F1, Tilke: pochi sorpassi? Non è colpa delle piste

F1, Tilke: pochi sorpassi? Non è colpa delle piste
L’architetto respinge le accuse di quanti vedono nel disegno dei nuovi tracciati la causa dei pochi sorpassi

16.07.2015 ( Aggiornata il 16.07.2015 18:19 )

La sua “matita” disegna da oltre 15 anni ormai i circuiti di Formula 1. Le opere di Hermann Tilke a volte hanno fatto centro, altre si sono allontanate dal bersaglio, ma quando gli rinfacciano che il problema alla mancanza di sorpassi sia legato alla configurazione delle piste, l’architetto tedesco non ci sta e parte all’attacco. «Dobbiamo fare la nostra parte e i regolamenti la loro, per rendere possibili i sorpassi. Proviamo a disegnare curve nelle quali tentare il sorpasso: il modo più semplice è un lungo rettilineo seguito da una curva decisa, che offra un lungo spazio di frenata. Comunque, se i regolamenti impediscono alle monoposto di correre l’una vicina all’altra, semplicemente non possono superarsi». Parole che hanno una verità innegabile. Poi spiega: «Anche la prima curva è molto importante, cerchiamo di evitare si sgrani troppo il gruppo, vogliamo tenerlo unito. Alcune critiche semplicemente non sono vere. Prendiamo il Bahrain, per esempio. La gente dice, “Oh, sarà noioso perché non si può superare”. Non è vero, l’anno scorso abbiamo avuto una delle gare più emozionanti della storia, c’erano sorpassi ovunque». Il prossimo palcoscenico pronto al debutto sarà il Gran Premio del Messico, sul circuito intitolato ai fratelli Rodriguez, che ha subito modifiche sostanziali al layout, nel 2016 invece toccherà a Baku, pista realizzata ex novo. Due situazioni differenti, con approcci altrettanto diversi: «Quando dobbiamo ridisegnare una pista già esistente, gran parte di esse ha una storia e proviamo a non modificarne troppo il carattere: a volte è possibile, altre no. Ma cerchiamo sempre di preservarli. Se si tratta di un nuovo circuito, cerchiamo si mettere in mostra la regione e il Paese, essere certi che si integri nel paesaggio: è molto importante». La ferrea integrazione in aree immodificabili porta, purtroppo, a compromessi che mortificano di fatto le chance si sorpasso. Il caso Sochi, quello Valencia, sono forse i migliori esempi di piste costruite su spazi forzati. A Sports Business Daily Tilke racconta anche quali sono state le sfide da superare a Città del Messico: «In Messico la difficoltà è sui vincoli molto stretti, abbiamo dovuto spostare all’interno alcune parti di pista per avere più vie di fuga all’esterno e rientrare nelle norme della Fia. Un’altra sfida è stata quella di includere uno stadio da baseball preesistente nel layout, il desiderio del committente era di far passare la pista all’interno dello stadio, con 40 mila posti a sedere. Il lavoro verrà ultimato nei giorni a ridosso del gran premio. E’ sempre così, specialmente per la gara inaugurale». Nuovi lidi, altri ripescati e aggiornati, ma c’è una fetta di storia che l’architetto vorrebbe come punto cardine intorno al quale progettare il calendario del mondiale: «Da tifoso, vorrei che gare tradizionali come Spa, Monza, Hockenheim, Nurburgring o Silverstone, facessero parte della Formula 1 per i prossimi 50 anni e oltre. La tradizione europea dovrebbe far parte del mondiale». Fabiano Polimeni

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