ad Albinea, poco sposta. Essere Ferraristi vuol dire stare a bordo di un’astronave differente dagli altri razzi, un posto fantastico in cui si soffre spesso, si osa tanto e quando si vince lo si fa commuovendo mezzo pianeta, con vedute meravigliose. La Ferrari non è grande perché vince, lo è perché è unica. Da sempre».

WEC, altro trionfo Ferrari che riscrive la storia!

Che triplete per la Rossa!

Con tutto il rispetto per lo stavolta semplicemente favoloso Charlers Leclerc, il punto è esattamente questo. Nell’era moderna, negli anni del computer e del turbo, ibrido e non, nessuno mai era riuscito a far suo in tre mesi il Triplete dell’automobilismo sportivo sui tre circuiti più antichi, immortali e iconici del Motorsport, ovvero Monza, Monaco e Le Mans. Per giunta in Italia e in Francia con un ultimo giro all’1% di batteria e di battistrada, a dimostrare che la macchina da corsa più riuscita è quella che arriva finita e sfinita sotto la bandera a scacchi, un filino meno fresca di quella del secondo, che termina con quello sprint in più che gli servirà sol per piangere forte e imprecare al vento.

Ecco il senso immenso del trionfo Ferrari a Monza 2024. Il mondiale Piloti sembra lontano più che mai, quello Costruttori invece lascia aperte più strade e una mezza promessa, ma la morale alta del trionfo sta nel ritorno prepotente dell’orgoglio d’essere Ferrari e ferraristi, nel senso di serena diversità che promana da raggiungimenti e sequenze di questo genere.

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