Tanti auguri Rory Byrne: gli 80 anni di un genio

Tanti auguri Rory Byrne: gli 80 anni di un genio

Il 10 gennaio 1944 nasceva a Pretoria Rory Byrne, progettista di successo e firma delle Ferrari F1 dell'epoca d'oro di Schumacher: riviviamolo in questo ritratto tra curiosità, aneddoti e vita privata

10.01.2024 ( Aggiornata il 10.01.2024 14:17 )

Quando si presentò ai cancelli di Maranello, nel febbraio del 1997, qualcuno temeva che si potesse presentare con una camicia variopinta ed un costume da bagno, data la sua passione per la Thailandia. Invece Rory Byrne si presentò in giacca e cravatta, anche se abbronzatissimo: segno che la sua amata Thailandia aveva fatto in tempo a godersela per qualche settimana dopo l'addio alla Benetton. Pensava di passare là il resto della sua vita, Rory: e invece, più di un quarto di secolo dopo, il suo nome ogni tanto rispunta nelle chiacchiere attorno a Maranello. Ancora oggi che di anni ne ha 80 e che di pensione, a quanto pare, non vuole sentir parlare.

Dagli aeromodelli alle sfide con Newey

Anche questo, forse, è un tratto distintivo di un tipo geniale nel lavoro e bizzarro nella vita. Leggenda o verità, si dice che quando operava a tempo pieno in Ferrari non si faceva problemi: se era stanco, chiudeva le persiane e si concedeva un pisolino pomeridiano direttamente sulla poltrona in ufficio. Se è vero che con lui sono arrivati mondiali a raffica, immaginate perché glielo lasciassero fare. Quando il talento in sede di progettazione eccedeva in inventiva, ci pensava Ross Brawn, suo direttore tecnico in Benetton e poi in Ferrari: Ross dava contorni pratici alle fantasie, talvolta bislacche, di Rory. E' stato ed è un genio dell'aerodinamica, Byrne, anche se per estrazione è un chimico: la passione per l'aerodinamica deve essergli venuta da ragazzino con gli aeromodelli senza motore, categoria in cui divenne campione del mondo. Sudafricano per nascita e irlandese di origini, in pochi seppero coniugare le varie sfaccettature della F1 come lui: fu un passo avanti nell'area dei materiali (gli fu anche conferita una laurea honoris causa dall'università di Trento), ottimizzati per scopi aerodinamici, e seppe avere una visione completa come pochi altri su tutte le aree di una vettura di F1, anche se poi la sua originalità consisteva nel porre le gomme quale primo elemento per la prestazione in ordine di importanza. Del resto, come amano dire certi suoi colleghi, "le gomme sono l'unica parte della vettura che tocca l'asfalto". Sarà per questo o forse no che Rory Byrne è stata l'unica, vera nemesi di Adrian Newey nella lunghissima carriera del tecnico di Stratford-upon-Avon, oggi ancora felicemente in sella alla Red Bull.

Toleman, Benetton, Ferrari: 14 titoli

Di questi 80 anni, Byrne ne ha spesi più della metà vicino alle corse. Cominciò a farsi conoscere alla Toleman, dove progettò la TG280, dominante nel campionato di Formula 2 1980 e ancora oggi annoverata dal diretto interessato tra i suoi progetti più riusciti. Con la Toleman arrivò anche la F1: di lui si ricordano la TG184, famosa perché fu la vettura con cui Ayrton Senna debuttò in F1 (e che fu nobilitata dal paulista nel nubifragio di Monaco, dove giunse 2°, più altri due podi), e la TG185, che con Teo Fabi si prese il lusso di partire in pole al Nurburgring nel 1985. La vera svolta per Rory però fu rimanere dov'era nel passaggio tra Toleman e Benetton, o meglio ritornarnarci dopo la fulminea esperienza alla Reynard (fu licenziato ma poi richiamato). Perché fu lì, alla Benetton, che le traiettorie del suo destino si incrociarono con quelle di Ross Brawn e Michael Schumacher, la triade delle meraviglie per un decennio. Vinsero alla Benetton (due titoli Piloti nel 1994 e 1995, titolo Costruttori nel 1995) e poi vinsero anche alla Ferrari, aprendo un ciclo destinato alla leggenda: a Maranello arrivò prima Schumi alla fine del '95, seguito l'anno dopo da Brawn e l'anno dopo ancora da Byrne, contattato quando ormai lui, a 53 anni e tre titoli in bacheca, pensava fosse giunto il tempo di godersi una anticipata ma meritata pensione.

E invece no. La telefonata lo raggiunse il Thailandia e lui di no non seppe dirlo. Allettato certamente da un'offerta irrinunciabile in termini economici, ma pure dalla prospettiva di ricreare, a Maranello, quello che lui, Ross e Michael (che appresero la notizia del suo arrivo durante un test all'Estoril dopo aver fatto molto per averlo) erano stati capaci di fare alla Benetton. Insieme a loro ci sarebbero stati Luca Cordero di Montezemolo come presidente e Jean Todt come capo squadra: se quella Ferrari seppe prima ricostruirsi e poi dominare, è perché ebbe eccellenze al posto giusto e nel momento giusto, ovvero tutte insieme. E poi, per Byrne c'era la sfida del tutto personale di provare laddove aveva fallito John Barnard, il "Mago", che pur nella sua riconosciuta autorità non seppe riportare a Maranello il titolo. Barnard lasciò in eredità la F310B, la vettura del 1997, con la quale Byrne lavorò poco: l'obiettivo fu subito quello di sviluppare una macchina competitiva per il 1998, quella che vide la luce con il nome di F300: considerando che Byrne lascerà l'incarico di progettista capo alla fine del 2004, la F300 sarà l'unica vettura interamente concepita da lui a Maranello a non fregiarsi di alcun titolo.

Perché la storia sarebbe stata benevola nei confronti di Rory Byrne, che chissà quante volta ha benedetto la scelta di resistere alla tentazione di una seconda vita in Thailandia, poi semplicemente posticipata di circa un decennio. Senza di lui, c'è da scommetterci, la storia sarebbe stata diversa, soprattutto per Maranello: perché il nome di Byrne a volte viene messo in secondo piano quando si parla dell'epoca d'oro del Cavallino Rampante, eppure fu lui a firmare tutti i progetti più vincenti di quell'epoca. Non a caso, agli ultimi Caschi d'Oro, nel corso dell'elenco di tutti i professionisti di livello assoluto avuti da Montezemolo sotto la sua presidenza e poi autorevoli anche altrove, è stato proprio Luca Cordero a puntualizzare a chi vi scrive "Rory Byrne", anche se Rory, dopo l'uscita da un incarico a tutto tondo con la Ferrari, non ha più voluto saperne di legarsi a qualche altro nome, restando a Maranello come consulente. A proposito di ciò: ancora oggi, di tanto in tanto, il nome di Rory Byrne salta fuori. Ricopre un ruolo di consulente esterno, e per quanto il suo sia un nome di primo piano è difficile captare i meriti di una consulenza i cui contorni restano sfumati, e soprattutto capire cosa significhi oggi, per Rory, dare il suo apporto per un centinaio di giorni l'anno al Cavallino. Il suo nome è spuntato fuori ai tempi della F14-T, ai tempi della SF70H e pure nel recente passato, quando si elencavano i meriti della F1-75, con la sua brevissima ed illusoria cavalcata iniziale. Insomma, Byrne c'è, anche se è difficile coglierne pienamente la mano.

Quel siluro di Briatore

Di sicuro, oggi Rory Byrne ha più tempo per godersi Phuket, la moglie, i figli e tutte le sue passioni. Lui che ha saputo ritagliarsi una vita da pellicola anche se non avesse fatto l'ingegnere di successo, pur se quello di progettare macchine vincenti è sempre stato il suo sogno. Quella vita, insomma, che avrebbe potuto avere più di un quarto di secolo fa, quando non mancarono le perplessità sul fatto che fosse lui o meno l'uomo giusto per Maranello. Ha senso, dicevano gli scettici, puntare forte su un uomo che già pensa di starsene in bermuda e ciabatte a 53 anni? La storia ha detto che sì, oltre che ad avere senso è stata pure una delle scelte migliori in tutta la storia della Ferrari. Con buona pace dei bruciori di stomaco di Flavio Briatore, suo capo alla Benetton, che all'alba nel 1997 si lasciava andare con il suo solito mordente: "Byrne e' un bravo tecnico, ma a quanto mi risulta era gia' sotto le palme della Thailandia. Se la Ferrari lo ha convinto a rinviare la lunga vacanza è perché deve averlo pagato bene. Come persona e' difficile ed è anche molto 'politico'. Ormai è una moda per la Ferrari prendere i nostri ex, stanno rifondando la squadra con i pensionati della Benetton. Noi, invece, ci prendiamo il rischio di affrontare il futuro con uno staff tutto giovane. Vedremo alla fine chi avrà avuto ragione". Dichiarazioni invecchiate male.

Rory, oggi

Dicevamo della sua vita lontana dalle piste. Quasi 30 anni in Sudafrica (ed a sentirlo parlare, sembra che quell'accento sudafricano non voglia saperne di sparire del tutto), più di 20 in Inghilterra, poi lo sbarco a Maranello, per sette anni vissuti appieno. Poi, a fine 2004, un passo indietro: due stagioni da consulente, per lasciare completamente il testimone al suo delfino designato, Aldo Costa, e quindi una vita quasi sempre a metà tra l'Italia e la Thailandia, anche se con predominanza di quest'ultima. Se laggiù può godersi le sue amate immersioni (stava per aprire una scuola, nel 1997, prima della chiamata di Maranello), da noi può divertirsi con le sue Ferrari: due 360 Modena come regalo del presidente Montezemolo (che mantenne la promessa: tu fammi una macchina in grado di vincere un mondiale e io ti regalo una Ferrari), ed una F430 ad arricchire un garage che dalle parti di Phuket resta molto più umile. Con le vetture stradali Byrne ha un rapporto tutto suo: lavora con il suo paese natale, il Sudafrica, con un progetto che si chiama "Discovery Insane", nato per sensibilizzare le persone sul tema della sicurezza stradale. In pratica, è un progetto che premia chi si tiene lontano dagli incidenti stradali, premiando i meritevoli con uno sconto sulla benzina: in pratica c’è una scatola nera installata nell’auto che monitora le abitudini del guidatore, ed il compito di Byrne è proprio quello di sviluppare il più possibile questo algoritmo.

Tra le sue altre passioni ci sono il cricket, l'abitudine del tè delle cinque, il golf: tutta roba che ora lo aiuta a godersi la vita dopo i ritmi frenetici dell'impegno in F1. Ma siccome è un uomo che non si è fatto mancare nulla, Rory è anche uno dei fortunati che può raccontare di aver superato un cancro alla prostata. Di quella battaglia, fortunatamente vinta, ha fatto tesoro: nell'approfondire il male tra terapie tradizionali e alternative, ha scoperto i benefici di una dieta salutare a base per il 50% di frutta e verdura cruda, trovando giovamento anche nel quotidiano. Questo nuovo stile di vita lo ha aiutato contro il cancro ("il mio corpo si è come disintossicato", ha raccontato una volta) e gli ha fatto superare i cronici acciacchi di tutti i giorni, nel suo caso a ginocchio e gomito: ecco perché, dopo oltre venti anni, ha potuto giocare di nuovo al suo amato cricket, dedicarsi al surf e non sentire più alcun dolore nelle passeggiate in spiaggia. A tutto ciò, Rory è giunto con tante ricerche una volta scoperta la malattia: ed insieme alla moglie, queste conoscenze le ha fatto confluire verso un centro di ringiovanimento per aiutare anche le altre persone. A proposito della moglie, Pornthip, pensate a come l'ha conosciuta: nel '96, quando ormai aveva preso corpo l'idea di andare a vivere in Thailandia una volta chiusa l'esperienza con la Benetton, si recò ad Oxford per trovare un insegnante di lingua madre thailandese che gli desse delle lezioni per affrontare quella che, era convinto, sarebbe stata la sua nuova vita. Finì in un ristorante thailandese e qua incontrò lei, studentessa che faceva la cameriera per garantirsi gli studi: oggi, a quasi trent'anni da allora e dopo un matrimonio e due figli, operano nel settore immobiliare, si godono la vita laggiù in Thailandia e ripensano felicemente a quello che la vita ha loro riservato, e magari a quello che ancora riserverà, nonostante gli anni siano ormai 80 ed il suo thailandese, incredibilmente, sia peggiore di allora. 

"Evoluzione, non rivoluzione", era il suo mantra sul tavolo da disegno in Ferrari. Ecco: dopo 80 candeline, Rory non ha bisogno di rivoluzioni. Gli basta continuare a vivere così per sentirsi, probabilmente, molto felice. E' uno che il successo lo valuta in questo modo, in base al raggiungimento o meno degli obiettivi personali che uno si è posto: "Io volevo progettare una F1 che vincesse il titolo e ci sono riuscito. Dopo l'incredibile avventura alla Ferrari, sentivo di aver raggiunto i miei sogni e da allora i miei obiettivi sono cambiati. Ora punto a trascorrere molto più di tempo con amici e familiari e ad avere uno stile di vita sano. Quando gioco a golf, ad esempio, non mi interessa più vincere, si tratta di godersi la partita". Ad 80 anni, può dire di aver capito tutto dalla vita.


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