Home

Formula 1

Mondo Racing

Rally

Pista

Foto

Video

Formula E

Autosprint

LIVE

Che fine hanno fatto: Robert Doornbos

Per lui la Formula 1 è stata un'esperienza fugace, con 11 GP appena. Oggi la vive in altro modo, con un microfono in mano per raccontare il Circus dall'altro lato, nelle vesti di commentatore ed opinionista per Ziggo Sport, sulla tv della sua nazione, l'Olanda. Lui è Robert Doornbos.

Sterzi a parte: Mick Schumacher in Haas merita rispetto

In gara con Minardi e Red Bull

In F1 si può dire che non ha lasciato traccia, con meno di una dozzina di GP corsi con la Minardi nel 2005 e con la Red Bull nel 2006, dopo aver fatto svariate volte il pilota del venerdì a partire dal 2004 con la Jordan. Quella di Robert Doornbos è una storia un po' particolare, quella di uno diventato pilota un po' per caso.

Alpine, ufficiale: Abiteboul esce di scena

Il consiglio di Villeneuve

Da ragazzino infatti non è cresciuto tenendo in mano un volante, ma una racchetta. Perché il suo primo amore è stato il tennis, non le corse. La passione per le gare è nata dopo, quando da ospite della Williams nel GP del Belgio 1998 vide da vicino il mondo della F1. Robert, classe 1981, aveva 17 anni e decise di mettersi a correre, con Jacques Villeneuve a suggerirgli di saltare i kart, perché tanto ormai era già troppo "grande" per iniziare a fare esperienza in quella categoria. Lui partì dunque dalla serie invernale della Opel Lotus Cup inglese, chiudendo addirittura secondo in campionato. Passò quindi in Formula Ford, preludio al salto nella Formula 3, inglese e tedesca. Non vinse alcun campionato ma ottenne sempre buoni piazzamenti, e la Red Bull si interessò a lui: con il supporto del marchio austriaco così riuscì a passare in Formula 3000 nel 2004, chiudendo 3° in campionato e risultando il migliore debuttante.

Alfa Romeo, Vasseur, fiducia nella Pu Ferrari: "Loro sono ottimisti"

Debutto ad Hockenheim 2005

Di pari passo con la Formula 3000 arrivarono le prime prove libere in F1, con una Jordan ormai prossima alla vendita. Fu terzo pilota ufficiale ma per il debutto in gara dovette attendere solo Hockenheim, per il GP di Germania del 2005, quando la Minardi fece fuori Patrick Friesacher, non più in grado di garantire gli sponsor promessi. Insieme ad Christan Albers, Doornbos compose una coppia tutta olandese dopo più di 40 anni dall'ultima volta. Con il team faentino disputò 8 gare senza prendere punti. Per il 2006 la Red Bull gli offrì un contratto da terzo pilota, scegliendo di far proseguire la sua crescita facendolo girare al venerdì. L'occasione per tornare in gara si presentò in Cina, al terzultimo appuntamento stagionale. Con i bibitari l'olandese corse al posto di Klien e disputò tre gare: 12° in Cina, 13° in Giappone e di nuovo 12° in Brasile. Con la F1 finisce qui.

McLaren, opzione Formula E per il 2023

Tante esperienze dopo la F1

Doornbos rimase formalmente pilota di riserva, ma con il Circus ormai non aveva più niente a che fare. Per cui scelse di correre in America, nella Champ Car 2007, chiudendo 3° in campionato (miglior debuttante dell'anno). Poi passò in Formula Super League 2008, con i colori del Milan (con la Playteam), prendendo parte anche all'A1 GP per il team Netherlands. Il 2009, oltre che nella seconda parte di stagione con l'A1 GP, lo vide nuovamente impegnato in America, nel campionato diventato IndyCar. Successivamente, tornò per le stagioni 2010 e 2011 nella Formula Super League, correndo prima per i colori del Corinthians (difesi dall'Azerti Motorsport) e poi per quelli del Giappone. Chiuderà al 2° posto, con Robert che a 30 anni scelse di chiuderla con le corse. In tutto fecero "soli" 13 anni di attività agonistica.

Dakar 2021, tappa 8: Al-Attiyah risponde a Peterhansel

Imprenditore e commentatore

Il Robert Doornbos di oggi, prossimo ai 40 anni, è un felice padre di famiglia che negli ultimi anni ha investito, a quanto pare con successo, nel mondo dei sexy toys. Come detto vive ancora la F1 con la tv olandese, con Ziggo Sport, si diverte con le gare virtuali di tanto in tanto ed è un fiero sostenitore, per ragioni patriottiche, di Max Verstappen. In più, è diventato una specie di mental coach con "lezioni" incentrate sulla mentalità vincente, sul lavoro di squadra e la crescita personale. Il suo motto, ben impresso sul suo sito personale, è "Se le cose sembrano sotto controllo, non stai andando abbastanza veloce". Dall'Olanda, è tutto.

Rinnovo Hamilton, Wolff: aperti ad ogni scenario