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GP USA: le domande del lunedì

Quanto conta questa vittoria per la Ferrari?

Tantissimo. Perché non è il successo di Melbourne, arrivato con la strada spianata dal ko di Verstappen; non è il successo di Montecarlo, dove se non sbagli strategia puoi fare ciò che vuoi davanti, tanto quelli dietro non passano; e non è nemmeno il successo di Monza, arrivato con una bella dose di azzardo contro una McLaren non perfetta sul piano tattico. Austin invece conta moltissimo perché dei quattro successi stagionali è quello arrivato sulla pista più rappresentativa delle quattro, e soprattutto la più rappresentativa da quando la F1 è tornata in pista dopo la pausa estiva.

E’ vero che in questa F1 dal calendario infinito l’eccezionalità della pista è diventata regola (nel senso che tante piste moderne hanno caratteristiche uniche e tanti circuiti vecchio stile e maggiormente rappresentativi, come Barcellona o Austin, non bastano ad essere totalmente esaustivi nei contenuti tecnici), ma di sicuro vincere in Texas ha una portata differente, proprio perché il tracciato è uno dei più completi. Ciò non significa andare in Messico pieni di boria, perché Città del Messico, con la sua altitudine, è proprio una di quelle piste particolari per caratteristiche, con temi tecnici tutti suoi. Tuttavia, il successo è prezioso perché toglie alla Rossa il grosso dubbio sugli aggiornamenti introdotti tra Monza e Singapore: questi pezzi funzionano a dovere ed hanno completamente risolto i problemi che erano emersi con il pacchetto di Barcellona, prevalentemente legati al rimbalzo aerodinamico.

Diciamo che ora, per farla semplice, la Rossa non ha difficoltà a sfruttare tutto il carico aerodinamico di cui dispone, perché ora questo carico verticale può utilizzarlo senza timore di incorrere nel porpoising. Da oltre un mese a Maranello aspettavano la riprova di Austin, che con le sue curve veloci (e di lunga percorrenza) del primo settore era il banco prova più importante da Zandvoort in poi: esame passato a pieni voti. Con tutto ciò che ne consegue, ovvero aver trovato fiducia nel lavoro svolto fin qui e la serenità di poter continuare il lavoro proprio in questa direzione, ora che c’è la certezza di essere nella direzione giusta.

Se la Rossa avesse corso ad Austin prima della pausa estiva, per fare un esempio concreto, avrebbe rischiato di ritrovarsi tra le mani una vettura aerodinamicamente instabile, imprevedibile per i piloti e molto probabilmente costretta a girare più “alta” con il fondo per evitare il rimbalzo aerodinamico, con conseguente perdita di prestazione, cosa che avrebbe potuto infine intaccare pure la tenuta delle gomme. Invece, niente di tutto ciò è successo: sono le conferme di cui la Ferrari aveva bisogno. Il giro secco non è un punto forte della SF-24 ed a questo punto non lo sarà mai, ma va anche bene così se in gara le prestazioni sono queste: l’importante sarà garantirsi una partenza entro le prime cinque posizioni per poi sfoderare il bel passo della SF-24, che ad Austin non ha minimamente sofferto degrado e graining (gestito bene anche in altre due vittorie, come Melbourne e Monza), trovando un passo gara inarrivabile per tutti.

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Perché sulla Rossa non c’erano aggiornamenti?

Perché la Ferrari ha preferito far fare agli sviluppi portati a Monza (più l’ala anteriore introdotta a Singapore) la prova del nove sul tracciato tecnicamente più completo della seconda parte del campionato. E’ vero che Vasseur aveva lasciato intendere, a Singapore, che in America la Rossa avrebbe avuto delle novità, ma poi non è stato così: la prestazione della SF-24 ha dimostrato che il team ha fatto bene.

Non aver avuto upgrade, paradossalmente, può essere stato addirittura un vantaggio: con una sola sessione di libere il team ha potuto concentrarsi direttamente sull’assetto, mentre le altre (Red Bull, McLaren e Mercedes) hanno dovuto necessariamente fare determinati tipi di prove per valutare le loro novità. Visto come è difficile far funzionare tutto e subito in questa F1, dal momento che la Rossa non ha avvertito l’esigenza di portare sviluppi in America, ha fatto bene a proseguire per la sua strada.

Oltre ad aver bisogno di risposte sul pacchetto introdotto a settembre, c’è da dire che proprio quel pacchetto era stato in buona parte un anticipo di ciò che ad inizio estate si pensava di portare ad Austin, ed anche per questo motivo sulla Ferrari non sono arrivate novità nella tappa americana. La necessità di valutare questi pezzi su un tracciato probante è stata dominante nel deliberare il pacchetto per Austin, e viste come sono andate le cose le decisioni prese dal team sono state, in ultima analisi, ineccepibili.

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La Ferrari ha vinto perché Red Bull e McLaren prima erano “illegali”?

Metterla giù così significa sminuire l’ottimo lavoro fatto dalla Ferrari con l’ultimo pacchetto di novità. Se la Rossa ha vinto ad Austin, ha vinto principalmente per meriti propri, perché ha saputo innanzitutto risolvere quelle che erano state le grandi difficoltà della SF-24 nella prima parte dell’estate: poi puoi avere anche avversari fuori dalle norme, ma se la tua macchina “rimbalza” in pista non è certamente perché gli altri hanno qualcosa di “grigio” a bordo.

Poi va detto che “illegali”, nel vero senso della parola, Red Bull e McLaren non lo sono mai state, perché hanno superato tutte le verifiche tecniche a cui sono state sottoposte da inizio anno. La tanto chiacchierata ala posteriore della MCL38 di Baku (quella che fletteva in rettilineo) è un’ala da basso carico, inutilizzata a Singapore e Austin. Ed anche la questione del T-tray Red Bull è tutta da vedere: non c’è certezza, e nemmeno prove, che i campioni in carica siano effettivamente intervenuti in qualche weekend precedente tra qualifica e gara (cosa vietatissima) per correggere l’assetto. Il dispositivo, piuttosto, è utile per velocizzare il lavoro ai box in parco aperto, oltre a fornire una regolazione rapida tra pista e pista.

Per cui, più che pensare ai complotti, è giusto che il pubblico ferrarista applauda la propria squadra piuttosto che pensare alle irregolarità (che poi non sono irregolarità, per quanto detto finora) degli altri. E’ stata una gran bella Ferrari, veloce e addirittura strepitosa ad Austin: è questo ciò che conta di più, più di qualsiasi altra illazione.

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