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L’anno della Ferrari  vincente e bella di notte

Le storie che contano si leggono a ritroso, mai in prospettiva. E volendo salire sull’elicottero per guardare il senso di questa vittoria di Carlos Sainz più dall’alto, per gustare non il podio, la gioia, lo champagne e gli inni neolatini, ma - come dicono gli anglosassoni -, the bigger picture, ossia il ritratto d’insieme più grande di tutta questa inattesa e bellissima facenda a prescindere dai coriandoli, be’, la morale e il significato che ne derivano hanno e vantano echi che vanno totalmente al di là della semplice Formula Uno.

Il senso della vittoria della Ferrrari

Questa è una vittoria che nell’ottica del campionato non conta un bel cavolo di niente. Anche perché che alla fine la Ferrari giunga seconda o sfighesima nel mondiale costuttori interessa soprattutto a Vasseur, alla zia di Vasseur e al contabile della Rossa, che così incassa più valsente. Ma per il resto non frega nulla a nessuno. Oh, no, qui la faccenda che sposta è un’altra. E suona terribilemente bene, talmente bene, che se solo fosse vivo e vegeto Enzo Ferrari, ci indirrebbe seduta stante una conferenza stampa di quelle memorabili. A tono pacatamente fiammeggiante, con sapienti e teatrali pause e riprese. Coi silenzi più gloriosi degli acuti per dire e ribadire al mondo una cosina semplice semplice ma unica: grazie al successo di Singapore la Ferrari ora è l’unica Casa del pianeta Terra ad aver vinto nel giro di tre mesi e mezzo in F.1, a Le Mans, ossia nel Wec, e nella 24 Ore del Nurburgring, la maratona più gloriosa e importante tra le GT. Tre gare diversissime, portate a casa con bolidi i quali tra loro hanno solo due cose in comune: la tecnologia assolutamente al top e l’aver corso di notte. Già, in tre categorie che più diverse non potrebbero essere, mettici la tenebra e il Cavallino mangia tutti. Trovatela, allora, nel racing moderno, una Casa automobilistica che nell’arco di tempo in cui si guarisce una diverticolite sa trionfare sui due tracciati più leggendari nella storia di sempre, ovvero la Nordschleife del vecchio Nurburgring e il tracciato della Sarthe a Le Mans e financo sul toboga simbolo moderno della F.1 più ricca, discutibile e strana di tutte, ibrida, trimotore e semielettrificata.

Perché la Ferrari è un marchio unico

Trovatelo un marchio che con la SF-23, la 499P e la 296 Gt3 sa trionfare proponendo altrettanti modi così diversi di correre e vincere, il primo ufficialissimo, con la squadra F.1 orgogliamente ricca e povera dei pregi e dei difetti di se stessa, quindi con la Racing Partnership tra il centralissimo Antonello Coletta e AF Corse di Amato Ferrari; e, infine, col privatissimo team Frikadelli, nell’unico posto al mondo, la Nordschleife, dove non gli fanno cascare i cosiddettii con l’orrorifico uso del BoP che sta invece imperversando nel Wec e nell’Imsa. Fosse capitata ad altri, una tripla affermazione del genere, avrebbero fatto pubblicità a nastro, financo scrivendolo dietro al parabrezza delle vetture di serie, da qui fino al Natale 2359. Invece loro non diranno nulla, andando avanti semplicemente sapendo e continuando a fare il loro mestiere. Ribadendo coi fatti che in fondo non esiste la Ferrari di Elkann, la Ferrari di Vasseur, la Ferrari di Coletta o quella privatissima ed esotica di Frikadelli, ma la Ferrari e basta, fatta di uomini speciali. Questa Ferrari.