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Alonso, il no Honda sulla strada verso Indianapolis

© LAT Images

La Dakar ha rappresentato una sfida inedita per Fernando Alonso. Una sfida personale e una scoperta, di certo non l’obiettivo sportivo numero 1 del 2020. Quello era e resta la conquista della 500 Miglia di Indianapolis.

Correre con un team competitivo, di vertice, per evitare il ripetersi della fallimentare avventura 2019 affrontata con McLaren impegnata in prima persona, una necessità.

I rumours che lo davano a un passo dall’accordo con il team di Michael Andretti erano supportati anche dalle parole del diretto interessato, a confermare: a verificare le condizioni e mettere insieme il budget per schierare Alonso il prossimo maggio al volante di una delle Dallara-Honda schierate dal team.

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A cambiare lo scenario è arrivato il “no” della Honda, dritto dal quartier generale di Tokyo, secondo quando riporta Racer.com. Con un motore Honda e la struttura di Andretti, nel 2017, Alonso si era messo in luce a Indianapolis, correndo una gara di testa, prima che l’affidabilità del V6 appiedasse le speranze di Tripla Corona.

Un sedile da motorizzato Chevy

Il tentativo di qualificazione, mancata, nel 2019 ha visto Fernando utilizzare un’unità Chevrolet. E raggiungere un accordo con uno tra i team motorizzati dal marchio della General Motors appare l’unica soluzione per inseguire l’appuntamento clou della stagione.

Alla base dell’opposizione Honda sull'accordo Alonso-Andretti – non solo la gara di Indianapolis ma anche una serie di gare successive della Indycar, su circuiti stradali – vi sarebbe soprattutto il legame con Toyota, recentissimo nell’impegno alla Dakar. Impossibile, poi, cancellare i trascorsi in Formula 1 e le continue critiche mosse alla power unit Honda, che raggiunsero il culmine in quel “GP2 Engine” a bollare le prestazioni del motore, proprio nella gara di casa a Suzuka.

GP2 Engine fu un'uscita infelice

Un commento che, col senno di poi, Fernando ha rielaborato recentemente, in un’intervista a F1 Racing: “E’ stato frutto della frustrazione e forse non avrei dovuto dirlo, ma non l’ho fatto nelle interviste tv o in conferenza stampa. Stavo parlando al mio ingegnere in una conversazione privata, non intendevo renderlo pubblico. Però il motore era davvero pessimo, a Jerez il primo anno coprimmo 7 giri in 4 giorni”.

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