L'editoriale del Direttore: Una Rossa con le spine

L'editoriale del Direttore: Una Rossa con le spine

Si chiude un quadriennio in mezzo a silenzi assordanti. È la fine di un rapporto mai decollato tra il presidente Elkann e il team principal Mattia Binotto

Andrea Cordovani

28.11.2022 09:44

E meno male che erano solo spifferi. A Maranello è arrivata la tempesta. L’inverno è un inferno anche se dopo il fuoco e le fiamme è calato il gelo. È una Ferrari che riparte da zero quella che andrà a ricomporsi nelle prossime settimane. Con un nuovo uomo al comando della Gestione Sportiva. Finisce l’era di Mattia Binotto team principal del Cavallino. Si chiude un quadriennio in mezzo a silenzi assordanti. "Il problema di noi italiani è che non abbiamo pazienza, altrove non hanno vinto per tanto tempo ma senza subire la pressione come qui da noi". Si sfogava così con chi scrive l’ormai ex capo della GES nella primavera di quest’anno quando la Ferrari era un fiore rigoglioso che stava germogliando sopra anni di pietra. Finalmente giorni di rosso acceso dopo classifiche imbarazzanti. Pochi mesi dopo era già tutto finito. L’effetto andava esaurendosi condito da errori con la spia dell’affidabilità sempre accesa, il muretto e le strategie spesso sul banco degli imputati e una seconda parte di stagione chiusa col fiatone a difesa del tesoretto messo da parte prima della pausa estiva. Non c’è stata più la pazienza di aspettare da parte della presidenza.

La partita si chiude prima. E sigilla la fine di una storia. Mattia Binotto non paga solo per gli errori e le mancate vittorie, nei suoi quattro anni passati al comando della Gestione Sportiva della Ferrari. A mettere la parola fine alla sua storia quasi trentennale col Cavallino c’è soprattutto una fiducia che si è sempre più ristretta con il passare delle stagioni. Non è un mistero che ormai da tempo tra le parti c’era scarsa sintonia. L’inizio dei primi sussurri e dei primi scricchiolii ci sono nell’estate del 2021. È da questa data che si percepisce una rottura netta e soprattutto si cominciano a sentire voci di possibili candidati alla successione. L’ingegnere reggiano ha vissuto in bilico da mesi. Un’annata difficile. Sempre nel mirino. Sommerso dalle critiche. Irriso sui social. Ci ha messo sempre la faccia. Ha continuato a farlo fino all’ultimo giorno quando ha capito, con dolore, che Maranello non era più il suo posto. La sua casa. Lascia il Cavallino al secondo posto nel Mondiale dopo una stagione che prima ci ha sedotto e poi abbandonato. Con gli errori e le polemiche che hanno coperto l’eco delle vittorie. Si congeda l’ingegnere reggiano che da mesi era già proiettato al 2023, a una stagione dove provare a colmare un gap che visto adesso sembra gigantesco.

UNA SPIACEVOLE APPENDICE

"Ho parlato con il presidente e il comunicato ha chiarito che non c’è alcun fondamento nella cosa". Diceva così Mattia Binotto due domeniche fa ad Abu Dhabi, dopo una vigilia agitata dalle voci. Adesso, però, anche noi dobbiamo capire. Dobbiamo capire perché c’è stato un finale come questo, quando tutto sembrava deciso, la conferma assicurata per un’altra stagione da team principal. Un’appendice spiacevole all’interno di un rapporto che finisce anzitempo rispetto alla scadenza del contratto. Questa è la storia di un rapporto che non è mai decollato tra il presidente John Elkann e l’ormai ex team principal. Non sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Il periodo di permanenza al vertice della Ges da parte di Binotto ha coinciso con la piena presa di potere da parte di Elkann in sella al Cavallino. Stagioni difficili non solo per la pandemia, macchiate da un 2019 con troppe ombre, un 2020 negli inferi del Mondiale (con uno dei peggiori piazzamenti di sempre) e un 2021 finito al terzo posto nel Costruttori ma senza neanche una vittoria.

UN UOMO SEMPRE PIÙ SOLO AL COMANDO

"Non seguo le speculazioni, sento la fiducia del presidente e dell’amministratore delegato e la squadra è molto unita. Chi è alla Ferrari è abituato alle voci". Peccato che fossero vere. Avrà avuto modo di ripensarci a fondo anche a queste parole Mattia Binotto, quando in conferenza stampa alla vigilia dell’ultimo Gp di Abu Dhabi, difendeva disperatamente il suo fortino, sperando che, alla fine, ci fosse ancora per lui un futuro sostenibile a Maranello. E invece pochi giorni dopo appena tornato alla base e messo le sue cose nell’ufficio della GES, gli spifferi si sono trasformati in uno tsunami, pronto ad infuriare. E ha capito che il vento era cambiato. Definitivamente. Esce di scena Mattia Binotto dopo quattro anni da team principal della Ferrari e quasi trenta trascorsi a Maranello, sempre col Cavallino al petto. Un uomo solo al comando. E progressivamente sempre più solo. Una squadra divisa, sussurri e grida. I lampi rossi della Ferrari all’inizio di questa stagione avevano fatto pensare a qualcosa di magico. Il ritorno alla vittoria e poi la leadership del Mondiale. Roba che non si vedeva da anni. Momenti di gloria del Cavallino, il tutto esaurito a Imola con Charles Leclerc e la sorprendente F175 in vetta alle classifiche iridate. Più o meno l’inizio della fine del grande sogno del popolo rosso, col vantaggio iniziale fagocitato da Max Verstappen e una Red Bull sempre più imprendibile. Affidabilità, errori di strategia, errori dei piloti, poi qualche altro lampo, 12 pole position, e la seconda piazza nel Mondiale Piloti e in quella Costruttori.

UN FUTURO TUTTO DA SCRIVERE

È domenica 27 novembre mentre chiudiamo questo numero di Autosprint. Ancora non è stato ufficializzato il nome di chi prenderà il posto di Mattia Binotto nel ruolo di team principal F.1. Due le ipotesi che circolano. Si parla di un ruolo ad interim per l’amministratore delegato Benedetto Vigna, oppure dell’ufficializzazione dell’arrivo di Frederic Vasseur, il cui nome circola insistentemente da alcune settimane. Sarà un inverno molto caldo a Maranello, un nuovo anno zero per il Cavallino in sella al quale sale ora un nuovo condottiero. Occorrerà del tempo prima di vedere gli effetti che provocherà il terremoto al vertice di questi giorni e quale conseguenza avranno le inevitabili scosse di assestamento.

IL 2023 ANNO STORICO PER MARANELLO

Il 2023 è un anno storico per il Cavallino che torna a essere impegnato ufficialmente oltreché in Formula Uno anche nel Mondiale Endurance. Era dai tempi di Enzo Ferrari che Maranello non aveva un duplice impegno nelle corse di più alto livello dove ha germogliato il Dna della Scuderia. Dopo cinquant’anni è proprio il presidente Elkann a rilanciare una nuova affascinante sfida che riporta alle origini del marchio, al mito Ferrari. Ci ha creduto da subito. L’ha voluto. Si è appassionato. Conosce l’effetto Le Mans. Con orgoglio alcune settimane fa a Imola ha presentato la Ferrari 499P, la prima Hypercar di Maranello, uno straordinario lavoro di squadra che ha coinvolto tutta l’azienda. Quella che produce le famose emozioni Ferrari e plasma l’eccellenza. Chi sale ora al comando del Cavallino in F.1 deve essere consapevole del ruolo che va a ricoprire dentro alla galassia di una Maranello sferzata dal vento del cambiamento.


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