Quarantacinque secondi su Vettel, un minuto su Raikkonen. Un vantaggio che parrebbe tale da poter dormire tranquilli ancora molto molto a lungo, eppure
Toto Wolff vuole mantenere alta l’attenzione ed evitare un “rilassamento da dominio”.
«Siamo sempre scettici sui distacchi. Possono ritorcersi contro rapidamente se non ti fai trovare sempre pronto, ed è quel che abbiamo fatto nelle ultime settimane: non ci siamo guardati a destra o sinistra, ci siamo concentrati sul nostro lavoro e portato aggiornamenti alla macchina».
Come dire: avanti per la nostra strada e non ci curiamo troppo degli altri. Dopo il Gran Premio di Cina, quella
in Spagna è stata probabilmente la seconda, grande, accelerazione impressa dai campioni del mondo, buona per cancellare speranze di un’immediata lotta al vertice. A Montecarlo potrà accadere di tutto e il vantaggio netto misurato a Barcellona non è detto che si manifesterà allo stesso modo. Al Montmelo
hanno vinto il telaio, l’aerodinamica e la gestione delle gomme; sin dal venerdì, quando tutti erano in grandissime difficoltà d’aderenza,
Rosberg e
Hamilton sono riusciti a mascherarli al meglio, con un
ritmo gara che si era intuito sarebbe stato irraggiungibile per chiunque.
«Abbiamo imparato molto dalla Malesia e lavorato parecchio per provare a capire. Ci sono così tanti fattori che contribuiscono alla prestazione delle gomme, così tante variabili, parametri su temperature e pressioni, valori di carico… tutto ti dà il risultato complessivo, per cui abbiamo trascorso molto tempo a valutare e analizzare dove quest’anno la macchina con queste gomme si comporta meglio».
Guardando qualifiche e gara, i parziali nei quali
Rosberg è riuscito a fare la differenza sulle
Ferrari anzitutto sono stati il T3 e in misura minore nel tratto centrale.
«Avevamo una macchina davvero forte nel settore finale, per il grip meccanico a bassa velocità e facendo lavorare le gomme nella giusta finestra. Non c’è nessun “proiettile d’argento”, non c’è un elemento chiave della monoposto che la rende più competitiva degli avversari: sono tante cose messe insieme e lo vedevi dai team che erano grossomodo alla pari nei primi due settori».
Fabiano Polimeni