I circuiti che uccidono lo spettacolo

15.11.2010 ( Aggiornata il 15.11.2010 12:01 )

Chiariamo subito un concetto: Fernando Alonso ha perso il campionato del mondo di Formula 1 soprattutto per la folle scelta strategica del suo team. Punto e basta. Ma c’è un argomento che al di là del suicidio del muretto della Ferrari è stato evidente: sul circuito di Abu Dhabi non si può sorpassare, nemmeno quando davanti hai un avversario che, cronometro alla mano, è più lento. Per 40 giri Alonso ha seguito il russo Petrov a distanza ravvicinata, e ha pure compiuto un paio di tentativi di sorpasso, andati a vuoto. Non c’è stato niente da fare.

Abu Dhabi è un autodromo disegnato dal 55enne architetto tedesco Hermann Tilke. Ha cominciato una dozzina di anni fa con la pista di Sepang, in Malesia: ed è francamente stato un buon esordio. Ma poi ha progettato l’autodromo del Bahrain, quello di Shangai, di Istanbul, di Abu Dhabi e quello di Corea, dove un mese fa ha debuttato la Formula 1. E anche quello dove l’anno prossimo si correrà il primo Gran Premio dell’India. Sembrano tutti uguali, i circuiti di Hermann Tilke: certamente faraonici quanto a infrastrutture – vedi Abu Dhabi – poco e addirittura niente tecnici, come appunto Abu Dhabi. Hanno insignificanti curve a raggio costante – a lui piacciano evidentemente quelle a 90 gradi, tipiche delle piste-giocattolo Scaletrix –  e tratti lenti e noiosi che non esprimono niente, nè esaltano le qualità di pilotaggio. E sono caratterizzati da un lungo rettifilo che termina con una curva che dovrebbe, ma non sempre è così, facilitare il sorpasso. Tilke ha messo le mani pure sul leggendario Silverstone; ed è riuscito a rovinarlo.

Non è affatto un caso se il numero uno della McLaren, Martin Whitmarsh, all’indomani del gran premio che ha assegnato la corona iridata abbia chiesto alla proprietà del circuito di Abu Dhabi di modificarlo. Proprio per quanto si era visto durante la corsa. E ha spiegato che, per esempio, a suo avviso alla fine del rettifilo andrebbe messa una vera curva, con un angolo adeguato, e non una chicane; che rende impossibile il sorpasso.

È stato anche coniato un termine “tilkedromi” che indica appunto autodromi molto simili tra loro. Gli va riconosciuto il merito di considerare parecchio l’aspetto della sicurezza. Con qualche distrazione. In Corea, per esempio, il punto in cui Mark Webber è uscito di pista urtando contro il muretto di protezione: non c’era alcuna via di fuga. Se ci fosse stata, l’australiano della Red Bull non sarebbe rimbalzato in pista e il sopraggiungente Nico Rosberg non avrebbe distrutto la monoposto.

Con i suoi progetti che tanto piacciono alla Federazione Internazionale dell’Automobile, e a Bernie Ecclestone, Hermann Tilke è diventato un uomo molto ricco. Abu Dhabi è il capolavoro di questo architetto tedesco. In pieno deserto è riuscito a progettare un autodromo che pare un circuito cittadino, un toboga di curvette e controcurvette in cui sorpassare è praticamente impossibile. E che dire poi del tratto che collega la corsia dei box con la pista: demenziale. Abu Dhabi appare come un grande kartodromo. Qualcuno l’ha pure definito un parcheggio di lusso.
I circuiti che fanno la differenza tra gli uomini e i ragazzi – parole di Jackie Stewart pronunciante 40 anni fa ma sempre attuali – sono quelli con i curvoni veloci, che si fanno in appoggio e dove il pilota combatte contro le leggi della fisica, con staccate mozzafiato e curve naturali, disegnate cioè dall’andamento del terreno. Come, tanto per dire, la sequenza Piratella-Acque Minerali-Rivazza di Imola. Basta guardare – e per chi è più fortunato magari compiere un paio di giri – a circuiti come Spa-Francorchamps in Belgio, Lagusa Seca in California, Portimao in Portogallo – oggi forse il più bello e tecnico tra i nuovi autodromo Europei – il Mugello e perfino lo stradale di Monza e i “tilkedromi” per comprendere come si uccide lo spettacolo e si mortificano i campioni.

Fernando Alonso avrebbe probabilmente perso il titolo di campione del mondo anche su un altro circuito. Ma ad Abu Dhabi la monotonia di Hermann Tilke gli ha certamente impedito giocare fino in fondo le sue chances.

Sull’argomento circuiti, voi che cosa ne pensate?



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