GP Giappone, Suzuka ad aprile: smacco alla storia?

GP Giappone, Suzuka ad aprile: smacco alla storia?© Getty Images

La pista che insieme a Monza ha assegnato più mondiali di qualunque altra non vedrà più alcun iride assegnato sul suo asfalto: lo "smacco" è anche uno stimolo per indagare sulla distribuzione delle gare in un calendario che ancora non convince del tutto

03.04.2024 ( Aggiornata il 03.04.2024 12:39 )

Scordatevi i mondiali di Alain Prost e Ayrton Senna, scordatevi i mondiali di Mika Hakkinen e Michael Schumacher. Ma scordatevi pure quelli più recenti di Max Verstappen e della Red Bull, perché l'iride assegnato a Suzuka non lo rivedremo più. Così vogliono le logiche moderne, così impongono, o sembrano imporre, i calendari extra large di Liberty Media.

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Monza e Suzuka, piste decisive

Lo avrete notato anche voi, che quest'anno il Gran Premio del Giappone a Suzuka arriva presto. Troppo presto, rispetto a come fossimo abituati. Troppo presto per far sì che lo storico circuito di proprietà della Honda possa seguire una tradizione cominciata alla fine degli anni '80 e proseguita fino alle ultime due stagioni, quella di assegnare titoli iridati. L'altra nazione a potersi vantare di questo primato è l'Italia: per 22 volte ciascuna Italia e Giappone hanno visto assegnare nella loro terra un titolo (Piloti o Costruttori che fosse), e nel conteggio valgono anche le piste di Imola e Fuji. Tuttavia, Monza e Suzuka sono le piste che più di ogni altra hanno assegnato almeno un titolo: è capitato 21 volte a testa.

Ecco, tutto questo non ci sarà più. Era già successo da tempo immemore con l'Italia, che si è comunque tolta la soddisfazione di tornare ad assegnare un titolo nel 2020, quando la Mercedes portò a casa il Costruttori ad Imola, e succederà lo stesso con il Giappone. Questo perché, appunto, è stata anticipata in calendario ed è stata collocata in uno slot in cui le sarà impossibile risultare ancora decisiva in futuro, a meno che non si faccia marcia indietro negli anni a venire.

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Via all'esperimento

Perché quest’anno Suzuka arriva così presto? Perché i calendari in espansione delle ultime due stagioni avevano bisogno di una ristrutturazione, ed a farne le spese è stata Suzuka. Diciamo farne le spese non a caso: il fascino della pista resta immutato, ma in linee generali piazzare la tappa nipponica praticamente in apertura di campionato toglie inevitabilmente un pizzico di attrattiva ad uno dei round più belli, apprezzati e attesi di tutto il calendario.

Liberty Media aveva certamente bisogno di riformulare il calendario dopo le novità degli ultimi anni, ed eventualmente raggruppare il più possibile in blocchi trasferte più o meno vicine. Tuttavia, non è una riformulazione che convince troppo: piazzare una tripla trasferta in Oceania e Asia (Australia, Giappone e Cina) poteva avere senso se almeno due di queste tappe fossero state legate, non se tra ognuna di queste c’è un fine settimana di stacco che rende praticamente inutile, se non per una ridottissima fetta di personale e materiali, aver raggruppato questi tre appuntamenti uno in fila all’altro. Legare Suzuka a Melbourne anticipandola di una settimana oppure posticiparla per piazzarla appena prima di Shanghai sarebbe stato più sensato nell’ottica di ridurre il numero già elevatissimo di viaggi, mentre così facendo lo sforzo è stato, se non inutile, quantomeno poco tangibile. Perché è vero che parte del materiale lo si è potuto spedire da una pista all'altra, ma un'altra buona fetta di materiale è stata necessariamente costretta a tornare in fabbrica, così come il personale. Dunque c'è stato sì del risparmio, ma forse non così tanto come era nelle intenzioni. Questo comunque lo si valuterà meglio dopo il trittico asiatico, quando si avranno più certezze sul fatto se questo "esperimento" di calendario abbia dato i suoi frutti o meno.

E poi c’è un’altra questione: con un calendario del genere Liberty Media ha piazzato buona parte delle corse orientali nella prima fase dell’anno, proprio per liberare slot sul finale e riempirli con le tappe a lei più care, quelle americane. Legare in tre fine settimana consecutivi Austin, Città del Messico e Interlagos, per quanto massacrante, ha un senso; tuttavia, proprio perché già c’è una buona fetta di prove nelle Americhe sul finale di campionato, stona aver voluto togliere il Giappone da una parte finale di mondiale che, Qatar a parte, non avrà più tappe verso Oriente. Manca equilibrio, insomma, in questo calendario che è stato artificiosamente programmato per mettere come ultime prove quelle più care a Liberty Media, per pubblico o per “gettone” di presenza, visto che dopo il trittico già menzionato ci saranno Las Vegas, Qatar e Abu Dhabi.

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Obbligo o forzatura?

Così, nella seconda metà del campionato, l'unica tappa veramente ad est sarà quella di Singapore (22 settembre), che anticipa di quattro settimane il tris di Stati Uniti, Messico e Brasile. Legare il Giappone a Singapore, ad esempio, avrebbe potuto avere un senso, sia per un equilibrio “geografico” del calendario che di sforzi: nella seconda metà dell’anno avremo due “trittici” consecutivi (USA-Messico-Brasile, poi tre settimane di pausa per concludere come già detto con Las Vegas, Qatar e Abu Dhabi), mentre magari anticipare una tra Austin, Città del Messico e San Paolo per legarla a Miami o al Canada (rispettivamente 5 maggio e 9 giugno) avrebbe aiutato a distribuire meglio le gare da un punto di vista geografico e ad “ottimizzare” almeno una delle due dispendiose trasferte di primavera verso le Americhe. Dunque spostare quasi tutte le tappe asiatiche ad inizio mondiale ad oggi sembra più una forzatura, piuttosto che una reale esigenza per la distribuzione stagionale delle gare.

In futuro, si vedrà

Ciò che è certo è che, a meno di un passo indietro, Suzuka seguirà il destino di Monza, quello di non avere più l'onere e l'onore di assegnare un titolo. E' il progresso, certo: i calendari si allungano, le esigenze cambiano e la storia si adatta. Resta un che di dispiacere, comunque, perché Suzuka sul finale dell'anno aveva valenza simbolica e tecnica, risultando come un'ottima pista per la valutazione complessiva della bontà delle vetture alla fine del campionato. Al di là dello smacco "storico", resta il dubbio che questo calendario non sia ancora stato “ottimizzato” a dovere nell’ottica di una F1 che sta sbandierando la sfida alle emissioni ed all'abbattimento dei costi. Nessuno dice che organizzare un calendario così complesso sia facile, e nemmeno si pretende che tutto sia perfetto: l’augurio è che in futuro si possa andare verso un calendario più equilibrato sotto tutti i punti di vista, per distribuire al meglio interessi e sforzi a tutte le latitudini del pianeta.


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