L'editoriale del direttore: Loeb leggenda ad alta pensione

L'editoriale del direttore: Loeb leggenda ad alta pensione

Il numero di autosprint in edicola celebra la vittoria di Loeb a Montecarlo. Un successo che è già leggenda

Andrea Cordovani

25.01.2022 14:55

Epoi arriva il Mondiale Rally con il suo eroe più grande, Sebastien Loeb. Diciamolo: che il dio delle corse ce li conservi a lungo, personaggi come questi, sempre sospesi tra favola e leggenda. Capaci di far avverare tanti sogni. Sì, anche quelli mostruosamente impossibili. Anche quelli da Cannibale. L’era ibrida, quella che lancia i rally nel futuro, si apre con la vittoria del pilota che ha fatto riscrivere la sto- ria del giro iridato del traverso d’autore. Basterebbe solo l’aspetto romantico a raccontare una vittoria come questa.

Ma qui siamo oltre. Loeb riconcilia. Mette d’accordo vecchie e nuove generazioni. Diventa uno spot incredibile per una specialità che ha visto giorni migliori, ma che continua a essere unica per tutti quelli che adorano vedere vetture da corsa violentare le leggi della fisica. L’impresa di Sebastien si compie nella sfida più difficile da pronosticare, quel Rally di MonteCarlo che è da sempre alta gioielleria del controsterzo. Autentica lotteria con ghiaccio, neve, verglas. Dove si osa e si dosa in egualmisura, dove ogni scelta (a iniziare da quella degli pneumatici) può diventare decisiva, dove gli anni trascorsi al volante finiscono spesso per fare la differenza. Dicono: ma sì, dai, Loeb è così in palla perché si è allenato alla Dakar. Le strade del Monte sono trappole infernali, niente a che vedere col deserto. E non può non stupire il fatto che al rientro nel Mondiale Rally il 9 volte iridato abbia avuto quel passo, trasformandosi nel riferimento, la lepre che corre davanti a tutti in barba agli anni che passano.

Il valore aggiunto

È vero, l’esperienza conta. Su fondi variabili come quelli del Montecarlo da sempre è un valore aggiunto. Ma non basta del tutto a spiegare la forza di questa impresa. Loeb è andato oltre, battendo Ogier e la sua proverbiale fortuna, quella che spesso ha girato dalla parte del fuoriclasse di Gap in alcuni momenti decisivi della carriera. La foratura che ha consegnato definitivamente il lasciapassare all’ottava volta di Loeb sulle strade del rally più famoso del mondo, rientra tra quelle insidie che il MonteCarlo poco simpaticamente distribuisce lungo le sue strade. Sfida da alta pensione quella tra Loeb e Ogier: entrambi non sono in cor- sa per il titolo, entrambi possono permet- tersi di guardare il cantiere di un Mondiale Rally che riparte per il futuro, non prima di aver lasciato l’ennesima grande firma. La nuova era dei rally inizia con la sensazio- nale impronta dei Califfi che hanno fatto ri- scrivere la storia del controsterzo.

Fenomeno della traiettoria

L’impresa di Loeb al Monte Carlo appartiene all’epica sportiva. Una storia strepitosa scritta da un ragazzino di 47 anni che ora indossa gli occhiali ma continua a essere un fascio di nervi che danza sul sedile anatomico, giostrando da Califfo con mani e piedi. Quello destro che spinge come un dannato sul gas, il sinistro a ricamare sul pedale del freno. Le rughe sul viso sono tante quante le sue vittorie, i titoli iridati, le prestazioni leggendarie firmate in una vita neanche troppo in controsterzo. Già, per- ché e questa è forse la caratteristica che ha sempre contraddistinto il nostro, Seb ama la sostanza, non è mai stato uno che ha fat- to troppe concessioni allo show. Precisione. Pulizia. Un fenomeno della traiettoria.

La solitudine dei numeri primi

Vincente e spesso poco felice. Fino a esser- lo sempre di meno e dire basta. Stanco di vincere. Anzi di stravincere. Nel 2012 con il nono titolo iridato consecutivo messo in saccoccia, salutò quella compagnia che a lui sembrava sempre meno allegra. Aveva bisogno di altro. Altre sfide lo affascinava- no. Accese così le luci di altri parchi giochi. Pilota ovunque, meno che in F.1 perché lì, gli dissero che non era gioco per lui. Ha spaziato tra Le Mans e Pikes Peak, ha corso in pista nelle categorie più disparate e poi progressivamente ha sentito il richiamo delle origini. E progressivamente è tornato. Nel 2018 la zampata assestata in Catalunya aveva chiarito tante cose. Quattro anni dopo si racconta una nuova impresa.

L’uomo dei record

Ora eccolo lì, di nuovo sul tetto del mondo. Davanti a tutti per l’ottava volta in carriera al Monte Carlo a festeggiare il successo in un rally iridato numero 80 e far riscrivere di nuovo la storia della specialità, perché con questa vittoria cade anche il record che re- sisteva dal 1990 e detenuto da Bjorn Wal- degaard che a 46 anni fece saltare il banco al Safari, anche in quell’occasione, quindi, nel contesto di una sfida leggendaria. Ben 180 rally iridati disputati, 925 speciali vinte, 119 podi e 1727 punti ottenuti nel Mondiale Rally: questo dicono le statistiche. Ma una storia come questa traci- ma dai confini delle cifre, inonda la sfera delle emozioni, esaltando la prestazione dell’uomo. Il passaggio dal secondo posto alla Dakar alla vittoria del Rally di Monte Carlo per l’alsaziano è stato poco più di un battito di ciglia. Si è sistemato gli occhialini, ha stretto le cinture e, via, verso nuove avventure. Oltre la leggenda. Sebastien Loeb regala al motorsport una bellissima storia da corsa, dentro all’inverno silenziato della F.1.

A cena con il cannibale

Permettete una digressione personale. Chi scrive ha conosciuto e seguito tutta la parabola di Seb nel Mondiale Rally. Fin da quando armeggiava con la Corolla WRC della Grifone oppure metteva a segno imprese impossibili con la Saxo a caccia del Mondiale Junior, c’era una cosa che non cambiava mai. Il volto di Loeb. I suoi occhi a guardare sempre oltre, come ad affrontare un continuo tornante dal quale trarre il massimo.

Qualche goccia di sudore a imperlare il volto e una determinazione devastante. Una macchina da vittorie, il più vincente di tutti nella storia dei rally, il cannibale più grande in prova speciale. Ricordo il suo debutto nel Mondiale, alla sua prima stagione completa con Citroen. Un titolo mondiale giocato fino all’ultima speciale dell’ultimo rally dell’anno.

La sconfitta per un punto nel duello con Petter Solberg con lui costretto da un ordine di squadra del suo mentore Guy Frequelin ad alzare il piede perché con il secondo posto Citroen sarebbe diventata campione del mondo Costruttori. Una sconfitta da digerire, ma molto propedeutica per Sebastien che da quel giorno a Cardiff in avanti non ha più fallito all’appuntamento con il titolo iridato, fino a quando non decise che era arrivato il tempo di far divertire anche gli altri.

E rammento anche la sua prima volta da campione del mondo. Anno 2004. Autunno inoltrato.

Tour de Corse.

10mila curve, gente ovunque, drappi francesi sparsi in ogni dove nei tornanti di culto dentro un’isola da sempre lontanissima dalla grandeur transalpina. Con un secondo posto Loeb si garantì l’aritmetica certezza del primo titolo in carriera e la Citroen il titolo Costruttori. A dieci anni di distanza, un pilota francese riportava il suo Paese sul tetto del mondo dei rally. Un testimone passato dalle mani di Didier Auriol a quelle del ragazzo di Oberhauffen che sognava di diventare leggenda della ginnastica.

A chi gli ricordava quella sera d’autunno di diciotto anni fa, Loeb rispondeva con un sorriso stiracchiato e abbondante fastidio per essere finito in gara alle spalle dell’estone Marko Martin.

Non ci furono festeggiamenti da furore, alla sera.

Solo una cena, con neanche troppo champagne, dentro una serata festeggiata con team e amici. Io e il maestro Guido Rancati gli unici due italiani ammessi alla festa assieme ad altri giornalisti. Una cena sobria per Loeb, (ricordo ancora quattro gamberoni di numero e una montagnetta di maionese) con la testa già altrove.

Con il posteriore della Focus di Martin che l’aveva battuto poche ore prima da continuare a inseguire. Guy Frequelin, il gran boss della Citroen che il mondo dei rally fece tremare, se lo coccolava con gli occhi. Guai a toccarglielo. Guai a dubitare della sua scelta di averlo lanciato nell’arena senza battere ciglio. Conosceva bene quel ragazzino di 171 centimetri, tutto muscoli e nervi, classe 1974, nato a Haguenau in Alsazia e cresciuto qualche chilometro più in là, a Oberhoffen an der Moder, un pugno di case, poco più di 3000 anime, al confine tra Francia e Germania. Sapeva di aver scelto un Cannibale mai sazio di vittorie.

Quando mando tutti in pensione

Mandò in pensione una generazione di veri fenomeni, Sebastien. Fece chiudere bottega progressivamente a tutti quanti. Tommi Makinen, Didier Auriol, Juha Kankkunen, Carlos Sainz, Colin McRae, tanto per citarne alcuni e dare anche un valore della concorrenza, si arresero a quell’alsaziano con quella faccia un po’ così che stava riscrivendo la storia della specialità.

Ha trascinato la Citroen sulle vette iridate per anni, ha aperto un lungo ciclo, ha finito per uccidere campionati su campionati, fino ad annoiarsi e dire basta. Dicevano che certe imprese erano figlie di una vettura sempre superiore, come se lui non contribuisse a svilupparla e a renderla ogni anno tremendamente vincente.

Ecco, la vittoria di MonteCarlo 2022 manda in pensione anche quelle teorie. Era dai tempi di Ogier che la Ford non assaporava una gioia come questa. Malcolm Wilson torna ad assaporare il gusto lungo della vittoria, proprio con il rivalissimo Loeb. È una vera favola da corsa, quella che si è scritta nello scorso week end. Resterà indelebile nel motorsport.


  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi