Ci hanno fatto persino un film, sulla F1 odierna con i suoi elevatissimi
standard di sicurezza attuali rispetto a quelli di un paio di decenni fa, proprio nell'anno del ventennale della scomparsa di
Ayrton Senna. Invece a
Suzuka si è tornati a dover prendere atto che la sicurezza assoluta non esiste, nemmeno quando fai le scale, figurarsi quando sei lanciato a oltre 200 orari fra i rivoli d'acqua della pista giapponese.
E proprio su uno di questi rivoli che già aveva tradito
Adrian Sutil, anche
Jules Bianchi perde il controllo un giro dopo, andandosi a schiantare contro il mezzo che stava recuperando proprio la Sauber. Un
impatto a quasi 130 orari, ma soprattutto col casco che urta direttamente contro il metallo della gru, che si alza nella botta (certo, anche per il contrappeso della monoposto di Sutil, ma è sempre una bella massa).
Jules è immobile da quel giorno (
qui le ultime notizie sulle sue condizioni) al contrario delle polemiche che hanno fatto seguito al suo incidente. Tanti i più o meno leciti
interrogativi: perché è uscito in quel punto? perché c'era quel mezzo di recupero? perché c'era una bandiera verde? perché non ha rallentato abbastanza? perché la gara non è stata neutralizzata? Tante questioni analizzate anche dalla
commissione incaricata di indagare sulle cause dell'incidente e sui modi di evitare che si ripeta.
Con un rapporto finale, di questa commissione, che ha lasciato l'amaro in bocca a tanti appassionati: forse anche perché non ha indicato un preciso colpevole, ma la
concausa di tanti fattori verificatisi contemporaneamente. Aggiungendo oltretutto un elemento che non era emerso immediatamente: il
mancato funzionamento del "failsafe", il sistema elettronico di emergenza incaricato di chiudere la farfalla del gas quando il pilota schiaccia entrambi i pedali di acceleratore e freno. Insomma, una questione ancora non chiusa definitivamente. Soprattutto per il pilota francese.
Maurizio Voltini